Oggi si fa un gran parlare della deliberazione n.115/2013 emanata dall’ Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale del Molise e che da più parti viene definita un ” bavaglio” alla libera e democratica informazione e al libero e costituzionale dissenso da parte di cittadini, associazioni, comitati etc. Purtroppo nel nostro Molise queste cose sono già accadute e , pur se in un contesto limitato ad Amministrazione pubblica locale,nessuno o quasi si è strappato le vesti e nessuno o quasi ha capito che se il male non viene curato subito poi vi è l’ aggravamento e quindi il coinvolgimento di altri organi vitali del corpo ( in questo caso degli Organi di Pubbliche Amministrazioni).
Nel 2005, come consigliere p. t. del Comune di Castelverrino ( Is ) , in rappresentanza della minoranza consiliare, ero componente il Consiglio della Comunità montana “Alto Molise” di Agnone (Is) .
Nell’esercizio del diritto-dovere politico, nell’ esercitare le mie funzioni, ho avuto modo di dolermi di una illegalità dilagante nella Comunità Montana”Alto Molise” con violazione dell’ordinamento generale e abuso del patrimonio.
Questa mia posizione espressa sempre in modo chiaro e nell’interesse dell’Ente comunitario, era solo diretta ad un forte richiamo al rispetto delle leggi e quindi dell’art.97 della Costituzione Italiana.
Appena ho invocato il rispetto dell’art.17 della legge regionale n.12/2002,comunicando l’impedimento a partecipare alla seduta del Consiglio in data 30.9.05 che era da considerarsi sciolto per non aver adempiuto entro 120 gg. all’adeguamento dello statuto così come imposto dalla precitata legge, l’immediata risposta , a firma del Presidente dell’ Ente Errico Borrelli, poi avallata dalla maggioranza del Consiglio comunitario, è stata una illegale pronuncia di DECADENZA dalla carica ( atto da me impugnato ed annullato, per illegittimità, con Decreto Presidente della Repubblica)
Ma non è finita qui perché quella stessa maggioranza mi voleva anche impedire di essere rieletto in seno al Consiglio comunitario,prevedendo nello statuto dell’ Ente ( dopo la proposta della mia decadenza!) che il Consigliere dichiarato decaduto per tre assenze ingiustificate non poteva essere rieletto dal Consiglio comunale di appartenenza!
In poche parole: il Consigliere Iacovone Albino essendo scomodo, perché invocava il rispetto della legalità,gli doveva essere impedita una sua rielezione nel Consiglio comunitario negandogli, così, un diritto Costituzionalmente garantito!
Forse qualcuno pensava che togliendomi la carica di consigliere mi potevano togliere anche la facoltà di ragionare e di scrivere sul pessimo andamento di quella pubblica amministrazione.
Nei miei confronti si era attuata una vera “rappresaglia politica” non solo per l’evidente nesso temporale entro il quale viene proposta la decadenza ma cosa ancora più grave e pregnante per la successiva modifica allo statuto con l’inserimento :””I Consiglieri che non intervengono a tre sedute consecutive,senza giustificato motivo,sono dichiarati decaduti con consequenziale impossibilità di ricandidatura da parte del Consiglio comunale di appartenenza fino a nuova,eventuale rielezione quale Consigliere comunale( art.15-comma 15-);
Si era tentato di defenestrare e di estromettere, da una Assemblea consiliare, un Consigliere che non aveva nessun padrone,era libero di parlare e di agire,non era condizionabile da nessuno,e voleva solo il ripristino delle regole e pedissequo rispetto delle leggi cosa che non è avvenuto nel mancato scioglimento del Consiglio comunitario inadempiente per il mancato adeguamento dello statuto entro il 17.9.2005 solo ed esclusivamente per incapacità amministrativa della maggioranza e non per irresponsabilità dell’opposizione come si voleva far capire e che con ” contorsioni” e ” aggiramento” della legge regionale n.12/2002 e s.m.i. e della sentenza Corte costituzionale n.244/2005 il Presidente della Giunta Regionale stava tentando di evitare!
Non soddisfatti, quei Amministratori che in quel momento rappresentavano un Ente locale di 2° livello, continuarono una assurda e inconcepibile azione di tutela giuridica ( a loro dire) e con delibera di Giunta n. 77 del 9 dicembre 2005 nominavano un legale, ovviamente a spese dell’ Ente, per tutelare , in tutte le sedi, l’ Amministrazione comunitaria, gli Organi e i Responsabili della gestione, in relazione al contenute di alcune note pervenute in Comunità Montana”Alto Molise” e firmate dal Consigliere del Comune di Castelverrino e della Comunità Montana cav. rag. Albino Iacovone.
Successivamente, con nota n. prot. 2016 in data 30/05/2006 a firma del dr. Errico Borrelli, qualificatosi Presidente della Comunità stessa, fornisce a S.E. il Prefetto la sua versione dei fatti, concludendo la nota
“” Riguardo le sollevate lamentele relative alla ” illegalità dilagante della Comunità”, alle presunte ” violazioni dell’ordinamento generale e dell’abuso del patrimonio” si fa presente che proprio a tutela dell’immagine dell’ente, è stata prodotta appropriata denuncia-querela, a ministero dell’Avvocato ….. del foro di Isernia. Inoltre in questi stessi giorni, per quanto fatto pubblicare dallo Iacovone su quotidiani locali, tra l’altro reiterando anche il contenuto delle note inviate a S.E., si sta procedendo al deposito di ulteriori e più mirate querele, a tutela dell’onorabilità del Presidente, della Giunta tutta e del Direttore-Segretario””.
Sono stati perdenti su tutti i fronti e la Giustizia penale ha dato sempre ragione alle legittime e sacrosante iniziative che io, Consigliere comunitario, esercitavo nell’ esclusivo interesse pubblico, senza mai travalicare il principio della continenza e della verità dei fatti.
Il Presidente della C. M. Borrelli, il Presidente del Consiglio C.M. Giuliani, il Vice Presidente Del Basso, l’Assessore Ricci, il Direttore-Segretario Mastronardi ,si sono sentiti diffamati a mezzo stampa per i miei interventi di sindacato ispettivo , di rimostranze,di segnalazione di ritardi, omissioni, violazioni di legge ed hanno prodotto nei miei confronti n. 12 (dodici) querele.
Pensate il dr. Errico Borrelli, qualificandosi Presidente della Comunità, mi ha querelato per diffamazione e denunciato per turbativa del regolare funzionamento degli uffici del suddetto Ente,usurpazioni di funzioni, per aver indirizzato – successivamente alla dichiarata decadenza- circa 30 lettere, richieste atti, diffide ad adempiere con conseguente richiesta di rilascio copie.
Tutti questi procedimenti si sono conclusi con l’archiviazione per infondatezza di ogni ipotesi di reato ascrivibile alla mia persona Le querele presentate per l’ipotesi di reato di diffamazione a mezzo stampa ex art. 595 c.p. sono risultati totalmente insussistenti .
Il Tribunale di Isernia in composizione monocratica, con la sentenza n. 366/09 ,
1)- per il delitto di cui al Capo A1 ( diffamazione – vedi mia lettera del
15/05/2006) , ha pronunciato assoluzione con formula piena, nei
seguenti termini:
“” Il Tribunale, Visto l’art. 530 c.p.p. e 596 c.p. dichiara Iacovone Albino non punibile dal reato di cui al Capo A lettera 1 della rubrica per essere stata raggiunta la prova della verità dei fatti.””
2)- per il delitto di cui al Capo B ( turbamento di pubblico servizio), ha pronunciato
l’assoluzione con formula piena, nei seguenti termini :
“”Il Tribunale, visto l’art.530 c.p.p., assolve il predetto imputato ( ndr.Iacovone) dal reato ascrittegli al capo B della rubrica in quanto il fatto non costituisce reato “”
In particolare voglio riportare un passo della sentenza che riveste particolare importanza anche alla luce del dibattito aperto circa la deliberazione adottata recentemente dall’ Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale del Molise
“”….. in ogni caso il prevenuto, in quanto consigliere dichiarato illegittimamente decaduto, aveva ogni diritto di inoltrare missive e lettere alla Comunità Montana in ordine all’andamento dell’amministrazione dalla stessa posta in essere “”
“”Da tutto quanto esposto, dunque, ricorre ogni mancanza di prova in ordine al dolo di cui all’art.340 c.p. in capo al prevenuto il quale non ha affatto agito con alcuna intenzione di ” turbare la regolarità dell’Ufficio della Comunità Montana ” ma al solo scopo di evidenziare le proprie ragioni di consigliere decaduto nonché di cittadino.””
“”……………….E la ratio della ammissibilità della prova della verità del fatto nel ristrettissimo caso in cui l’offesa concerna l’attribuzione di fatti specifici ad un Pubblico Ufficiale risiede nel principio costituzionale ( art. 97 Cost.) di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione anche nel rapporto con i cittadini i quali hanno il diritto di dolersi dell’eventuale violazione di siffatto principio, eventualmente anche con l’invio di missive rivolte a soggetti giuridici diversi, quali, nella specie, la stessa Comunità Montana Alto Molise ed il Prefetto di Isernia.
In definitiva, la premessa da cui muove la prospettazione accusatoria con riferimento al capo A1 della imputazione appare errata dal momento che l’imputato, quale membro di diritto della Comunità Montana, poteva svolgere tutto il suo potere – diritto di critica, indagine, rimostranza ed altro avverso atti che il medesimo riteneva essere illegittimi. Tanto precisato, l’imputato, al dibattimento, con la documentazione prodotta, ha dimostrato che, presso la Comunità Montana, vigeva una ” illegalità diffusa” collegata proprio alle fattispecie per cui è processo con riferimento ai fatti dedotti al Capo A sub.1) “”
La Corte di Appello di Campobasso, nel processo n. 177/2010, con la sentenza n. 407/2013 in data 4 luglio 2013, depositata il 15 luglio 2913, irrevocabile dal 4 ottobre 2013 ,
– per il delitto di cui al Capo A) n.2 ( diffamazione ) della sentenza di primo
grado , ha pronunciato la mia assoluzione , perché il fatto non costituisce
reato.
Orbene la Corte di Appello, ha così motivato :
“” Ritiene tuttavia la Corte, che, sotto il profilo dell’ elemento soggettivo, abbia efficacia assorbente rispetto ad ogni altra censura formulata dall’ appellante, il rilievo della carenza – al di là di ogni ragionevole dubbio – del dolo , pur generico,richiesto dalla norma in argomento, e ciò per una pluralità di argomentazioni in fatto.
In primo luogo, e come si legge nella missiva del 22/05/2006, per espressa ammissione dell’ imputato suo estensore, essa deve essere considerata un ” seguito” di quella del 15 maggio 2006, di quella cioè, che ha operato riferimento a una serie numerosa di circostanze, tutte ritenute veritiere dal primo giudice, che, in accoglimento della ” exceptio veritatis”, ha assolto dall’ addebito al capo A1 l’ odierno imputato……………………………””
“” Ne consegue che, ad avviso della Corte, non possa ritenersi con certezza integrato l’ elemento soggettivo del dolo generico richiesto dalla norma incriminatrice, come sopra individuato, sia perché la stragrande maggioranza delle asserzioni dello Iacovone sono risultate rispondenti al vero……………., sia per il tono dubitativo con il quale esse sono proposte, sia per il tenore della missiva volta, appunto, solo all’ accertamento della loro veridicità, ciò restando ulteriormente dimostrato dalla autorità cui la missiva per cui è processo risulta inviata in via principale, ovvero il Prefetto di Isernia, cui istituzionalmente competono poteri e doveri di vigilanza sulle amministrazioni locali. Tutte tali considerazioni vanno poi operate avendo presente una lettura non atomistica e frazionata delle due missive ( quella del 15/5 per cui vi è assoluzione, e quella del 22/5/2006 oggetto oggi di giudizio) inviate dall’ imputato, ma dovendosi operare una loro valutazione globale e d’ assieme, concernendo entrambe la figura del Borrelli nella duplice veste di Presidente della Comunità Montana e geologo del Comune di Agnone, incaricato dal Mastronardi, suo segretario presso il organismo, segretario che nel Comune di Agnone, è assessore ai lavori pubblici, della redazione di uno studio di fattibilità relativo ad una frana verificatasi, appunto, in agro del comune di Agnone.””
“”Si impone pertanto, la pronunzia assolutoria di cui in dispositivo, quanto meno ai sensi dell’ art.530 c. p.p., perché il fatto non costituisce reato, in riforma della sentenza , e dovendosi altresì e per l’ effetto, revocare le statuizioni civili con la stessa rese.””
Anche la Giustizia Amministrativa, la Giustizia Ordinaria e la Giustizia Contabile, in più provvedimenti giudiziari ( che non cito per non tediare troppo il lettore), hanno dato contezza e prova che le mie giuste rivendicazioni nei confronti degli Organi della C.M.”Alto Molise” erano fondate e miravano a tutelare l’ interesse dell’ Ente e quello pubblico in generale.
Le argomentazioni portate dai querelanti sono stati tentativi, peraltro risultati infondati, di giustificare la loro posizione di Amministratori e Funzionari , anche nei confronti del Sig. Prefetto p. t., e per mascherare la loro azione politico- amministrativa che violava il principio costituzionale ( art. 97 Cost.) di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione.
Ho voluto fare questa ” cronistoria” di ” mala gestio” , non per mettere in risalto la correttezza delle mie posizioni, bensì per far capire come il deliberato adottato dall’ Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Molise non deve intimorire nessuno e che trova il tempo che trova in un sistema Costituzionale che garantisce il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione ( Art.21 Cost.).
Albino Iacovone
già Sindaco e
Consigliere della Comunità Montana”Alto Molise”