Mercoledì 30 aprile 2014 alle ore 20,30 VEGLIA per il LAVORO “Nella precarietà, la speranza” presso la Chiesa di sant’Erasmo a Bojano. Il tema della veglia, presieduta dall’arcivescovo di Campobasso –Bojano S.E. mons. GianCarlo Bregantini, è tratto dal messaggio dei vescovi della Commissione CEI per i problemi Sociali ed il Lavoro. La veglia si inserisce nel cammino di preparazione per la visita di papa Francesco in Molise, il 5 luglio 2014. Quella del primo Maggio è una giornata di speranza. Così la definiscono i vescovi, per lottare insieme per il lavoro, per riflettere sulla tragedia crescente della crisi che sta vessando la persona umana.
Seguendo le indicazioni di Papa Francesco in Sardegna, la Chiesa esorta a “lottare per il lavoro!” Si chiede un impegno comune, una “particolare empatia” dinanzi ai molteplici e tristissimi drammi sociali che continuano a funestare la terra italiana.
Il richiamo all’empatia implica la “filosofia semplice” del Noi, più volte indicato da papa come strategia di comunione ma anche e soprattutto di coraggio per trovare insieme la forza. “senza lavoro non c’è umanesimo!” Il monito corale dei vescovi in preparazione al convegno di Firenze del 2015 è perentorio: “E’ un costruire sulla sabbia la nostra civiltà. Perché non rispetta la persona. Vittime come siamo di un’economia che ci vuole rubare la speranza, per i sistemi ingiusti che crea, perché spesso il denaro governa invece di servire! E’ una sudditanza agli idoli.” Ecco la Chiesa che si apre al mondo dopo l’annuncio pasquale: la chiesa della testimonianza e del coraggio della testimonianza. Sembra effettivamente di assistere ad una nuova primavera dello Spirito, seminata con tenacia da Giovanni Paolo II che oggi inizia a sbocciare, seppur lentamente, ma con costanza. Il messaggio dei vescovo in occasione del primo Maggio richiama l’Evangelii Gaudium descrivendo una situazione di “esclusione” di chi è fuori, nemmeno in periferia, ma decisamente fuori dalla società: la categoria, sempre più crescente dei “rifiutati”. Il primo Maggio oggi è sempre più attuale in un richiamo alla Speranza che va oltre la precarietà. Oggi la crisi che ha investito la formazione si ripercuote su tutti i livelli sociali. Una scuola che sia vicina agli studenti ma anche attenta ai bisogni formativi attualizzabili. I vescovi, richiamandosi a don Milani ne citano il motto “I care!” mi sta a cuore: la scuola non è noiosa e sterile ma “esigente, esemplare, durissima”. Ma oltre alla formazione, nel messaggio emerge la catechesi del coraggio. Lanciare le reti nel mondo post moderno equivale a osare, rischiare, intraprendere. Ecco il verbo delle comunità cristiane. La provocazione è forte: “Non tenere i denari alla posta o in banca. Ma investirli, guardare avanti, mettercela tutta, perché quei pochi soldi che oggi abbiamo non restino ammuffiti nella buca sottoterra della paura, ma diventino talenti preziosi, investi con coraggio e lungimiranza. Per il Bene comune. Per il futuro dei nostri giovani.” Una Chiesa di testimonianza, una chiesa che ha il coraggio di investire, di uscire, come invita più volte Francesco, nelle piazze, anche in quelle dell’economia, pesantemente viziata dal male del capitalismo. Il terzo punto è il “miracolo” di una nuova economia, sostengono i vescovi, incentrata sulla cooperazione. La logica del noi, in una forma di “solidale reciprocità… L’invito ad essere rete, positiva e propositiva, è fondamentale. Contro quelle reti che ingabbiano, che intrappolano, la rete cristiana è modello di una società a misura d’uomo, vissuta in modo nuovo da cristiani rinnovati nella fede. I vescovi esortano a vivere il primo maggio nell’unità degli intenti, guardando a nuovi “tempi” e non solo a” spazi” che hanno portato ai fallimenti attuali. Le osservazioni conclusive sono racchiuse, a guisa di uno slogan nelle parole: “un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale!” La proposta della commissione per i problemi sociali e del lavoro richiama una problematica di estrema attualità: partire dagli errori commessi per arrivare ad una visione concreta di solidarietà sociale.