Appuntamento litoraneo dell’ Eddie Lang Jazz Festival. Data di Campomarino, sul materiale pubblicitario campeggia il nome de “The James Taylor Quartet”. Un nome che alla maggioranza evoca quello del noto cantautore americano, autore di brani che sono delle colonne della musica senza età. Invece, in questo caso, si tratta di un altro James, un hammondista che grazie all’arrangiamento di alcune colonne sonore di film e la composizione di altri brani, divenuti soundtrack a loro volta, da circa trent’anni gira il mondo in lungo ed in largo con la sua musica incredibilmente travolgente. Si fanno attendere un po’ Taylor ed i suoi musicisti, ma non appena saliti on the stage, i 4 fanno partire i loro novanta minuti di musica sopraffina, senza un minimo tempo morto, se non per far partecipare il pubblico con cori o balli. E si, anche balli, in quanto l’artista inglese, già dopo quindici minuti, ha cominciato ad incitare il pubblico ad alzarsi dalle sedie posizionate (inutilmente) dinanzi al palco per divertirsi al travolgente ritmo della musica funky più trepidante. Venendo alla parte musicale ben poco da dire. Nel senso che dopo un concerto di questo tipo l’unica cosa da dire è “peccato per chi non c’era..”. Ironie a parte, bisogna fare una premessa: con una ritmica come quella formata da Andrew McKinney al basso e Patrick Illingworth alla batteria ci si sente così tranquilli da poter fare qualunque cosa passi per la testa. Senza dimenticare il sostegno rimico e all’occorrenza melodico di Andrew Cox alla chitarra. Quest’ultimo, come da tradizione per il genere, non ha utilizzato nessun apparato di supporto, nessun effetto, nessuna pedaliera. Un cavo attaccato direttamente all’amplificatore Fender che ha graffiato con quel suono inconfondibile per tutto il concerto. In poche parole, un trio di supporto che ha tenuto in piedi ritmi rapidissimi, con dinamiche precisissime e degli stacchi millesimali che lasciavano il pubblico stupito ogni volta. E poi lui, Taylor ed il suo hammond leslie. Quel modo di suonare aggressivo, così come dettano le regole di quello strumento, in alcuni generi di musica. “Non lo sta suonando, affermava un signore attento tra il pubblico, lo sta rompendo”..e forse in questa breve frase la sintesi perfetta della tecnica di Taylor. Aggressivo, esasperante, a volte anche in piedi, come a voler tirar fuori dal diffusore rotante ancora più energia, il tutto sotto la lente acuta e attenta di un fonico d’altri tempi che, posizionatosi dietro il mixer, saltellava mentre regolava i suoni della band. Tanti i brani eseguiti durante la serata, tra i quali sono spiccati anche quelli che hanno resa famosa la band, ossia la cover del brano di Herbie Hancock, Blow-Up e quella del telefilm Starsky & Hutch. Comunque, in poche parole, evitando superflue considerazioni, è stato un grande spettacolo. Chi conosceva il gruppo o si era minimamente documentato, ben sapeva cosa avrebbe ascoltato, ma la cosa interessante è stata osservare la reazione del pubblico presente “casualmente” che dopo i primi incitamenti di Taylor a muoversi un po’ dalla sedie, (che continuiamo a ribadire, inutilmente posizionate davanti il palco) ha salutato la fine dell’esibizione tutto in piedi, sotto il palco a ballare. Non una scena che si vede spesso, soprattutto ad un evento che viene ancora troppo ignorantemente etichettato come snob dalla massa, ma che frequentemente è smentito da episodi come quello di ieri. In conclusione, l’Eddie Lang segna un altro punto a suo favore sul tabellone degli eventi riusciti e prosegue il suo cammino in attesa della serata del 22 agosto a Boiano dove ad esibirsi sarà una gran vocalist, Hannah Williams. Su alcune lacune organizzative, non certamente imputabili dall’organizzazione della kermesse, invece, faremo il punto in altro momento. M.A.