Un molisano in Corea, è proprio il caso di dire. Anzi, un termolese in Corea: dal 18 al 22 novembre infatti Antonio Terzano, chef dell’Osteria Dentro le Mura di Termoli è stato ospite – unico chef d’Italia – dello Slow Food Asia Pacific Festival, il più grande evento di Slow Food in Asia. Al Korean International Exhibition Centre (KINTEX) si sono riuniti circa 300 fra espositori, cuochi e attivisti del cibo della rete Slow Food provenienti da oltre 40 paesi visitatori per promuovere il cibo di qualità, la sostenibilità della produzione e l’agricoltura su piccola scala. L’avventura di Terzano inizia nel 1999 quando apre la sua piccola osteria. “Dentro le mura” perché dentro il centro storico, in un vicolo stretto tra le mura medievali di Termoli. Qui, insieme alla moglie Lina, crea il suo ristorante, definisce il suo stile, si forma un’identità culinaria ben precisa. Nel 2014 si trasferisce in un piccolo locale affacciato sui trabocchi, sempre dentro le mura ma con vista mare. La filosofia di base è pesce fresco di giornata, acquistato dalla marineria locale, cucinato in maniera semplice e manipolato il meno possibile.
Cucina tradizionale reinterpretata in chiave moderna: studio e approfondimento sulle tecniche, gli abbinamenti, attenta selezione delle materie prime, cura nell’accoglienza in sala, prezzi contenuti per consentire a tutti di accedere al suo ristorante. Nel 2007 Slow Food lo nota: l’Osteria Dentro le Mura viene segnalata nella guida Osterie d’Italia, e nel 2010 partecipa al suo primo Salone del Gusto come ospite con due piatti di pesce (Seppia ripiena al forno con patate e Vongole alla termolese, entrambi realizzati con presidi Slow Food). Dal 2008 l’Osteria diventa un punto di riferimento Slow Food sul territorio: l’obiettivo è promuovere i prodotti di qualità, il cibo sano, l’attenzione a ciò che si mangia. Da allora si susseguono una serie di attività svolte con l’associazione di Carlo Petrini e non solo, che hanno portato pian piano l’Osteria Dentro le Mura all’attenzione degli esperti del settore. Numerosi i passaggi in tv (uno speciale su Casa Alice nel 2009, la partecipazione a La prova del cuoco nel dicembre 2010, Eat parade su Rai 2 nel 2013 e 2014, la partecipazione a Mezzogiorno in famiglia nel 2014, la puntata di Linea Blu del 18 gennaio 2014 con due ricette sulla valorizzazione del pesce povero), ma soprattutto la partecipazione attiva ad alcuni dei più importanti eventi dedicati alla cucina d’autore e di pesce come il Salone del Gusto, Slow Fish e Calalenta (tutti in collaborazione con Slow Food), e Festa a Vico in Campania, ai quali partecipa come relatore, propone laboratori specifici come quello, affollatissimo, sul brodetto nell’ultima edizione di Slow Fish a Genova, oppure partecipa come opinionista esperto della materia come nel caso della presentazione dell’ultimo libro di Silvio Greco dedicato al pesce, illustrato da Sergio Staino, in cui è anche protagonista di una sezione del libro. Da Genova lo scorso maggio apre da solo una puntata di Linea Blu interamente dedicata al brodetto di pesce. Nel 2012 l’Osteria ottiene la prima chiocciola Slow Food, simbolo di buona cucina, servizio di livello e prezzi contenuti, da allora puntualmente riconfermata.
Perché tanta attenzione al suo lavoro? “L’interessamento mediatico verso i cuochi secondo me è strettamente legato alla capacità che ciascuno di noi ha di concettualizzare la propria cucina, di estrarne un metodo, una filosofia. Io sono molto curioso: per me quello che fa di un cuoco un buon cuoco è una conoscenza globale delle materie prime, fatta di sapori, materia, storia, caratteristiche organolettiche, composizione chimica degli alimenti, tradizione culturale. Il cibo, quando lo mangiamo, evoca tutto questo. Il cuoco lo sa, e il suo compito è miscelare questi “ingredienti” in maniera consapevole. In più, come cuoco lego ogni cibo alla mia microstoria personale, al mio microcosmo interiore che cerco di trasmettere ai clienti del ristorante. Per anni si è parlato soltanto dei piatti in uscita sul pass della cucina: io invece voglio parlare delle materie prime, e di tutto quel che si portano dietro nel piatto. Quando dico che faccio “cucina di territorio” intendo questo. La tecnica di cucina per me è strettamente funzionale ad assecondare delle caratteristiche naturali già presenti nell’alimento e nella sua storia. La biodiversità è un bagaglio straordinario che fa parte di noi, e il cuoco deve saperlo evocare attraverso i piatti che prepara. Probabilmente è grazie a questi mie valori che Slow Food si è interessata a me.”
Il 2015 si apre con la docenza alle Tavole accademiche dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, fondata a Bra (CN) da Carlo Petrini. Il format prevede la partecipazione per una settimana alle attività di cucina della mensa dell’università, preparazione che si svolge come una docenza agli studenti provenienti da tutto il mondo. Dalla collaborazione con Pollenzo nasce la prassi di accogliere gli stagisti provenienti dal’università: uno ogni tre mesi, tutti lasciano un’impronta alla cucina dell’Osteria, che si arricchisce progressivamente. Terzano spiega che “l’idea che sta alla base dell’Università di Pollenzo è geniale: gli studenti apprendono tutti i fondamenti della cucina tradizionale italiana, ma oltre alle ricette studiano approfonditamente la chimica degli alimenti. Questo li trasporta in un solo colpo dalla tradizione al futuro: la conoscenza tecnica e la conoscenza culturale insieme sono due armi potentissime. I ragazzi che ogni 3 mesi arrivano nel mio ristorante portano con sé questo tipo di preparazione”.
A ottobre 2014 viene selezionato da Oscar Farinetti per rappresentare la cucina territoriale nel padiglione Eataly ad Expo 2015: per tutto il mese di settembre offre i suoi piatti ai visitatori della sezione Cucina regionale Abruzzo e Molise (i ristoranti selezionati nelle due regioni sono solo sei). Finché a luglio 2015 riceve l’invito di Slow Food a partecipare al Salone del Gusto in Asia, come unico chef italiano, per gestire la cucina dello spazio Slow Food Italia e organizzare i laboratori di degustazioni.
Due esperienze importanti. “Da Eataly ho imparato a gestire i grandi numeri con una logica aziendale che non avevo, dal momento che la mia osteria ha pochissimi coperti. 700 coperti al giorno di media, persone con gusti assolutamente eterogenei, necessità di azzeccare il menu a primo colpo, non c’è stato tempo per i test. E poi la gestione della brigata di cucina, tantissime ore di lavoro. L’Asia invece mi ha aperto la mente, cambiando la mia percezione di alcune cose e invece confermandone altre. Il gusto degli asiatici è completamente diverso dal nostro: sono abituati a cibi acidi, piccanti e fortemente speziati, non percependo affatto la sapidità. Per loro il mio cibo era salato! In quanto al pesce invece hanno tecniche di pesca e di commercializzazione del pesce totalmente diverse dalle nostre: non usano i frigoriferi a bordo dei pescherecci, vendono solo pesce vivo. E’ stata un’esperienza importante che devo ancora lasciar decantare dentro di me. Chissà che non porti qualche novità!”
Dunque, quali i progetti per il futuro? “La mia ristorazione è in continua evoluzione, per me non esiste “il ristorante” in assoluto. Questa evoluzione però non è sviluppata a tavolino, ma viene dall’esperienza. Sicuramente ho in programma di organizzare una serie di eventi in Osteria: l’anno scorso abbiamo avuto un approccio intellettuale con il format “Lo chef e lo scrittore” (cene a tema in cui il menu veniva elaborato in sintonia con i libri degli scrittori ospiti, tra cui Carlo Lucarelli, Marcello Fois, Stefano Piedimonte), quest’anno invece vorremmo proporre serate più ludiche, come l’abbinamento del pesce con le birre artigianali attraverso il panino, un modo insolito di cucinare il pesce. Ma anche eventi a tema per la degustazione di vini e percorsi di conoscenza del pesce: a Reggio Emilia ad esempio, in collaborazione con Fish Box, abbiamo organizzato delle serate didattiche sulla conservazione, la pulizia e infine le tecniche di cucina per il pesce. Vogliamo che l’osteria diventi un punto di riferimento in cui le persone vengano non solo a mangiare, ma anche a vivere esperienze culturali legate al cibo.”