Il 2019 è stato l’anno dei record per il turismo in Italia: con 131,4 milioni di arrivi, 436,7 milioni di presenze e una crescita del 2,6% sull’anno precedente, arrivando a occupare circa 4,2 milioni di persone, una miniera d’oro per il nostro Paese, e un asset economico che prima della pandemia pesava il 13% del Prodotto interno lordo.
In Italia prima della pandemia erano presenti circa 33 mila alberghi, per oltre 2,23 milioni di posti letto, 183 mila esercizi extra alberghieri, numeri in costante crescita dal 2010 fino a poco prima della pandemia, con forte aumento della presenza di turisti stranieri.
Nel 2019 la spesa del turismo internazionale era cresciuta del 6,6% e si era registrato un aumento dei pernottamenti del 4,4%, stesso incremento era stato rilevato dai dati sugli arrivi aeroportuali che avevano chiuso i primi 11 mesi 2019 con un +4% di passeggeri totali.
Bastano questi dati per capire l’impatto del Covid-19 sul settore, i cui disastri sono stati fotografati da un rapporto dell’Istat che nei primi nove mesi del 2020 ha registrato presenze nelle strutture turistiche più che dimezzate.
Durante i primi nove mesi del 2020, in Italia, c’è stato un calo del 50,9% delle presenze di turisti negli esercizi ricettivi, si tratta di 192 milioni di presenze in meno, questi dati evidenziano la gravità della crisi del turismo interno generata dall’emergenza sanitaria, dopo anni di crescita costante.
Nei primi nove mesi del 2020 si registra un calo del 68,6% delle presenze di turisti stranieri in Italia, nonostante la riapertura delle frontiere dopo il lockdown, le presenze di stranieri continuano a registrare flessioni molto negative, con un trimestre estivo che riesce a realizzare solo il 40% delle presenze di clienti stranieri rilevate nel 2019.
Nei mesi del lockdown dall’ 11 marzo al 4 maggio la domanda e le presenze nelle strutture ricettive si sono quasi azzerate, sono state appena il 9% di quelle registrate nello stesso periodo del 2019, in particolare, il calo delle presenze è stato pari a -82,4% a marzo, a -95,4% ad aprile e a -92,9% a maggio , la variazione, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, è pari a -91,0% con una perdita di quasi 74 milioni di presenze, di cui 43,4 milioni di clienti stranieri e 30,3 milioni di italiani.
Nel trimestre luglio-settembre le presenze totali di turisti sono state il 64% di quelle registrate l’anno precedente, con una perdita di più di 74,2 milioni di presenze, i pernottamenti dei clienti italiani raggiungono poco piu’ dell’86% di quelli rilevati lo scorso anno, quelli relativi ai clienti stranieri appena il 40%.
Nelle grandi città, i 12 comuni italiani con più di 250 mila abitanti, si è registrata una flessione delle presenze nei primi 9 mesi del 2020 pari al -73,2% e un andamento peggiore rispetto alla media nazionale (-50,9% rispetto allo stesso periodo del 2019).
Per i comuni a vocazione culturale, storico, artistica e paesaggistica la diminuzione è del 54,9%, per quelli con vocazione marittima è del 51,8%. I comuni a vocazione montana, invece, registrano un calo inferiore alla media nazionale (-29,3%).
Il governo nella finanziaria ma soprattutto nella redistribuzione dei fondi Europei dell’importanza dell’industria turistica sembra non averne tenuto conto, speriamo si recuperi.
Alfredo Magnifico