La politica nazionale attende l’esito scontato delle primarie del PD per avviare una nuova fase. Le destre, fiutata l’opportunità di tornare al Governo, limano le proprie differenziazioni e si predispongono a costruire un’unica coalizione già dalle prossime amministrative. In tal modo Forza Italia potrà abbinare la potenziale vittoria della destra unita, con la possibile alleanza post-voto col PD di Renzi per assicurare la governabilità del Paese ed evitare la paralisi delle istituzioni, o la sindrome spagnola con un nuovo ricorso alle urne. Il Movimento 5 Stelle è di gran lunga il primo partito, nonostante le difficoltà della Raggi, i problemi di Genova, Quarto, Livorno o Parma, e continua a guadagnare consensi tra cittadini disillusi, arrabbiati e pronti a scegliere l’unico cambiamento radicale che offre questa stagione politica. Il Partito Democratico il 7 maggio dopo aver restituito la corona a Matteo Renzi con una larga e prevedibile vittoria sugli sfidanti, si presenterà agli elettori come l’unica forza responsabile, europea e riformista, capace di fermare l’avanzata populista antisistema, o il ritorno delle destre al Governo. Pronti ad allearsi col PD o entrare nel listone unico del PD, se resterà l’attuale legge elettorale, ci sono le formazioni ed i movimenti che vanno da Alfano a Pisapia passando per Nencini e Verdini. In questo schema l’unico campo che mostra la corda è quello di sinistra che oscilla tra la sinistra interna al PD che resterà schiacciata da Renzi, così com’è accaduto negli ultimi anni, il movimento di Pisapia pronto a schierare una parte della borghesia illuminata dei migliori salotti milanesi e romani nelle liste del PD per salvare l’Italia dai populismi e dalle destre, e le formazioni di Articolo UNO dei Democratici e Progressisti, Sinistra Italiana, Possibile e altre mille sfumature di rosso, in cui alla pletora dei Generali che a Roma issano i vessilli non corrisponde più un popolo organizzato sul territorio con strutture, sedi, programmi politici e rappresentanza nelle sezioni, nei comuni, nelle scuole e nei luoghi di lavoro. In questo scenario, non occorre scomodare Gramsci, Togliatti o altri numi tutelari della sinistra, per capire con un pizzico di buonsenso che bisogna avviare da subito un processo costituente, come quello prospettato da Pietro Folena, partendo dalle idee e da una piattaforma programmatica unitaria capace di unire i Movimenti, i Partiti e le Forze indisponibili a fare la minoranza priva di voce del Renzismo. Il congresso del PD sancirà in modo netto lo spostamento culturale di quel partito nell’area centrista su posizioni sempre più simili alla DC di Andreotti, Rumor, Gaspari e Forlani, che non per nulla consentiva a Carlo Donat Cattin di avere una corrente minoritaria di sinistra che non superava mai il 5% nei congressi della Democrazia Cristiana. Il punto politico che si pone al cospetto di tutti è se per evitare Grillo, Salvini e Berlusconi, ci si scava una nicchia funeraria nella nuova DC, o se si ha il coraggio di ricostruire la Sinistra rinunciando agli egoismi di parte, ai personalismi eccessivi e alle frammentazioni deleterie. La questione è più complessa di quanto appare perché tocca le valutazioni sull’art.18, sulla scuola, sul fisco, sulla sanità pubblica, sul lavoro, sulla giustizia sociale e sull’Europa, ma rinunciare alla sfida priverebbe di senso ciascun progetto di ogni singola formazione politica di sinistra e spingerebbe i cittadini o a scegliere il male minore della nuova DC, o a farsi irretire dai populismi in salsa leghista o a 5 Stelle, oppure ad ingrossare le file degli astensionisti e del non voto.
Michele Petraroia
Direzione Nazionale Sinistra Italiana