Nella giornata di ieri, mercoledì 23 settembre 2015, l’ex pm di Mani pulite, Antonio Di Pietro, ha ‘firmato’ gli otto referendum abrogativi di altrettante leggi, proposti dall’onorevole Giuseppe Civati. Una decisione convinta che ha visto anche il portavoce dell’Associazione politico-culturale ‘Il Molise di tutti’ Cristiano Di Pietro e l’assessore comunale di Montenero di Bisaccia, Simona Contucci, ‘sottoscrivere’ il pensiero dell’ex senatore. Antonio Di Pietro ha spiegato le ragioni che lo hanno spinto a sposare la causa referendaria nella forma e nel merito, non prima di aver precisato: “Non mi sono innamorato improvvisamente di Civati, tranquilli. Né sto proponendomi in alcun modo di far parte del suo nuovo movimento politico ‘Possibile’ da lui fondato dopo aver lasciato il partito democratico.
“Abbiamo sottoscritto i referendum – hanno spiegato i tre firmatari – per due ragioni specifiche sostanziali. La prima perché riteniamo che l’istituto del Referendum sia la massima espressione di una democrazia vera ed evoluta, quindi abbiamo firmato per contribuire al raggiungimento dei numeri necessari e sufficienti per poter indire il referendum. In secondo luogo, nell’urna ci riserveremo di esprimere il nostro personale “Sì” o “No” all’abrogazione delle leggi poste al giudizio degli elettori. Almeno in questo modo sarà la maggioranza dei cittadini italiani a stabilire se una legge sia per loro accettabile o meno e non le segrete stanze delle segreterie di partito che sfornano spesso leggi che fanno solo danno al paese e creano tante ingiustizie. Sugli otto referendum, che riguardano quattro temi diversi (lavoro, ambiente, scuola e democrazia), l’ex pm e i due esponenti del ‘Molise di tutti’ entrano anche nel merito, argomentando le ragioni per le quali voteranno ‘Sì’ cioè in favore dell’abrogazione delle leggi cui i quesiti si riferiscono.
Due referendum riguardano la nuova legge elettorale approvata lo scorso 4 maggio dal Parlamento a guida “renzusconiana”, il cosiddetto Italicum. Con il primo quesito si vuole eleminare la norma che prevede la possibilità di presentare liste elettorali con i capilista bloccati (ovvero non scelti tramite la preferenza ma che vengono eletti automaticamente con il voto alla lista se questa supera lo sbarramento), con l’altro si chiede di abrogare tutto il testo della nuova legge elettorale e tornare quindi al sistema proporzionale puro, individuato dalla Corte Costituzionale che ha ritoccato la precedente legge elettorale (il cosiddetto “Porcellum”).
Tre referendum riguardano l’ambiente: con i primi due si chiede di abrogare le nuove regole sulle trivellazioni in mare per l’esplorazione e lo sfruttamento di eventuali giacimenti petroliferi in mare (approvate prima dal Governo Monti e poi ribadite dal Governo Renzi, da qui la necessità di due distinti quesiti referendari), che hanno reso possibile la trivellazione a meno di 12 miglia dalla costa marina, aumentando anche il numero di durata delle concessioni; con il terzo quesito si chiede di abrogare le norme approvate nel 2001 dal Governo Berlusconi, che hanno abbreviato le procedure per l’individuazione dei vincitori delle gare per la costruzione delle grandi opere, con le note conseguenze tangentizie scoperte dalla magistratura in questi anni;
Due referendum riguardano la recente riforma del lavoro, meglio nota come “Jobs Act” (sempre promossa dal Governo Renzi). Con essi si vuole eliminare quella parte della legge che prevede la possibilità del “demansionamento” del lavoratore in azienda (e cioè la possibilità di assegnargli mansioni inferiori rispetto alla qualifica per cui è stato assunto) e la possibilità di poterlo sempre licenziare; L’ottavo referendum riguarda la recente riforma della scuola (pure essa, guarda caso, di matrice renziana). Con tale referendum si vuole abrogare due aspetti della nuova legge e cioè la possibilità per i presidi di nominare direttamente gli insegnanti (quindi senza seguire una graduatoria, ma scegliendo autonomamente tra i vincitori di un concorso e gli ammessi in graduatoria) e la possibilità di offrire incarichi triennali agli insegnanti.
“Si tratta, insomma – hanno concluso – di otto referendum che vale la pena di sostenere per una sana democrazia e una buona economia”.