Tra gli altri diritti del condannato, vengono in particolare rilievo quello di proporre istanze per la applicazione delle misure alternative alla detenzione, quando abbia maturato il diritto correlativo, e la circostanza che, nei procedimenti che lo riguardano, assume la qualità di parte processuale. Quest’ultimo principio può apparire scontato, ma è invece assai importante, poichè con tale affermazione il legislatore ha previsto, con un meccanismo di trasposizione automatico, che il condannato riveste una particolare connotazione soggettiva, analoga a quella dell’imputato nel processo di cognizione. E l’assimilazione alla posizione dell’imputato comporta che l’interessato può partecipare all’udienza, se lo vuole, per cui, se è detenuto e chiede di partecipare, deve essere tradotto dall’istituto di pena dove si trova al luogo in cui ha sede il Tribunale o il Magistrato di Sorveglianza.
Dunque, il condannato ha tutti i diritti e le prerogative dell’imputato nei procedimenti ordinari, e ciò comporta che ha diritto di farsi assistere da un Avvocato di fiducia, e, qualora ne risulti privo, vi è l’obbligo di nominarne uno di ufficio. Dunque, come per i processi ordinari, anche nei processi che riguardano istanze di detenuti o che comunque li vedano interessati, è obbligatoria l’assistenza tecnica di un Difensore.
Qui, attese le molte polemiche che spesso investono anche i dibattiti politici quando si parla dei problemi della Giustizia, ed in particolare dei ruoli delle parti processuali, può essere interessante esaminare il ruolo del Difensore.
Troppo spesso, infatti, si affrontano, per lo più strumentalmente e faziosamente, i delicati temi della Giustizia da un angolo visuale distorto, di difesa o di avversione nei confronti di questo o quell’operatore processuale.
In Italia, come per ogni materia, si assiste alle esternazioni più varie, ed in particolare nel nostro ambito c’è chi ritiene che gli Avvocati siano una corporazione, e chi invece ritiene che la vera corporazione sia quella dei Giudici.
Non vogliamo di certo entrare nelle diatribe, che, come dicevamo appaiono in mala fede ed interessate, dunque inattendibili e non meritevoli di analisi, tuttavia occorre riflettere sul ruolo essenziale che un processo giusto, che riguardi cittadini sia detenuti che liberi, riveste in una società civile.
Occorre reciproco rispetto tra le parti, con fattiva collaborazione e correttezza nei rapporti tra il Giudice, Pubblico Ministero e Avvocato, che, ognuno nell’ambito delle proprie prerogative, esercitano funzioni delicatissime ed importanti.
In particolare, per l’Avvocato, va considerato che la Costituzione afferma che la Difesa del cittadino è un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Si tratta di una consacrazione non solo dal tono solenne, ma anche di pregnanti risvolti pratici.
I codici processuali sono pieni di affermazioni di nullità di atti e provvedimenti qualora questi non vengano comunicati al Difensore, o quando non sia stata garantita la presenza e l’attività di questo, a dimostrazione che il principio costituzionale è stato recepito dalle leggi processuali ordinarie, e ciò in un quadro di piena consapevolezza della necessaria ed indefettibile presenza costante dell’Avvocato in ogni atto processuale in cui l’assistenza tecnica sia opportuna.
Dunque, si auspica che quando si affrontano temi riguardanti il delicato settore dalla Giustizia, ci si ricordi di questi principi, che spesso, viene da pensare, sono del tutto ignorati da una classe politica o da qualche giornalista, che indugiano troppo spesso nelle pratiche del populismo e della faziosità.
Tornando all’esame della Difesa per il condannato, quest’ultimo non può nominare più di due Avvocati, così come accade per l’imputato nel processo di cognizione.
E quando il condannato ed i suoi familiari versano in stato di particolare difficoltà economica, può chiedere di essere ammesso al patrocinio gratuito a spese dello Stato.
Quello del gratuito patrocinio è un altro istituto su cui vale la pena di soffermarsi. brevemente.
Già nei codici della Repubblica Veneziana, nel sedicesimo secolo, era previsto che ogni imputato o condannato che non potesse permettersi, a causa di condizioni di povertà, di pagare un Difensore, fosse in ciò assistito dallo Stato, nel senso che il Tribunale gli assicurava il diritto di scegliersi un Avvocato di Fiducia che sarebbe stato retribuito dallo Stato.
Seppure con notevole ritardo rispetto ai nostri antenati veneziani, lo Stato italiano ha recepito tale principio inizialmente nel 1990, e successivamente, con maggiore ampiezza e organicità, nel 2002.
Dopo circa cinquecento anni. Meglio tardi che mai.
– continua
Avv. Stefano Sabatini