Alla luce del licenziamento collettivo che ha colpito come una mannaia ben 45 infermieri della Cattolica di Campobasso, e sensibilizzato non poco la popolazione molisana, appare utile, senon doveroso, trattare la questione riguardante i licenziamenti collettivi. Cosa sono, chi interessano, la procedura da seguire, le organizzazioni coinvolte, i criteri di scelta adottati e la salvaguardia dei diritti dei lavoratori sono i cardini del breve e conciso discorso che segue. La disciplina sui licenziamenti collettivi, prevista dalla legge 223/1991, e innovata dalla Riforma del Lavoro Fornero (legge 28 giugno 2012, n. 92) parla di licenziamento collettivo quando in imprese con più di 15 addetti si licenziano almeno 5 dipendenti in ogni unità produttiva o in più unità dislocate nella medesima provincia, e comunque nel periodo di 120 giorni.
Si avvia con una comunicazione scritta, con cui l’azienda segnala a sindacati, associazioni di categoria e Direzione Territoriale del Lavoro, la volontà di porre in atto il licenziamento collettivo indicando: a) motivi che determinano la situazione di eccedenza di lavoratori; b) ragioni tecniche, organizzative o produttive che rendono impossibili misure alternative; c) numero, collocazione aziendale e profili professionali del personale eccedente; d) tempistica con cui la mobilità verrà attuata; e) eventuali misure per ridurre le conseguenze sociali. Entro 7 giorni dalla ricezione della comunicazione, e su richiesta dei sindacati, si effettua un esame congiunto in cui si cerca una soluzione alternativa. Questa fase non può superare i 45 giorni (23 per licenziamenti di meno di 10 lavoratori). A questo punto il datore di lavoro trasmettere l’esito dell’esame congiunto e le motivazioni alla DTL: questa potrà riconvocare le parti in cerca di un nuovo accordo da raggiungere entro 30 giorni (15 per licenziamenti di meno di 10 lavoratori). In mancanza di accordo, il datore di lavoro attua il licenziamento comunicando per iscritto a ogni lavoratore interessato il provvedimento. L’elenco dei lavoratori interessati (nominativi, residenza, qualifica, inquadramento, età, carico di famiglia, modalità di applicazione dei criteri di scelta), va inviato agli Uffici Territoriali del lavoro competenti e alle associazioni di categoria. Nell’indicazione dei lavoratori da licenziare, il datore di lavoro deve tenere presenti criteri ed esigenze tecnico-produttive e organizzative dell’azienda e quelli indicati da sindacati e associazioni di categoria (art. 5 legge 223/91). In mancanza di queste indicazioni è necessario rifarsi a carichi di famiglia, anzianità e esigenze tecnico-produttive e organizzative. I lavoratori da licenziare con contratto a tempo determinato vengono messi in mobilità e hanno diritto alla indennità se dispongono dei requisiti di anzianità. Le novità: i commi 44 e 45 dell’art. 1 della riforma del lavoro, cd. Riforma Fornero, prevedono che la comunicazione dell’elenco lavoratori debba avvenire entro 7 giorni dalla comunicazione dei recessi a ciascuno di essi, e non più contestualmente. Il licenziamento può essere impugnato entro 60 giorni dalla comunicazione con qualsiasi atto scritto, mentre entro i 180 giorni successivi è necessario depositare presso la cancelleria il ricorso al giudice del lavoro o inviare la richiesta di conciliazione alla controparte. Le novità: ecco le nuove sanzioni per i licenziamenti illegittimi e inefficaci (comma 46 art. 1) in caso di recesso intimato:
1. senza forma scritta – reintegrazione nel posto di lavoro più il risarcimento del danno commisurato a tutte le retribuzioni non percepite dal giorno del licenziamento fino all’effettiva reintegrazione, oltre al versamento dei contributi previdenziali
2. in violazione dei criteri di scelta del lavoratore – reintegrazione nel posto di lavoro, più il risarcimento del danno e il versamento dei contributi previdenziali. In tal caso il risarcimento del danno, alla luce della riforma Fornero, non potrà superare, in ogni caso, le 12 mensilità di retribuzione;
3. in violazione delle procedure previste dalla legge – non è più prevista la tutela della reintegrazione nel posto di lavoro (come in precedenza), ma soltanto una indennità risarcitoria omnicomprensiva tra un minino di 12 e un massimo 24 mensilità (determinata, con obbligo di specifica motivazione da parte del giudice, tenendo conto dell’anzianità del lavoratore, del numero di dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti).
Il lavoratore vittima di un licenziamento ingiusto, in ragion dei sui diritti, delle prospettive future sue e della propria famiglia ha l’obbligo morale impugnare il suddetto licenziamento facendosi assistere da un avvocato di fiducia.