Pietro Colagiovanni*
In premessa una nota metodologica. Ho avviato questa rubrica seguendo le metodologie di valutazione dei singoli vini con le quali mi sono formato. Per questo ho utilizzato una scala in centesimi dietro la quale si cela una complessa elaborazione delle diverse caratteristiche del singolo vino (aspetto, profumi, invecchiamento, componenti gustative ecc). Rispetto agli scopi di questa rubrica ho considerato tale impostazione non perfettamente adeguata. La scala a cento è quella universalmente utilizzata dai professionisti del settore, sommellier in primis. E tra professionisti ed esperti la differenza che passa tra un vino quotato 81/100 ed uno quotato 94/100 è abissale . Lo sanno tutti ed è un sistema perfetto in questo universo. Ma io non mi rivolgo ad un pubblico di esperti o professionisti ma a chiunque sia interessato, incuriosito o si voglia avvicinare alla cultura del vino. Ebbene per una persona normale un voto di 81/100 equivale ad un 8 ed otto è un voto che si pone tra l’ottimo e l’eccellente. Le cose non stanno in realtà così e tradotto nel linguaggio degli esperti 81/100 equivale ad un vino corretto senza particolari pregi, magari solo un bel colore. Si tratta di un vino sufficiente, più che sufficente, ma non ritenuto certo ottimo. Questo un esperto lo sa, il grande pubblico no. Per questo motivo utilizzerò una scala diversa da 1 a 5, la stessa che uso per le critiche cinematografiche che svolgo sui siti del gruppo Terminus. Credo che così sarà molto più semplice capire il mio giudizio, quello che penso io di quel vino. Con un’ultima fondamentale avvertenza. Il giudizio su un vino è frutto di un’esperienza soggettiva e tale rimane nonostante le più approfondite analisi o l’utilizzo di schemi o algoritmi. E quindi un vino che piace a me non necessariamente piacerà a tutti e viceversa. L’unica considerazione che conta è quella di chi si versa un bicchiere di quel vino e lo assaggia. Tutto il resto aiuta, inquadra, contestualizza ma non può mai sostituire la propria esperienza personale
Il territorio: siamo in Sicilia, terra splendida, in cui la cultura materiale, del cibo, del vino esplode in un caleidoscopio di colori, di sapori, di miscelazioni benedette dal sole. La Sicilia è uno dei posti più belli al mondo ed anche nel settore vitivinicolo ha avviato un importante sforzo verso la qualità che sta portando frutti importanti. Siamo nella Sicilia sud orientale, con la città di Vittoria a fare da epicentro della produzione di questa Docg, peraltro l’unica Denominazione Controllata e Garantita dell’isola. Il territorio di produzione si espande in tre province: Caltanisetta, Catania e Ragusa. Nel territorio di produzione c’è anche Caltagirone, famosa per le sue splendide ceramiche (il vaso nella foto è proprio di Caltagirone). L’azienda Nicosia, un’azienda storica che ha puntato sull’innovazione e sulla rinascita del vino siciliano ha sede sulle pendici dell’Etna, a Trecastagni (ho provato un loro Etna Bianco molto buono) e produce il Cerasuolo a Vittoria, in contrada Bonincontro.Vittoria (oltre 60.000 abitanti, provincia di Ragusa) è una città a forte vocazione agricola al centro dell’omonima piana. La zona, molto fertile, è stata abitata sin dall’antichità ma ufficialmente la città di Vittoria nasce il 24 aprile del 1607 grazie alla contessa Vittoria Colonna Henriquez Cabrera. Nella zona sud della città c’è una riserva naturale del Pino d’Aleppo, che qui, grazie a temperature confortevolie miti trova un habitat decisamente adeguato.
I vitigni: il Carasuolo di Vittoria è un blend di due vitigni siciliani il Nero d’Avola (60%) e il Frappato (40%). Il Nero d’Avola non ha bisogno di presentazioni, è l’uva con cui negli anni si è identificata la produzione vinicola siciliana ed è l’emblema, internazionalmente riconosciuto, della sua rinascita. Non è coltivato solo in Sicilia ma in Sicilia ha conosciuto il suo exploit. Il vitigno è caratterizzato da buona acidità ed un carattere molto forte, cosa questa che lo porta spesso ad essere abbinato ad altri vitigni, come nel caso del Cerasuolo. Il Frappato,vitigno di origine incerta, viene oggi coltivato solo in Sicilia, specie nelle province di Ragusa e Siracusa. E’un vitigno che dà origine a vini molto profumati e l’abbinamento con il Nero d’Avola ne aumentà la corposità.
Il vino: Hybla è un Cerasuolo di Vittoria del 2017. Matura in acciaio e per qualche mese in tonneaux, ossia botti di legno di 500 litri di capacità. Il colore è rosso rubino delicato. I profumi sono abbastanza intensi e predomina, in modo chiaro ed evidente, la frutta rossa o meglio proprio la ciliegia, la cerasa della denominazione, con una leggera nota minerale sullo sfondo. Al sorso abbiamo un vino con un corpo non esagerato, con tannini non molto aggressivi e con una buona morbidezza. Predomina però in modo significativo la componente fruttata, che già all’olfatto aveva segnalato la sua determinante presenza. Questo incide sul complessivo equilibrio del prodotto, troppo spostato su questa connotazione. Il vino è comunque corretto e si abbina bene con piatti di carne rossa o anche a piatti tipici siciliani, anch’essi con forti profumi, come la caponata di melanzana.
Valutazione: 3/5
Prezzo medio: 15 euro
Rapporto qualità/prezzo: corretto
* fondatore del gruppo Terminus, comunicatore, sommellier Ais
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