Dopo sette anni di recessione, finalmente sembra che alcuni importanti indicatori dell’economia virino in positivo: cresce l’occupazione seppur meno di quanto sarebbe auspicabile e non ovunque, il Pil pare riaversi, l’export tira, la produzione da segni di vita, cresce la richiesta di mutui, le immatricolazioni delle auto ripartono, ricominciano gli investimenti in macchinari e scattano finalmente all’insù molti indici di ripresa. E’ una crescita che ha ancora tante zone d’ombra, ma qualcosa sta succedendo.
Il settore agro-alimentare arriva a questo appuntamento avendo reagito meglio dell’insieme della manifattura alla crisi più dura che ha colpito il paese dopo la seconda guerra mondiale. Secondo quanto risulta dai dati di Federalimentare il tasso di crescita del fatturato dell’industria alimentare è stato dal 2007 al 2013 pari al 3,87%. Ogni comparto ha avuto performance differenti e i tassi di crescita più elevati hanno interessato i settori carni, condimenti, dairy (derivati del latte), gastronomia e pasta. Per quanto riguarda la redditività, il rapporto Ebitda/vendite si attesta su una media dell’8,51% con valori superiori al 9% nel biennio 2009-10. Anche in questo caso performance differenti tra un comparto e l’altro: per carni, salumi e olio di oliva i margini aziendali sono stati erosi sia a causa della maturità del business, sia dalla forte competizione sui prezzi. L’export del settore, poi, viaggia a velocità doppia rispetto al Paese: in dieci anni il suo valore è cresciuto dell’83,8% praticamente il doppio rispetto al totale dell’export italiano (+46,1%) e se nel 2004 esportavano all’estero 2 industrie su 10, oggi un’industria agroalimentare su due produce anche per i mercati esteri. L’Italia alimentare inoltre, anche grazie ad un più alto posizionamento di prezzo dei nostri prodotti, realizza più valore aggiunto: 24 miliardi contro gli 11 della Germania.
Ma questo non è solo l’anno in cui l’Italia sembra uscire dalla crisi, questo è anche l’anno dell’Expo, che è una vetrina apprezzata per il nostro made in Italy agro-alimentare.
E’ significativo che nei primi due mesi dell’esposizione oltre 700 buyer esteri abbiano portato a termine riunioni di affari con le 4.430 aziende presenti nel sistema agro-industriale italiano, 33 capi di Stato e di Governo e oltre 60 Ministri dell’agricoltura abbiano visitato Expo accompagnati da uno stuolo di delegati e rappresentanti commerciali. Nel mondo si moltiplicano i segnali di apprezzamento per il nostro agro-alimentare. Ogni anno 1,2 miliardi di persone comprano un prodotto agro-alimentare del nostro paese.
In questo momento straordinario per le imprese del settore, si è aperta la trattativa per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dell’industria alimentare.
Il Sindacato ha avviato, in modo unitario, questo negoziato con spirito di responsabilità e buon senso, forte di un sistema di relazioni sindacali costruito nel tempo che ha sempre consentito di individuare equilibri e soluzioni avanzate. Un impegno che nelle scorse settimane ha visto Cgil, Cisl e Uil del settore definire, insieme alle controparti industriali, 19 contratti di gruppo delle aziende più importanti del Paese.
La piattaforma per il rinnovo del contratto, predisposta da Fai-Flai-Uila, è stata costruita proprio su questa consapevolezza e guarda al futuro proponendo nuovi fronti negoziali e nuove scelte strategiche. “Abbiamo proposto scelte fortemente inclusive – commenta la Uila nazionale – quando parliamo di comunità di sito e quando chiediamo più diritti, più tutele e più formazione per chi lavora nella stessa azienda. Vogliamo un contratto che valga per tutti e, per questo, chiediamo di poter svolgere assemblee anche nelle aziende che hanno meno di dieci dipendenti o la costituzione dei Rappresentanti di bacino. Chiediamo, in caso di cambio appalto, la garanzia della continuità occupazionale. Ci preoccupiamo che nessuno resti indietro, anche quando il lavoro è precario e per questo vogliamo ridefinire la disciplina dei rapporti di lavoro a tempo determinato, messa a rischio dal Jobs Act. Vogliamo un contratto nazionale che duri quattro anni affinché la contrattazione di secondo livello possa svolgere appieno la sua efficacia. Chiediamo che la nostra bilateralità, già valida e importante, si arricchisca di una nuova opportunità: un fondo mutualistico a totale carico delle imprese che integri la NASPI per chi viene licenziato a due anni dalla pensione.”
Il Sindacato ha chiesto un aumento salariale medio di 150 euro legato alla crescita del Pil del paese per i prossimi quattro anni. “Agganciare la crescita delle retribuzioni all’inflazione – argomenta la Uila – aveva un senso quando era necessario tenerla bassa. Oggi il nemico da battere è la deflazione e l’obiettivo da perseguire è che i consumi interni tornino a crescere. L’aumento salariale servirà, inoltre, a ridurre almeno in parte le diseguaglianze cresciute a dismisura in questi anni di crisi.”
“Anche per il nostro Molise questi segnali positivi relativi al settore economico dell’agroalimentare e queste iniziative sindacali sul versante del contratto di comparto qualcosa suggeriscono – commenta Tecla Boccardo, leader della UIL molisana – Occorre puntare sull’agricoltura di qualità, che assicura buona e stabile occupazione, si devono aiutare le imprese dell’alimentare a sviluppare la loro attività in modo rispettoso dei diritti dei lavoratori, dei consumatori e dell’ambiente. Bene ha fatto il Molise ad essere presente con uno stand all’Expo ed a esibire lì le eccellenze agricole e alimentari del nostro territorio. Si deve, però, fare di più, oggi e per la prospettiva. Per programmare e utilizzare proficuamente i Fondi comunitari per il Programma di Sviluppo Rurale, per fare in modo che la campagna bieticolo-saccarifera appena avviata non sia l’ultima della lunga storia dello zuccherificio del Molise, per cogliere le opportunità dell’area di crisi nell’attrarre seri investitori interessati alla ripresa della produzione avicola.”
“Il Molise che vuole, anch’esso, avviarsi fuori dalla crisi economica, produttiva, occupazionale e sociale – chiosa la Uil molisana – deve guardare all’agricoltura ed all’industria dell’alimentare come un volano. Magari non il solo (c’è anche l’edilizia, c’è anche l’auto, c’è anche la pubblica amministrazione, la ricerca, la scuola, …) ma certamente quello che presenta in questo momento maggiore vivacità e dinamicità.”