La chiusura del punto nascita di Termoli ha scosso molte coscienze e causato numerose reazioni, sia di condanna che di protesta; ma oltre a ciò questa chiusura ha sancito definitivamente una sconfitta politica, una sconfitta dei tecnici e una sconfitta della dirigenza sanitaria.
Una sconfitta politica perché dopo un azzeramento quasi totale del debito sanitario, avvenuto nel 2006, non si è riusciti né ad evitare le condizioni del commissariamento, né ad avere in undici anni quell’inversione tale da ricondurre il servizio sanitario regionale ad una gestione ordinaria. Una sconfitta dei tecnici perché non si è riusciti a comprendere e tutelare le esigenze dei cittadini molisani e una sconfitta della dirigenza sanitaria perché non sempre si è riusciti ad andare oltre l’interesse e la convenienza personale.
I dati del punto nascita di Termoli non sono una sorpresa, sono dati conosciuti da tempo e poco o nulla, fino ad oggi, è stato fatto per mettere in atto politiche e azioni tali da invertire la tendenza ed evitarne la chiusura.
Certo, la chiusura rientra nell’ambito della riorganizzazione del servizio sanitario regionale, di quei servizi per i quali non vi sono più numeri per la sostenibilità; una riorganizzazione dovuta e che ci ha abituato a tanti sacrifici (come la chiusura dell’Ospedale di Venafro, dell’Ospedale di Larino, del reparto di Neurochirurgia…), ma la chiusura del punto nascita di Termoli è diversa perché riporta al già esistente problema dello spopolamento e invecchiamento del Molise, al quale si aggiunge la migrazione dei pazienti che avevano questo riferimento per le nascite nel basso Molise, dove non sarà più possibile nascere.
Sicuramente ci sono problemi di personale, ma certo molto del problema è dovuto al fatto che parte del bacino di utenza già sceglie di partorire altrove. La prima domanda da porsi è quindi perché queste mamme hanno deciso di rivolgersi ad altri punti nascita?
Le persone che si spostano in luoghi più lontani lo fanno con sacrificio, sia in termini di spostamento che in termini economici, quindi per quale motivo preferiscono questi disagi? Sono state rilevate le esigenze e i bisogni di questi utenti?
Proprio questo è uno dei problemi alla base della riorganizzazione del servizio sanitario, dove molto spesso non vengono consultate e tenute in debita considerazione le esigenze e i bisogni dei pazienti.
Nella riorganizzazione dei servizi infatti gli unici che generalmente non vengono coinvolti sono proprio gli utenti: cittadini e pazienti.
Ogni giorno, presso lo sportello del Tribunale per i Diritti del Malato, riceviamo segnalazioni da parte di utenti, segnalazioni che puntualmente riportiamo all’Azienda in tutta la loro gravità ed urgenza, in maniera cruda, e che il più delle volte restano inascoltate e senza una risposta.
Purtroppo chi non vive determinate situazioni non può comprenderle; chi non sa cosa voglia dire essere costretto a rimanere in casa a guardare un soffitto perché non gli viene consentito di poter uscire dalle mura domestiche, chi non è costretto a pagare per ottenere servizi che dovrebbero essere garantiti non può capire cosa vuol dire e non può comprendere il peregrinare per uffici per ottenere i propri diritti.
Solo chi vive determinate condizioni può capirne i sacrifici, le complicanze, le difficoltà che si hanno nell’affrontarle; problematiche grandi come dei macigni che si riversano sui pazienti e sulle famiglie.
Però i pazienti, la parte più importante e su cui si riversa l’organizzazione dei servizi e le Associazioni che li rappresentano, non hanno un coinvolgimento nelle scelte se non di facciata, una partecipazione spesso solo su carta o formale.
Le porte sono infatti sempre chiuse nella fase decisionale, sembra che ci siano sempre pesanti vincoli di segretezza e il concetto di Accontability, cioè il dar conto dei risultati ottenuti e delle azioni attuate, in Molise è ancora qualcosa di sconosciuto.
E così tra qualche giorno non sarà più possibile venire al mondo nel punto nascita di Termoli, e seppur i dati fossero noti già da tempo alla dirigenza sanitaria, alla parte politica e alla struttura tecnica, nessuno si è adoperato per mettere in campo azioni tali da invertire la tendenza e tentare di salvare il punto nascita, come è stato fatto ad Isernia.
Questo fallimento, che ovviamente ha tanti colpevoli ma nessun responsabile (come tutti gli eventi che hanno interessato il sistema sanitario regionale) speriamo che serva ora a riportare un atto di responsabilità ed azzerare tutte le contrapposizioni, gli scontri di parte e gli interessi di sorta, che sono solo nocivi, e porti ad un dialogo collaborativo tra tutte le parti interessate alla riorganizzazione del sistema sanitario per rimettere al centro l’interesse dei pazienti molisani (i quali non possono solo subire gli aumenti delle accise) e la gestione della sanità in Molise non resti solo una continua emergenza.
Un atto di responsabilità, verso i cittadini molisani, come quello di un “buon padre di famiglia” che sappia investire per garantire un futuro, e che “mette il paziente al centro” non solo come uno slogan.
Dott. Mario Vitarelli
Coordinatore regionale
Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva