Figura esile, volto incavato, carattere riservato, Nicola Continelli, in arte e per gli amici Ninì, sta attraversando un periodo di intensa produzione pittorica. Al momento le sue opere sono in esposizione nei corridoi del liceo scientifico “Romita” di Campobasso, in via Facchinetti, dove resteranno fino al 28 febbraio prossimo. Si autodefinisce un ritrattista, ma anche i suoi paesaggi, ripresi dall’alto, offrono squarci molto realistici dei luoghi rappresentati.
Lo abbiamo incontrato per conoscere da vicino le tappe del suo percorso artistico.
A che età ha iniziato ad apprezzare la pittura?
La mia passione per il disegno si è manifestata fra i banchi della scuola elementare, quando dipingevo rifacendomi al naturalismo ottocentesco di Antonio Mancini, fatto di colori violenti e colate di materia deposti su tela. Ma col trascorrere degli anni sono andato alla ricerca di una mia originalità.
Dove ha maturato la sua formazione artistica?
Tra i 20 e i 25 anni ho frequentato l’Accademia di Brera, seguendo le lezioni di Alfredo Chighine, un grande maestro che definirei astrattista sebbene, autore di opere che privilegiano il segno e la materia, affonda le sue radici nel naturalismo lombardo.
E oggi in quale corrente artistica si collocherebbe?
Nell’impressionismo. Tutte le mie creature nascono da un’osservazione attenta della realtà, filtrata attraverso il mio intimo, e poi riportata sulla tela. In quest’ottica potrei dire di avere delle affinità con l’austriaco Gustav Klimt, per la precisione del disegno, che ritengo fondamentale nelle mie opere, così pure per l’inserimento di dettagli naturalistici nei ritratti. Ed in parte anche con Lucian Freud che ha una visione completa della figura rappresentata. Poi il mio riferimento costante è Vincent Van Gogh, che preferiva ispirarsi direttamente alle cose reali. Anche per me saper cogliere la realtà, nelle sue luci e nelle sue ombre, è già sinonimo di arte.
Dove realizza le sue opere?
A Campobasso. Qui, di ritorno dagli studi fuori, ho incontrato Piero Romagnoli con cui ho intrapreso un percorso insieme. Piero mi disse che il mio stile, molto ricco di colore, si rifaceva a quello di Ennio Morlotti. Cosi’ dagli anni ’70 sono tornato ad essere un figurativo. Ma, in quel periodo, la mia produzione artistica era relegata al fine settimana, perchè ero impiegato di banca. Oggi sono in pensione e rivolgo tutte le mie energie a questo spiccato interesse. Acquisto libri d’arte e di critica letteraria, e cerco di seguire le correnti del momento. Non mi interessa essere presente in gallerie al di là dei confini regionali. E’ solo un caso se alcuni miei quadri siano finiti in Germania ed uno anche a Bruxelles.
Quali sono i personaggi che preferisce ritrarre?
In gran parte sono miei amici di lunga data, ma anche persone semplici che incontro per caso e mi colpiscono per un particolare vezzo o per un dettaglio interessante. Però non mi limito a riprodurre la figura, bensì cerco di entrare in confidenza col personaggio e di studiarlo bene, dopodiché la realizzazione è veloce.
Nella fase della sua maturità artistica cosa direbbe ad un ragazzo che nutre interesse per il mondo dell’arte?
Direi che è molto importante affiancare lo studio alla passione. Anche l’arte necessita del supporto didattico e del confronto con maestri che offrono la propria esperienza e si pongono come punti di riferimento fondamentali per crescere e produrre opere interessanti. Ad esempio conoscere la “prospettiva”, introdotta dal grande Giotto, e dunque far in modo che da qualsiasi lato si guardi una rappresentazione sia sempre di prospetto, significa conferire ad un disegno il valore di un’opera d’arte.
Cosa ha messo in cantiere per i prossimi mesi?
C’è un’ iniziativa in atto fra tutti i pittori molisani per la realizzazione di un calendario sul tema dei Misteri. Ad ognuno di noi, ad estrazione, toccherà la riproduzione su tela di uno degli ingegni del Di Zinno. Questo è un progetto stimolante, ma a dire il vero, per me ogni giorno è quello giusto per creare un quadro!
Rossella Salvatorelli