Il Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere è stato finalmente approvato dopo una lunga gestazione tra polemiche e dubbi su come le Regioni dovranno utilizzare i fondi messi a disposizione- afferma in una sua nota la Consigliera di Parità della Regione Molise Giuditta Lembo così come previsto dall’articolo 5 della legge 119 che nel suo interno prevede norme per il contrasto alla violenza contro le donne. Un momento atteso – continua la Consigliera- per un Piano che è passato di mano in mano e che ha avuto traversie ben prima della sua nascita, con le dimissioni della ex ministra Josefa Idem che fu costretta a passare, , le redini delle Pari opportunità alla viceministra del lavoro, Cecilia Guerra, durante il governo Letta, fino ad arrivare all’attuale Giovanna Martelli, consigliera di pari opportunità del presidente del consiglio, Renzi. Il Piano straordinario ha avuto nella sua incubazione un lungo momento di confronto in un tavolo interministeriale, quello che Josefa Idem aveva ideato come task force sulla violenza contro le donne e che doveva essere, nelle sue intenzioni, un tavolo istituzionale affiancato da un altro tavolo in cui si sarebbero sedute le associazioni che da tempo lavorano in Italia sul fenomeno. Un confronto che la viceministra Guerra ha assottigliato togliendo di mezzo la società civile e invitando solo alcune associazioni. Le stesse che hanno firmano dichiarazioni congiunte contro in Piano appena varato da Giovanna Martelli. DiRe, Telefono Rosa, Udi, Pangea e Maschile Plurale – questi i gruppi che hanno partecipato al tavolo istituzionale e che lamentano che il ruolo dei centri antiviolenza risulta depotenziato in tutte le azioni e vengono considerati alla stregua di qualsiasi altro soggetto del privato sociale senza alcun ruolo se non quello di meri esecutori di un servizio, che la distribuzione delle risorse viene frammentata senza una regia organica e competente e che quindi, non avrà una ricaduta sul reale sostegno dei percorsi di autonomia delle donne, e infine che il sistema di governance delineato nel Piano implica e non garantisce il buon funzionamento di tutto il sistema nazionale e pone inoltre problemi giuridici di coordinamento a livello locale, vanificando il funzionamento delle reti territoriali già esistenti indispensabili per una adeguata protezione e sostegno alle donne. Un comunicato, quello delle associazioni, in cui viene fatto notare sia che il linguaggio del Piano è discriminatorio rispetto al genere, sia che al suo interno non c’è la declinazione al femminile quando si parla di figure professionali femminili, e che la funzione dell’Istat, l’istituzione dello Stato che fino ad oggi ha raccolto, validato ed elaborato i dati sulla violenza di genere, è cancellata dal Piano.
Nelle molte parole del testo, si legge che:” Contrastare la violenza maschile contro le donne richiede necessariamente il riconoscimento del fatto che essa si configura all’interno della nostra società come un fenomeno di carattere strutturale e non episodico o di carattere emergenziale” a supporto di ciò , si citano le Nazioni Unite, la Convenzione di Istanbul, le raccomandazioni Internazionali, si parla di “multifattorialità”, “fenomeno strutturale”, “approccio olistico”, “contrasto allo stereotipo di genere” ma senza dare reali strumenti concreti per un cambiamento profondo, e senza porsi il problema che per attuare una trasformazione così radicale sono necessari finanziamenti adeguati. Il Piano parla di una strategia basata su una governance multilivello, le cui redini sono nelle mani del Dipartimento per le Pari Opportunità per le funzioni centrali di direzione e per coordinare un sistema e la pianificazione delle azioni in sinergia con le Amministrazioni centrali, le Regioni, gli Enti locali e le realtà del Privato Sociale e dell’associazionismo non governativo impegnate nel contrasto alla violenza e nella protezione delle vittime (Centri Anti Violenza). Da una parte, il Piano prevede, il tavolo inter-istituzionale presieduto dalle Pari Opportunità e composto da Interno, Giustizia, Salute, Istruzione, Esteri, Sviluppo Economico, Difesa, Economia, Lavoro, Regioni, enti locali; dall’altro, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, si attiverà un apposito Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza, con il compito di supportare il Tavolo inter-istituzionale, in cui è prevista la partecipazione, oltre dei rappresentanti istituzionali, anche delle Associazioni impegnate sul tema della violenza sulle donne: ci sarà cioè un Tavolo di Coordinamento, costituito da Prefettura, Forze dell’Ordine, Procura della Repubblica, Comuni, Associazioni e gli organismi del Privato Sociale e dell’associazionismo non governativo, ASL/Aziende ospedaliere (operatori dei Pronto Soccorso), Parti sociali, Associazioni di categoria, con la costituzione quindi di una governance politica che controlla tutto, e una governance tecnica di secondo livello, in cui tutti saranno apparentemente sullo stesso piano. I finanziamenti stanziati sono:
10 milioni di euro per il 2013 (Legge 119/2013)
10 milioni di euro per il 2014 (Legge 147/2013)
9 milioni di euro per il 2015 (Legge n.147/2013)
10 milioni di euro per il 2016 (Legge n. 147/2013)
dei quali, nell’ambito delle risorse stanziate di cui sopra e relative agli anni 2013-2015, 29 milioni di euro sono stati così ripartiti
: 13 milioni di euro sono stati ripartiti, in sede di Conferenza Stato-Regioni, tra le Regioni e le Province Autonome per la formazione, inserimento lavorativo, all’autonomia abitativa per le donne vittime di violenza, sistemi informativi relativi ai dati; 7 milioni di euro per la prevenzione; 7 milioni di euro per progetti per sviluppare la rete di sostegno alle donne e ai loro figli e attraverso il rafforzamento dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza, prevenzione, contrasto che, a diverso titolo, entrano in relazione con le vittime; 2 milioni di euro per la “Banca dati nazionale dedicata al fenomeno della violenza sulle donne basata sul genere”. I Centri antiviolenza saranno comunque utilizzati, grazie al Piano nella rilevazione e trasmissione delle informazioni acquisite nel corso delle attività. L’elaborazione sulla violenza contro le donne fa capo al Dipartimento per le pari opportunità attraverso la costituzione di una Banca dati nazionale dedicata al fenomeno, con gruppo di esperti avente il compito di elaborare proposte di progettazione e di sviluppo del sistema informativo della Banca dati. Un Gruppo che avrà il compito, di elaborare proposte di collaborazione con Istat, Istituto che ha sempre svolto egregiamente la sua funzione, e che finirebbe in un rapporto di controllo con il Dipartimento pari opportunità.
Altro obiettivo prioritario è quello di sensibilizzare gli operatori dei settori dei media per la realizzazione di una comunicazione e informazione, anche commerciale, rispettosa della rappresentazione di genere e, in particolare, della figura femminile anche attraverso l’adozione di codici di autoregolamentazione da parte degli operatori medesimi. Si parla di sensibilizzazione e non di formazione specifica, e di un codice di autoregolamentazione e di un gruppo di esperti a cui va delegata una parte molto complessa ed essenziale per la prevenzione della violenza . Un gruppo che si dovrà occupare anche di modificare il linguaggio nella pubblica amministrazione
Sull’educazione- prosegue la Lembo- altra chiave di volta per la trasformazione della mentalità, il Piano parla di educare alla parità e al rispetto delle differenze. Lo stesso Governo provvederà ad elaborare un documento di indirizzo che solleciti tutte le istituzioni scolastiche autonome ad una riflessione e ad un approfondimento dei temi legati all’identità di genere e alla prevenzione della discriminazione di genere, fornendo, al contempo, un quadro di riferimento nell’elaborazione del proprio curriculum all’interno del Piano dell’Offerta Formativa. Ci sarà poi l’opportunità di fare una formazione dei docenti che però non sarà obbligatoria e la possibilità di rivedere i libri di testo sulla base anche dei documenti elaborati dal Gruppo di esperti sul linguaggio di genere (di cui sopra), fermo restando la libertà di scelta e di rispetto dei destinatari dei libri di testo, nonché della libertà di edizione. Per la formazione di chi ha a che fare con le donne che subiscono violenza (un punto fondamentale), a elaborare le linee è stato il tavolo del ministero della Sanità che ha deciso la formazione per tutti e senza distinzione, e il risultato è stato che fermo restando il fatto che la Convenzione di Istanbul impegna gli Stati a porre in essere misure atte a garantire una specifica formazione per le figure professionali che si occupano delle vittime e degli autori di atti di violenza di genere e domestica, il Piano prevede una formazione specifica per operatori e operatrici. Il Piano prevede così formazione per assistenti sociali, educatrici/tori professionali, operatrici/tori socio-sanitari, mediatrici/tori culturali, volontarie dei Centri Antiviolenza, delle Case rifugio, volontarie/i del soccorso, forze dell’ordine, docenti di ogni ordine e grado, ispettrici/ori del lavoro, responsabili di gruppi sociali anche informali e di comunità religiose, consigliere/i di parità regionali e provinciali, operatrici/ori degli Sportelli di ascolto, Operatrici/tori dei servizi per le politiche attive del lavoro, e addirittura Operatrici/tori dedicati alla gestione delle graduatorie per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica: una molteplicità di soggetti senza specificare però né chi fa questa formazione né le sue linee differenziate secondo gli ambiti, ma soprattutto non si fa cenno alcuno a uno dei nodi fondamentali, ovvero la formazione della magistratura , degli psicologi e dei psichiatri, dei medici di base e dei pediatri .Le Linee di indirizzo per la valutazione del rischio nel Piano sono orientative e purtroppo non vincolanti e rappresentano un metodo di valutazione semplificato da mettere a disposizione delle operatrici e degli operatori che si trovano a trattare situazioni di violenza contro le donne, mentre il fattore della valutazione rischio può salvare le donne dal femmicidio. Stessa vaghezza per il reinserimento socio-lavorativo delle donne che escono dalla violenza (chi lo fa? chi ne è responsabile?) Si parla solo di individuazione di un referente e/o un’equipe di professionisti di riferimento della rete. Infine, il Ministero della sanità non raccoglierà i dati sulla violenza. La validità del Piano decorre dal 2015 fino al 2017. Il mio auspicio- conclude la Consigliera Lembo è quello di ottimizzare le risorse a livello locale attraverso una immediata ed efficacia collaborazione interistituzionale al fine di dare avvio nell’immediato all’utilizzo delle risorse assegnate al Molise attraverso attività di prevenzione, sensibilizzazione e formazione sul tema della violenza di genere nonché la previsione di strutturare percorsi di accoglienza e sostegno concreto alle vittime.
Violenza di genere approvato il Piano d’azione straordinario
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