Aver riportato l’entusiasmo nel popolo rossoblù è stato il vero successo della nuova gestione del Campobasso
Poco importava il risultato: l’obiettivo del nuovo corso era già stato raggiunto prima del fischio iniziale. La cornice di pubblico è stata importante, sicuramente imponente per un campionato regionale. Poco conta il numero esatto, quello che ha stupito è stato il ritrovato entusiasmo. Quella voglia di vivere per i propri colori, di cantare, esultare, gioire e imprecare. Di tornare a partecipare all’evento domenicale della propria squadra del cuore. Riappropriarsi della propria identità: ciò che non accadeva più o meno da tre anni. Lo spettacolo c’è stato davvero, così come le emozioni. L’esultanza al gol poi è sembrata ricordare i boati dei vecchi tempi.
Nemmeno di fronte ci fosse stato il Taranto. C’era invece, il Fornelli, degno avversario di un lupo troppo affamato per inciampare sugli ostacoli dell’attuale cammino. La vittoria contro l’unica antagonista del massimo campionato regionale, già penalizzata di tre punti, ha messo una prima ipoteca sulla vittoria finale. Di tempo ce ne sarebbe anche, ma, purtroppo, è la mediocrità del torneo che ci spinge a questa analisi.
C’è, poi, un ulteriore aspetto da considerare. Questo Campobasso è partito meglio di quello di Berardo e di quello di Rizzi, vittoriosi a fine stagione. Sia nel ’96, con Mario Oriente in panchina, sia nel 2004, con Pasciullo prima e proprio Farina poi, i rossoblù si fermarono a 6 vittorie consecutive. Questa volta la striscia è arrivata a 7, in campionato, 11 se consideriamo la coppa, ed è destinata ad allungarsi. Neanche le briciole la squadra del capoluogo è intenzionata a lasciare agli avversari, per riprendersi il prima possibile il ruolo che le spetta nel panorama calcistico nazionale.
Tornando alla domenica quasi perfetta, c’è da dire che grandi meriti vanno ascritti ai ragazzi di Farina. Capaci di essere umili, di calarsi nell’attuale realtà e di affrontare con la giusta verve il match. Ripagando i tifosi del lupo che proprio non potevano essere lasciati con l’amaro in bocca. Suggellando, così, la vittoria più bella.
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