Trivelle: perchè la Regione Molise ha deciso di non sollevare un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale?

Centralità del ruolo delle Regioni, salvaguardia dell’ambiente e delle ricchezze naturali, tutela del turismo, della pesca e del sistema marino, partendo da questi presupposti il Consiglio regionale del Molise lo scorso 22 settembre aveva approvato la richiesta di referendum abrogativo di un articolo dello “Sblocca Italia” e di cinque del decreto “Sviluppo”, così come fatto anche da Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria e Campania.
La volontà dei dieci Consigli regionali era quella di dare ai cittadini la possibilità di esprimersi su una tematica che riguarda da vicino la propria salute e il proprio benessere, preservandolo dai gravi rischi connessi alle attività estrattive di idrocarburi, quali l’inquinamento dell’acqua e dell’aria, il rischio sismico, ma anche tenendo ben presente il danno al nostro patrimonio turistico, archeologico e storico.
Questione tornata con forza alla ribalta a seguito della pubblicazione del Decreto n. 176 del 22 dicembre 2015, con il quale il Ministero dello Sviluppo Economico ha concesso alla Petroceltic il permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi convenzionalmente denominato «B.R274.EL », ricadente nel Mar Adriatico, in una zona di 373,70 km2, a fronte di un canone annuo anticipato di € 5,16 per km2 di superficie; di fronte alle numerose polemiche nate a seguito della suddetta concessione il Ministro Guidi ha specificato come un’eventuale perforazione non potrebbe essere autorizzata se non sulla base di una specifica valutazione di impatto ambientale.
Un decreto, è bene ricordare, la cui firma è arrivata poche ore prima dell’approvazione definitiva al Senato della legge di Stabilità, avvenuta il 23 dicembre, che all’art. 1, comma 239 ha previsto la modifica dell’art. 38 del Decreto Legge 133/2014 riguardo il divieto di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi nelle zone di mare poste entro 12 miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale, prorogando però fino alla durata della vita utile del giacimento le concessioni già rilasciate.
Anche se il Ministro Guidi ha parlato di polemiche pretestuose e infondate, appare evidente come, ancora una volta, le Regioni siano state in parte private del loro ruolo di partecipazione e programmazione del territorio, nonostante un’iniziativa referendaria che, senza colori politici, ha coinvolto dieci Consigli regionali e interessato molto da vicino i cittadini.
La nuova norma prevista dalla Legge di Stabilità ha comportato il riesame dei quesiti referendari da parte dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione, lo stesso che il 26 novembre scorso ne aveva dichiarato la conformità alle disposizioni legislative, che nell’ordinanza depositata lo scorso 8 gennaio 2015 ha stabilito che ora solo uno di essi mantiene i necessari presupposti, quello concernente le misure del decreto Sviluppo sulle attività petrolifere entro le 12 miglia dalla costa, dato che la Legge 28 dicembre 2015, n. 208 fa salvi i permessi e le concessioni già rilasciate allungandone altresì la durata, mentre sono stati dichiarati inammissibili i referendum che investono le norme dello Sblocca Italia.
Non si può restare impassibili di fronte a tutto ciò, perché gli scenari che si aprono ai nostri occhi non lasciano presagire nulla di buono per il futuro, esponendo il nostro mare al possibile rischio di trivellazioni che potrebbero distruggere l’eco-sistema marino.
Il Consiglio regionale del Molise nella seduta del 12 gennaio 2015 ha approvato un ordine del giorno con il quale si impegna il Presidente del Consiglio regionale, o suo delegato, a partecipare alle riunioni dei delegati regionali del referendum invitando il Governo nazionale ad annullare le autorizzazioni concesse il 22 dicembre, mentre riteniamo sarebbe stato più opportuno seguire la strada intrapresa da Basilicata, Veneto, Puglia, Marche, Liguria e Sardegna, che hanno firmato la procura per sollevare un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale; perché la Regione Molise ha deciso di non intraprendere questa strada? Si è scelto forse di non aprire un contenzioso con il Governo solo per mere questioni partitiche?
Di certo non può essere rassicurante la fiducia espressa dal Presidente Frattura, che ha parlato di “tutela del mare”, di “dialogo costruttivo con il Governo”, perché solo sollevando il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale potrebbero essere annullate le due modifiche legislative apportate dal Governo Renzi e sarebbe ripristinata la vecchia normativa, ovviamente se la stessa Corte ammetterà il conflitto e deciderà che vi è stata effettivamente elusione dei quesiti sulla durata dei titoli e sul piano. In questa maniera il referendum potrà essere celebrato su tre quesiti: il mare, la durata dei permessi e delle concessioni e il piano delle aree.
Una questione molto delicata che non deve assolutamente essere trascurata, sulla quale è chiamata a esprimersi il 19 gennaio la Corte Costituzionale, una decisione che potrebbe segnare per sempre il futuro dei nostri mari e delle nostre coste.
( nota con prima firmataria la consigliera Fusco e sottoscritta dall’intero centrodestra in consiglio regionale)

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