In ricordo del mio medico Sandro

Una simpaticissima collega, napoletana doc, mi invita a guardare il mare dalla sua veranda. Uno spettacolo sempre affascinante, mentre ruspe e persone al lavoro sulla battigia cercano di rendere ospitale questo nostro mare, troppo spesso martoriato dall’incuria e dalla disattenzione di tutti noi.  Esco e sulla rampa dei garages incontro nonna Rita (strana coincidenza) che mi dice “buona Salute” ed aggiunge “è l’augurio sempre più bello che ci possiamo fare. Da un momento all’altro rischiamo di andarcene .. lo sai che è morto per una malattia rara Sandro?” “Sandro?” “Si, Sandro Tribò” “..ma dai..” come sempre, notizie così lasciano interdetti. Non ci crediamo ed anch’io non sfuggo al “non è possibile!..”. Mi si stringe la gola e faccio un giro per Termoli alla ricerca di una conferma che non voglio vedere e non voglio credere.

Medico dai toni bruschi e scontrosi, ma con un grande cuore e un’attenzione rara per le persone. Le volte che andavo da lui, diventavano occasioni per scambiarci riflessioni sulla professione, sul ruolo del medico di famiglia e sulle contraddizioni che ci attorniano. Lui orso, io errante; l’orso mi suggeriva percorsi lontano dai lupi umani e ci è sempre riuscito. L’ultima volta mi ha diagnosticato una malattia che mi ha allontanato dal ripetere conflitti inutili, inutili alla vita. Ancora oggi il mio medico è Sandro Tribò. Nonostante il suggerimento a nominare un nuovo medico, non l’ho fatto.
Ho fermate le mie meditazioni su chi ci abbandona per altri lidi e mi sono immerso nei campi ad ascoltare odori e suoni della campagna: Il canto del gallo; il cinquettio di quel meraviglioso pettirosso che sempre mi fa l’occhiolino; le rane; la lucetta delle lucciole disotterate; il co-codè della gallina; quel sgraziato verso di una coppia di falconi;  i ripetuti suoni degli invadenti passeri… e quelli degli uomini e donne che trafficano sui percorsi della mia vita, come in quella di tutti noi. Ascolto sempre meno i suoni che spesso hanno lividi di rancore, preoccupazioni, disattenzioni, ragioni senza cuore, speranze deluse, verità assolute prive di confronto, permalosità rituali, rivendicazioni con poco senso… rimanendo sempre indifferenti ed omissivi alle ragioni altrui, del mondo e del loro cuore.
La morte è un crocevia di percorsi. S’intrecciano racconti, esperienze, memorie, emozioni, disavventure. Sembra strano, ma la morte rende significativa gli attimi di vita che l’hanno preceduta, quegli altri che la seguono e che vanno oltre. “Caro mio medico orso”, non verrò al tuo funerale, benchè invitato e sollecitato da amici comuni. Rimango vagabondo ed errante su questa terra di misteri, sotterfugi e furbizie, ma anche di bellezze ed emozioni inesplorate. Nello zaino dei miei ricordi, voglio ricordarti come quel giorno che precedette la tua malattia e che mi permise di lasciare la mia professione con il certificato firmato <Sandro Tribò>. Che meraviglia, tu orso mi hai permesso di abbandonare conflitti inutili: io concludendo la mia professione e tu … avviandoti in quel percorso di malattia che ti ha portato in quell’oltre sconfinato che ci sottrae la tua presenza.  Con discrezione ed affetto abbraccio te ed i tuoi cari. Grazie di essere stato tra noi. “Grazie Sandro di essere stato il mio medico”.

Z’ Vassilucc’e

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