di Stefano Manocchio
Tra gli intervistati in questa rubrica ci sono, come è giusto che sia, alcuni che evocano ricordi forti e per questo motivo sono rimasti impressi maggiormente in mente. Ho già detto di Pizzirani, che è il ‘nome’ per vedere il quale non potevo mancare alle partite nella ‘palestra’ scolastica in cui giocava allora la squadra campobassana; e poi Castorina di cui ho ricordato un simpatico episodio, poi tutti gli altri e su ognuno c’è qualche aneddoto da raccontare, anche se casomai è più sfumato. Quando ho saputo che ci sarebbe stata la possibilità di intervistare Maurizio Martinoia mi è tornato alla mente il ricordo della foga con cui spronava i giocatori, si agitava a bordo campo, protestava con gli arbitri (civilmente) per il canestro annullato o il fallo commesso dall’avversario e non fischiato, le pacche sulle spalle ai giocatori che rientravano in panchina e tanti altri eventi. Non a caso quando un altro intervistato, Luciano Di Vico, ha detto che Martinoia tra tutti quelli transitati a Campobasso era stato “quello più vicino ai giocatori” l’ho mentalmente confermato immediatamente.
Martinoia arrivò a Campobasso da giovanissimo allenatore delle Forze Armate e con la Stelle Marine di Ostia è arrivato fino alla B2 maschile e più volte alla promozione in A2 femminile; con le Forze Armate aveva vinto la B2 e conosceva già alcuni dei giocatori campobassani. Con i rossoblù si trovò ad affrontare la serie B nel campionato 1986/87 e nel capoluogo molisano ha assaporato anche i fasti della ‘B1’ (uso la descrizione ‘tradizionale) .
Quali i primi ricordi di quel periodo?
“Eravamo un bel gruppo coeso; i rapporti con la dirigenza, con i fratelli Di Vico, Varrone, il presidente Di Placido erano ottimi; era una società che creava un clima familiare e tutti i giocatori davano il massimo. Puntammo a non giocare con pivot puri, ma con esterni veloci e tutto procedeva con ordine e in sintonia; ho allenato nel settore giovanile e mi piace lavorare con tranquillità. Per me la parte psicologica nel rapporto allenatore-giocatori è fondamentale e ci vuole feeling. Per fare un esempio, a Rieti ho trovato un ambiente diametralmente opposto; la società aveva conosciuto la serie A, aveva visto allenatori ‘mitici’ quali Elio Pentassuglia e Cardaioli; questo era un tecnico incredibile, un maestro della pallacanestro dal punto di vista tecnico-tattico, ma con lui i giocatori erano come paralizzati ed avevano soggezione. Il Palasport era sempre pieno, tutti dovevano sapere quello che si faceva, il pubblico veniva a vedere anche gli allenamenti, e si doveva rendere conto di tutto a tutti e si era sempre sotto osservazione. A Campobasso giocavano in maniera tranquilla ed ero tranquillo anch’io ed il rapporto con la dirigenza era molto facilitato.”
Tutti gli intervistati hanno sottolineato il seguito che aveva la squadra in quel periodo.
“E’ stato incredibile: un entusiasmo ed un grado di passione irripetibile, un tifo puro e sano che mi è rimasto per sempre nel cuore. Lo spareggio a Battipaglia non lo dimenticherò; già prima di arrivare al palazzetto c’era una fila incredibile e quel tifo dava una voglia di giocare e vincere mai vista. Difficilmente si potrà ricreare quel clima a prescindere dai risultati che otterranno le squadre campobassane anche in futuro; era particolare e unico e lo ricordo ancora, ogni giorno. Nel 2012 sono tornato in città per la partita delle ‘vecchie glorie’ ed ho rivisto tutti: è stata una grande partita ed una grande emozione. Quando siamo ripartiti mi si è stretto il cuore. Ho saputo della morte di Mario (Mario De Santis storico massaggiatore del Campobasso calcio e Nuovo Basket Campobasso detto “Mariettino”) e voglio ricordarlo con un simpatico episodio. Fu l’unico a dormire nel viaggio da Pordenone e arrivati a destinazione disse: “Ora ci vorrà una settimana per recuperare il viaggio”. Lo ricordo con tanta simpatia e mi è dispiaciuto apprendere la triste notizia”.
E della città che possiamo dire?
“Campobasso era un’oasi felice: tutti mi volevano bene e al mio matrimonio sono venuti tutti. Siamo andati aldilà dell’aspetto sportivo e ricordo ancora anche i locali che si frequentavano, dal bar Lupacchioli al ristorante ‘da Mario’. Quando sento dire ‘campuasce’ mi emoziono”.
Cosa è successo dopo l’esperienza campobassana?
“Ho continuato con lo sponsor Delizia, a Pescara, poi loro non hanno inteso continuare con la sponsorizzazione. Sono andato a San Severo, a Rieti, Benevento. Poi l’esperienza con le Stelle Marine a Ostia, l’incredibile risultato del titolo italiano under 14 maschile, nel 2005 a Bormio e nel settore femminile altri grandi risultati, ma anche l’amarezza perché per ben due volte la società ha rinunciato alla A2 dopo che con grandi sacrifici avevamo ottenuto la promozione, anche contro i pronostici. Allora ho lasciato”.
E adesso?
“ Ho una gelateria ad Ostia, che si chiama proprio ‘Time out’ ed è in stile basket e un luogo d’incontro per sportivi…proprio come era Lupacchioli a Campobasso”
Non serve aggiungere altro, se non che è stata un’intervista emozionante, perché Martinoia è lontano fisicamente, ma forse nell’animo è campobassano anche più di molti residenti nel capoluogo molisano.
Ringrazio il Comitato provinciale di Campobasso dell’Associazione Nazionale Stelle e Palme al Merito Sportivo che, nella persona di Michele Falcione, mi sta dando un grande aiuto nel contattare i personaggi che poi andrò ad intervistare.