Lavorare con passione sacrificio e dedizione per migliorare e crescere. Questo, allenamento dopo allenamento, partita dopo partita, cercano di fare nel miglior modo possibile la società, i tecnici e tutti i ragazzi tesserati dei Sanniti Calcio Campobasso. Ancora una volta, però, la società del capoluogo di regione, si è trovata a dover far fronte ad un episodio di razzismo di cui è stato vittima un proprio “ragazzo”.
La società prende le distanze da quanto successo recentemente sul campo e guarda al futuro sperando che avvenimenti del genere non accadano più. Allo stesso tempo, però, l’A.S.D. Sanniti evidenzia con forza che il campo di gioco deve essere per le scuole calcio un luogo dove i ragazzi devono divertirsi e confrontarsi. “Dispiace dover parlare di certi episodi – afferma la responsabile de i Sanniti Calcio Campobasso Angela Baranello – soprattutto perché i protagonisti sono ragazzi, che dal mondo dello sport, nel caso di specie del calcio, dovrebbero apprendere non solo nozioni tecniche ma anche concetti quali il confronto con propri coetanei, compagni di squadra e non, ed il rispetto verso tutti.
Purtroppo, invece, ci troviamo a dover raccontare situazioni che feriscono nell’animo, non solo di chi ne è stato colpito ma di tutti coloro che, come noi, vedono il mondo dello sport come un posto dove i ragazzi dovrebbero trovare tranquillità e spensieratezza. Come società cerchiamo di insegnare ai nostri ragazzi prima di tutto il rispetto e le regole dello stare insieme, affinché possano acquisire quei principi che, insieme a quelli inculcati dalla famiglia, permettano loro di crescere e comportarsi come uomini prima e come calciatori poi.
Notiamo con sommo dispiacere che episodi di razzismo continuano ad avvenire regolarmente. Offese gratuite tra i ragazzi ed anche dagli spalti, dove ci sono genitori, o meglio “adulti”, verso ragazzi che scendono in campo indipendentemente dalla “razza, colore, religione, lingua, sesso, origine territoriale o etnica. Questi sono gli aggettivi citati nell’art 11 del C.G.S., che punisce comportamenti discriminanti ma che continuerà a rimanere “lettera morta” se le società non insegnano con l’esempio il principio dell’uguaglianza e del rispetto.
Noi adulti – continua Baranello – dovremmo ricordare che i nostri figli scendono in campo non per essere giudicati ed insultati ma per essere guardati ed applauditi mentre praticano lo sport che amano. Come società prendiamo assolutamente le distanze, “calcisticamente” parlando, da quanto avvenuto, per l’ennesima volta, nei confronti di un nostro ragazzo e ci auguriamo nella maniera più assoluta di non dover tornare più sull’argomento perché non è concepibile, alle soglie del 2019, dover rimarcare e sottolineare simili episodi.
Ciò che è accaduto non è giustificabile nello sport professionistico, non lo è ancora di più, nei settori giovanili, dove protagonisti sono i ragazzi che saranno il futuro di questo mondo e devono crescere conoscendo e rispettando regole e principi, tra cui l’uguaglianza”.