Seconda lezione presso il Centro sociale “Il Melograno” a Larino per la Scuola della Legalità intitolata a Don Peppe Diana. Dopo il racconto e la testimonianza di chi ha visto uccidere don Peppe Diana, ecco che l’ospite-protagonista, il generale Antonio Cornacchia che ha vissuto in prima persona il delitto Moro. “Oggi siamo alla seconda giornata della scuola delle legalità – ha affermato Vincenzo Musacchio, direttore della Scuola – e affrontiamo il tema del terrorismo e delle stragi, per cercare di far capire e interagire i ragazzi delle scuole di Larino con il Generale che è stato il primo investigatore a intervenire sul luogo del delitto e per far comprendere loro un periodo che non hanno vissuto”. “Credo – ha asserito sempre Musacchio – sia giusto che sappiano quello che è successo negli anni di piombo. Moro può insegnare tantissimo perché è stato uno dei grandi statisti italiani, artefice di gran parte della Costituzione italiana tra cui l’art. 27 sulla rieducazione della pena, è stato uno degli avanguardisti del diritto penale moderno, competente nella materia della legalità. Il fatto che non ci sia stata legalità, non ci sia stata verità, sulle indagini nel caso Moro è la nota dolente di oggi qui, come lo è anche che in Italia: le stragi più famose non ancora hanno i loro colpevoli. Le commissioni di inchiesta servono a poco perché vengono dopo molto tempo, quando le persone che sono state coinvolte o non ci sono più o sono morte. Oggi, noi – ha concluso – dobbiamo dire agli studenti di ragionare con la loro testa su cosa può essere vero e cosa falso, farsi un opinione libera ed autonoma: è questo lo scopo della nostra scuola”. Stimolato dalle domande di Luigia Scarlato, vice presidente di Corea, il generale Cornacchia ha confidato che “per raccontare quel periodo, il tempo è sempre troppo breve perché il racconto è troppo lungo. “Ho vissuto in prima persona questo evento che, non posso nascondere, mi ha lasciato un segno indelebile in negativo perché io conoscevo Aldo Moro e i giovani che stavano di scorta e dipendevano da me; potete immaginare qual è stato il mio stato d’animo in apprensione e sempre in fibrillazione”. “Di Moro – ha aggiunto – posso dire che è stato un grande statista. Noi dovremmo andare fieri e orgogliosi e sono stato anche convinto che ai suoi tempi non è stato capito a dovere, ovviamente non da me. Sulla trattativa Mafia-Stato secondo il generale c’è stata e vi sono prove evidenti. Il momento più emozionante di tutti però è stata la consegna di una targa al merito alla memoria di Giulio Rivera, poliziotto della scorta di Moro e molisano. Il nipote che ha ritirato il riconoscimento, anch’egli oggi poliziotto si è commosso insieme a tutti i presenti sotto un applauso lunghissimo. Momenti indimenticabili sotto il profilo emotivo.
Entusiasmo per la seconda lezione della Scuola della Legalità intitolata a Don Peppe Diana
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