Il 15 settembre ho illustrato alla Camera dei Deputati a tre componenti della Commissione Lavoro le emergenze più impellenti del Molise, sollecitandoli ad intervenire sul Ministero del Lavoro a tutela dei 3 mila dipendenti della GAM, dell’ITTIERRE e dell’indotto metalmeccanico, che con il loro licenziamento hanno consentito il riconoscimento dell’area di crisi complessa ai sensi della legge 134/2012, ma ad oggi rischiano di non accedere nemmeno alla proroga degli ammortizzatori sociali. Ho chiesto maggiore attenzione nell’utilizzo di fondi pubblici a tutela di chi ha perso il lavoro per aiutarlo attraverso politiche attive finalizzate alla presa in carico e alla ricollocazione lavorativa, altrimenti gli unici beneficiari dell’area di crisi saranno delle imprese che non avranno alcun obbligo di riassunzione per gli addetti ITTIERRE, GAM e del settore metalmeccanico. Ho sollecitato inoltre il loro intervento sull’INPS Nazionale e sul Ministero del Lavoro per sbloccare i pagamenti della mobilità in deroga riferita all’annualità 2015 in favore di n. 1.744 lavoratori che aspettano da mesi di percepire le indennità a cui hanno diritto per legge. Questa azione di sensibilizzazione istituzionale mira a tutelare poco meno di 5 mila lavoratori molisani che versano in una condizione di disagio e di assenza di prospettive, ma è evidente che l’emergenza occupazionale che vede toccare l’11% di tasso di disoccupazione sul piano nazionale, merita una risposta straordinaria da parte del Governo con politiche mirate, investimenti privati e assunzioni stabili.
Su questi temi, il 13 settembre scorso la segreteria nazionale della CGIL ha presentato un PIANO STRAORDINARIO PER IL LAVORO ipotizzando una terapia shock con 10 miliardi di investimenti pubblici per tre anni capaci di generare nel triennio 1.368.000 nuovi posti di lavoro con una crescita del PIL reale al 5,7% e un tasso di disoccupazione che calerebbe al 4,8%. Secondo le stime della CGIL in Italia dal 2007 si sono persi 1,6 milioni di posti di lavoro e se non si interviene con un PIANO STRAORDINARIO simile al New Deal americano, al Piano Beveridge inglese o alla legge 285 del 1978 in Italia, non si esce dalla palude. Nel 2015 l’area di sofferenza sociale è di oltre 9 milioni di persone tra scoraggiati, disoccupati, partite Iva a basso reddito, finti part-time, cassintegrati, ecc. e le persone in condizione di povertà assoluta sono passate da 1,8 milioni nel 2007 a 4,1 milioni del 2015, per la prima volta dal dopoguerra diminuisce la speranza di vita e le nascite sono al minimo storico dall’unità d’Italia.
La CGIL propone di recuperare 20 miliardi annui dalla tassazione delle grandi ricchezze e un contrasto più forte all’evasione fiscale per finanziare l’assunzione a tempo indeterminato di 120 mila persone nella pubblica amministrazione da impegnare nella sanità pubblica, nel digitale e nella ricerca, più 300 mila occupati per 6 anni e 100 mila occupati per 3 anni. Una proposta forte, argomentata e che sposta l’asse delle politiche del Governo da incentivi generici alle imprese al sostegno ad un progetto di redistribuzione del reddito capace di generare nuova occupazione stabile, nuova ricchezza e nuovo valore aggiunto. Come non condividere integralmente queste proposte. Se si vuole uscire dalla palude della crisi 2007-2015 occorre un mutamento di rotta nelle politiche del Governo per rimettere al centro la priorità del lavoro a partire dal Sud, dai giovani e dalle donne. Rimuovere dall’agenda il tema delle politiche economiche, della crescita e dello sviluppo, lascia incancrenire le emergenze sociali senza tracciare una prospettiva credibile e stabile per le nuove generazioni.
Michele Petraroia