di Stefano Manocchio
Sarebbe facile iniziare questo articolo-intervista tessendo le lodi e citando le (molte) gesta cestistiche di Renato Castorina; invece voglio elaborare l’incipit con un ricordo personale, che ai più sembrerà ininfluente ma nella mia memoria ha un valore.
Era, se non vado errato, il 1986 ed ero a parlare con una persona nell’androne del Distretto militare di Campobasso; vidi che all’interno del cortile c’era Castorina, di cui io già seguivo le imprese sportive, da tifoso e (quasi ex) praticante la disciplina cestistica. Lui palleggiava e tirava a canestro (un ‘cesto’ mobile provvisoriamente installato a parete a ridosso del porticato). Entrai, mi presentai e lui, dopo un saluto gentile, mi passò subito la palla; seguirono dieci minuti di altruismo da parte sua, visto che limitò al massimo i tiri a canestro (ma furono tutte realizzazioni di livello alto) e favorì le mie azioni (tiri, palleggi e terzo tempo). Lo salutai felice come una Pasqua, ringraziando. Il tratto gentile e altruista è emerso anche durante questa intervista.
Veniamo al dunque. Renato Castorina è nato il 15 ottobre 1959 a Napoli ma dopo un mese era già a vivere a Messina, dove ha trascorso tutta l’adolescenza, prima di spostarsi per dedicarsi al basket. Ha avuto esperienze importanti ed altre ancora maggiori avrebbe meritato, come in una precedente intervista ha precisato Stefano Pizzirani, altro grande giocatore oltre che suo amico.
Quale il bilancio dell’esperienza cestistica maturata finora?
“Le tappe sono state tutte esperienze importanti, compresa quella a Campobasso con le Foreste Molisane del presidente Di Placido e con Sergio Contini come allenatore, come importanti sono state le esperienze in Abruzzo ed il ‘ritorno’ a Campobasso in serie B (la cosiddetta B2) con Maurizio Martinoia in panchina”.
Riocrdi di fatti e persone: ne vogliamo citare qualcuno?
“Certamente i fratelli Di Vico, Gino ‘canestro’ (Gino De Vivo per gli amici anche ‘Julius’ come il grande doctor ‘J’ Erving, ndr), Amoroso, Fiorilli, naturalmente il presidente Di Placido e Fabio Ladomorzi. Tra i giocatori sarebbero troppi i nomi da fare: certamente quelli ‘noti’ sono Mossali, Servadio e Campiglio. Poi ci siamo anche incrociati con Sabbatelli e Filipponio, che certo allora erano ancora dei ragazzini. Ho sentito molto palare del compianto Ugo Storto e so che ha dato molto al basket campobassano”.
Con alcuni di loro ha continuato ad intrattenere rapporti di amicizia?
“Ho continuato a rimanere in contatto con Basso Lanzone e voglio citare un aneddoto che riguarda invece Luca Weidmann. Era l’anno che andammo in B ed a bordo campo c’era un ragazzo giovane che accompagnava una persona in carrozzella, alla quale a fine partita ho consegnato la mia canotta di gioco; l’accompagnatore era Weidmann, che poi negli anni ho incontrato più volte, anche perché lui è stato arbitro e io sono formatore di federazione degli allenatori. Il rapporto tra allenatori e arbitri può essere trasparente se c’è serietà e correttezza reciproca: a tal proposito, parlando dell’ambiente campobassano, voglio citare Michele Falcione, con cui sono rimasto in contatto, perché è una persona di estrema correttezza, appassionato del basket con cui si può parlare con libertà anche quando i giudizi possono essere differenti. Lui è stato la mente lucida della bella manifestazione organizzata a Campobasso nel 2012, con la partita tra le ‘vecchie glorie’: un evento bello e importante per la città ed un’occasione di incontro tra tanti amici del passato”.
Vogliamo parlare anche della tifoseria rossoblù ?
“In quegli anni è stata eccezionale. Il Palavazzieri sempre pieno, ad un certo punto furono aggiunte anche nuove tribune. Voglio rivolgere un grande saluto alla città ed ai campobassani”
Lei è rimasto nell’ambiente anche come allenatore in Abruzzo
“Alleno la Amatori 1976 di Pescara ( in C Gold), ho allenato a Campli e a Chieti ho avuto come presidente un’altra gloria rossoblù, Enzo Milillo.”
Può tornare il grande basket maschile a Campobasso?
“Certamente ci sono i presupposti e le potenzialità: ci sono le risorse economiche e anche le persone giuste per raggiungere obiettivi importanti”.
Lei ha più dato o avuto da questo sport?
“L’uno e l’altro. Sono grato al basket per quello che mi ha dato, solo con un piccolo rammarico: la Viola di Reggio Calabria mi voleva in serie A, ma la società non mi volle cedere. Va bene anche così”.
Siamo sicuri che Castorina nel massimo campionato avrebbe ben figurato, con la serietà e l’umiltà che lo contraddistingue e che è emersa anche in questa intervista.
Ringrazio il Comitato provinciale di Campobasso dell’Associazione Nazionale Stelle e Palme al Merito Sportivo che mi sta dando un grande aiuto nel contattare i personaggi che poi andrò ad intervistare.