di Stefano Manocchio
Periodicamente, in questa serie di interviste sportive, mi soffermo su un ricordo personale del personaggio; così sarà anche per Bruno Petti. Mi è capitato da ragazzo di essere convocato per la preparazione precampionato, non con la mia squadra ma con con quella della categoria superiore, che aveva appena vinto il campionato con in panchina il compianto Ugo Storto; lo stesso, nell’attesa dei nuovi acquisti e visto che altri erano provvisoriamente tornati a casa o non erano stati riconfermati, si trovò con cinque-sei giocatori disponibili e diede ad un gruppetto di ragazzotti che giocavano nelle altre squadre della città la possibilità di provare il ‘brivido’ di confrontarsi con quelli più forti, seppure per un mese o poco più. Ma prima degli schemi c’erano da affrontare gli allenamenti di atletica, tenuti appunto dal ‘temuto’ Bruno Petti. Quando me lo disse l’interlocutore neanche lo nominò e venni a sapere che la preparazione atletica l’avrebbe garantita ‘quello della presciistica’; la presciistica’ era considerata la regina delle preparazioni atletiche, quella che spezza la schiena. Alla fine quello che era considerato la versione sportiva e laica del Torquemada si rivelò naturalmente un’ottimo preparatore atletico e ci congedò dandoci una forma fisica perfetta. Quando l’ho detto all’interessato, ha minimizzato, perché per lui trattare ai massimi livelli tre o quattro discipline è cosa normale. Del resto ha trascorsi sportivi d’eccellenza: è stato vice campione d’Italia di pallamano
Parliamo un po’ del passato
“Vengo dalla scuola di Vittori, ho avuto la fortuna di conoscerlo ed è stata una grande fortuna per me acquisire tanto dai suoi insegnamenti; la Scuola dello sport è importante, poi ho partecipato a convegni ovunque, ho insegnato all”Università ed ho imparato vita morte e miracoli della preparazione fisica. Un’altra figura importante è stata Carmelo Bosco, il fisiologo più importante d’Italia, che dalla Finlandia portava grandi novità e noi con lui e Vittori siamo stati Maestri di sport all’avanguardia. Ho curato la preparazione atletica di tennisti anche importanti, la Fisi (sci, ndr) mi voleva come preparatore della Nazionale femminile, ho girato il mondo ed ero nell’elìte, ma la vita mi portava ad essere lontano dalla famiglia e dagli amici. Ho scelto di restare nella mia terra ed è stata una scelta consapevole; non tornerei indietro anche se ho rinunciato a molto: è un pò come il titolo del mio terzo libro, che pubblicherò a breve ‘la scelta’ “.
L’esperienza nel basket?
“Ho giocato con Mossolino come allenatore (che anche io, per inciso, ho avuto come mister nella mia esperienza con il basket a Bojano); l’ho rispettato molto e lui dava strategia alla squadra. Ho collaborato con Ugo Storto, Montano e Contini, subentrando al compianto Tonino Bussone e ho dovuto preparare giocatori del calibro di Grasselli, Campiglio, Servadio, Mossali, Romito, Cardinale e molti altri, fino alla B d’eccellenza.
Con Riccardo Bocci ho avuto un grande rapporto di rispetto e amicizia perché lui sapeva di basket ed io ho imparato molto; Montemurro invece era forte sui fondamentali”
Il rapporto con i giocatori?
“Grasselli il primo giorno mi disse che in America la preparazione atletica non si faceva ma si giocava; capii subito che una delle cose più impegnative per me sarebbe stato convincerli al sudore della preparazione atletica. I giocatori, in tutti gli sport, pensano solo all’attrezzo, sia esso la racchetta o il pallone in mano e la preparazione senza attrezzo non piace; pensa come ci sentiamo sapendo che loro non vogliono allenarsi. Il ruolo del preparatore atletico è duro anche a livello psicologico ed ha anche una componente psicologica da trasmettere a loro per farli impegnare; se non c’è riscontro sei finito, ma direi che ci sono riuscito bene”.
Raccontiamo qualche episodio
“Martinoia portò a Campobasso Gatto e Pastorello e quest’ultimo non aveva voglia di lavorare senza pallone, ma alla fine mi ha chiesto dei programmi d’allenamento. Vandoni era un grande tecnico, ossessionato dagli schemi; un giorno però Fuss (che era alto 2 metri e 20, ndr) lo rimproverò dicendo che loro non ci capivano niente e lui si inibì e cambiò completamente metodi. Io voglio ricordare anche la mia amicizia proprio con Tonino Fuss, l’ho aiutato moralmente. Quando si allenava era convinto di dover soffrire e non si riusciva a fargli capire che invece ci volevano anche i tempi di recupero”.
Il basket certo richiedeva molto impegno
“Contemporaneamente ero preparatore anche della squadra di San Severo, e avevo anche tennis, pallavolo e presciistica. Ci vuole metodo e si può fare quello che sembra impossibile”.
Un ricordo della Campobasso sportiva di allora
“Era una città competente di basket anche più del calcio ed era un continuo di passione e interesse per le sorti della squadra. Le piccole realtà a livello federale erano snobbate e noi abbiamo fatto cose eccezionali”.
E della società vogliamo parlare?
“Ho difficoltà perché sono condizionato per i rapporti stretti che ho avuto con tutti. Con Varrone e i fratelli Di Vico c’è un rapporto fraterno”.
Esperienza finita con lo sport campobassano: perché?
“Non c’è niente, fatta eccezione per la Magnolia che ha fatto le sue scelte. Io non ho rimpianti ho fatto tutto bene; ho avuto riscontro”.
Può tornare il grande basket a Campobasso?
“Non credo; in federazione non c’è una storia tale da creare interesse o considerazione e dopo i lustri del passato c’è stata una regressione e il livello è calato. Campobasso è una città che si interessa solo se la squadra naviga nei posti alti, altrimenti il pubblico perde interesse; ci sono problemi con i costi lievitati”.
E’ un problema solo molisano?
“E’ un problema italiano, nato quando la politica ha deciso di privatizzare le federazioni; tutto è aumentato e nelle federazioni i tesserati sono gli amatori, le società non possono sopportare i costi ed aumentano i tesseramenti, aumentano i debiti e si perde di vista l’attività più importante, quella del vivaio. Solo un dato: nel 2020 l’Italia è all’ultimo posto in Europa a livello di attività motoria e il Molise è all’ultimo posto in Italia. Ho detto tutto”
E’ stata un’intervista molto tecnica e intensa, che comunque mi ha riportato alla mente fatti e nomi del passato, che è poi l’obiettivo stesso di questa rubrica sportiva e di questo ringrazio Bruno Petti.
Ringrazio il Comitato Regionale del Molise dell’Associazione Nazionale Stelle e Palme al Merito Sportivo che, nella persona di Michele Falcione, mi sta dando un grande aiuto nel contattare i personaggi che poi andrò ad intervistare.
Time Out si concede una pausa estiva: torneremo a settembre con nuove idee ed altre interviste ai personaggi della stagione d’oro del basket maschile campobassano.