«La cooperativa “Valle del Bonamico”, circa venti anni fa, ha dato avvio ad una serie di iniziative di solidarietà sociale per i giovani nella Locride. Tutte sono state finalizzate a valorizzare le risorse tipiche della bella terra di Calabria, come i frutti di bosco e il vino, con l’allevamento del prezioso maiale nero d’Aspromonte. Le intuizioni e le motivazioni iniziali sono state alte, di grande profilo di reciprocità economica tra il Trentino e la Calabria, capaci così di superare le tante ripetute vessazioni e attentati messi in atto dalla ndrangheta locale ostile da sempre al recupero sociale di giovani e di ex detenuti. Ma non tutti i progetti hanno avuto uguale risultato.
Quello del vino, in particolare, per le sue innate complessità, ha lasciato aperto alcune debolezze economiche, tanto che non siamo riusciti, purtroppo a restituire il debito contratto con COSIS, che è una società partecipata da Fondosviluppo e dalla Fondazione Roma per aiutare le Imprese sociali. La causa principale di tale fatica nella restituzione del debito contratto va riferita a fattori esterni, come le interdizioni antimafia e infondate accuse da cui siamo stati sempre assolti, nonché dai ripetuti attentati di cui siamo stati vittime.
Noi, finché siamo stati lascati in grado di lavorare abbiamo sempre pagato le quote pattuite.
Queste nostre ragioni abbiamo tentato più volte di spiegarle con accuratezza ai nostri interlocutori, perché sicuri della oggettiva impossibilità al pagamento per cause indipendenti dalla nostra volontà.
Con solidale gratitudine, abbiamo ottenuto da Fondosviluppo la piena remissione del debito per la propria quota parte.
Con COSIS, invece, le trattative sono state inconcludenti perché la Fondazione Roma (unica proprietaria di COSIS) ci ha nettamente rifiutato ogni ascolto, con esplicite risposte scritte del suo Presidente, prof. Emanuele Emmanuele.
In data odierna, COSIS, dopo aver voluto il pignoramento dei beni di alcuni soci fideiussori, ha preteso la firma di un atto transattivo, ottenendo il pagamento di una consistente somma da parte di tre professionisti di Locri, che, a loro esclusivo rischio, senza alcun utile proprio e con altre motivazioni solidaristiche, avevano garantito il cammino progettuale a beneficio del territorio.
Nel corso delle trattative, siamo poi venuti a conoscenza che in analoghe situazioni versano alcune altre cooperative, impegnate come la nostra in obiettivi di inserimento sociale di soggetti deboli; anch’esse, purtroppo risultano ugualmente sfortunate perché tartassate da azioni criminali e perciò anch’esse faticano nella restituzione del debito contratto
Concludendo ci permettiamo due riflessioni:
1) da un lato, la speranza che queste cooperative siano trattate con un metro di vera giustizia, “perché non c’è peggior ingiustizia che fare parti uguali tra disuguali” come diceva don Lorenzo Milani;
2) dall’altro, è doveroso chiedersi quali spazi e ruolo abbiano oggi le Fondazioni, in un momento delle crisi finanziarie oggettive delle cooperative sociali, visto che si comportano con la stessa esosità delle banche, tradendo gli scopi statutari e la loro mission originaria.
Raccolgo ed esprimo con fiducia e speranza questa vicenda umana e sociale perché sia di progettualità futura positiva per tutti.
E lo faccio come vescovo già incaricato per un decennio della Pastorale Sociale del Lavoro della CEI e come attuale incaricato della Conferenza Episcopale Abruzzese Molisana, guardando al cuore dei giovani che camminano e lottano, con l’aiuto di Dio, nel solco del Giubileo della Misericordia».
+ padre GianCarlo, arcivescovo