E’ iniziato il 16 agosto il fermo tecnico dell’attività di pesca per i sistemi di pesca a traino da Pesaro a Brindisi che riprenderà il 26 settembre 2016. I commercianti e ristoratori potranno comunque continuare ad acquistare pesce fresco reperendo il prodotto verso altre attività di pesca o in altri comprensori dove la pesca è ancora aperta.
Lo scorso 27 giugno l’O.P. San Basso aveva già espresso le sue perplessità per un arresto temporaneo dell’attività di pesca per la prima volta messo in discussione e “a gara” attraverso un sistema di manifestazioni d’interesse e punteggi, il cui pagamento avverrà non prima di un anno.
Oggi è un ulteriore spunto di riflessione che si intende sottoporre all’attenzione dell’opinione pubblica generale, ovvero che il fermo inizia in un contesto in cui il nostro mare è privo di pesce!
Il nostro grido di allarme di fine giugno trova oggi riscontro nei dati di cattura sbarcati dai motopescherecci della marineria non solo molisana, ma di tutto il medio adriatico.
La scelta “scellerata” di proseguire l’attività di pesca fino a ferragosto, senza la chiusura più volte richiesta della fascia costiera da 3 a 6 miglia, ha portato alla registrazione di dati allo sbarco penosi. Basti pensare che in media un motopeschereccio di medie dimensioni (tra i 15 e i 20 metri) l’ultimo giorno di pesca prima del fermo ha sbarcato circa 4 casse di merluzzo e 4 di scampi, registrando la quasi assenza di seppie, calamari, pescatrici, sogliole, oltre ad altri bassi quantitativi di specie ittiche non particolarmente rilevanti dal punto di vista economico.
Dobbiamo essere tutti consapevoli che siamo dinanzi ad un’attiva di pesca NON sostenibile che non tiene conto dei cicli riproduttivi della maggior parte delle specie ittiche, che pregiudica pesantemente la capacità delle imprese di fare reddito.
Risulta inoltre difficile agli addetti ai lavori rispondere alla domanda che viene fatta dalla maggior parte dei consumatori finali: “perché il fermo si fa adesso se non si riproduce il pesce?”
A tale semplicissima domanda non è altrettanto facile trovare risposta. O meglio sarebbe dire che la risposta andrebbe ricercata presso agli illustri ricercatori che da anni sono portatori di male consiglio ai poteri decisionali del Ministero, sempre gli stessi!
Gli stessi che nell’elaborare in passato i piani di gestione nazionale (finalmente scaduti) hanno affermato che la profondità del Mar Adriatico è al di sotto dei 200 metri (fatta eccezione per alcune aree) quando invece basterebbe prendere una semplice carta nautica per verificare che nella parte bassa della GSA17 e GSA18 (Abruzzo, Molise e Puglia) tali profondità vengono superate abbondantemente.
Ciò fa intuire come la soluzione a tale problema sia quello di lavorare seriamente, con i diversi istituti di ricerca riconosciuti presenti sui territori di riferimento, per la predisposizione di piani di gestioni locali per TUTTI i sistemi di pesca. Occorre una politica che unisca i pescatori e non che li divida, provocandoli a litigare tra di loro per lo stesso spazio di mare dove esercitano la loro professione (vedi nuovo decreto in via di studio della pesca artigianale).
A scanso di equivoci i pescatori tutti sono d’accordo a venire incontro alle richieste del mercato, favorendo maggior offerta di prodotto ittico alla maggior richiesta estiva, ma occorre adottare un fermo tecnico che torni ad essere biologico, ovvero che tenga conto dei cicli riproduttivi delle specie ittiche locali che necessitano dell’arresto temporaneo dell’attività di pesca nei mesi primaverili e non dei bisogni economici di qualche amico.
Si ad un’attività di pesca a luglio ed agosto ma solo con l’individuazione e chiusura delle aree di nursery in concertazione con i pescatori locali che vivono il mare tutto l’anno.
In conclusione Basso Cannarsa, coordinatore regionale di Federpesca, invita il Ministero a scegliere professionisti e ricercatori che abbiano l’umiltà di ascoltare le “denunce” di tutti quei veri pescatori che quotidianamente tastano di persona la cruda realtà di un’attività di pesca che sta scivolando inevitabilmente verso il baratro. Occorre seguire le indicazioni della Comunità Europea che invita ad una regionalizzazione delle politiche di pesca anche attraverso l’applicazione di Piani Locali di Gestione che tengano conto delle peculiarità morfologiche dei diversi territori. Solo così sarà possibile, ad esempio, individuare correttamente delle zone di nursery efficaci o decidere il plafond e le modalità delle giornate di pesca annuali che un motopeschereccio può svolgere in modo da garantire sia il suo reddito che la conservazione degli stock ittici e la tutela dell’ambiente marino. Solo così si può passare, senza ipocrisie, dai proclami di circostanza ai fatti quando si parla di pesca ecosostenibile e tutela dell’ambiente.
Basso Cannarsa Presidente “O.P. San Basso”
Coordinatore FEDERPESCA MOLISE