Immaginiamo di voler interpellare un’entità superiore per sapere come la nostra sgangherata sanità pubblica regionale reggerebbe in situazioni di crisi: il coronavirus rappresenta una risposta perfetta.
L’emergenza ha portato immediatamente a galla tutte le falle nel sistema, particolarmente tragiche a Termoli e nel Basso Molise, complice anche una gestione a dir poco dilettantesca del problema. Ospedale chiuso da 5 giorni, tamponi insufficienti a monitorare tutto il personale ospedaliero, visitatori e personale tenuti in ostaggio per ore e ore e poi mandati via senza controlli, medici in corsia per cinque giorni senza certezza che ci siano stati altri contagi.
Il tutto accompagnato da trionfali proclami del presidente Toma sull’assenza di qualsiasi criticità nella situazione regionale, e da interventi tardivi sul fronte della richiesta di personale e attrezzature, richiesta che avrebbe dovuto addirittura, se si fosse stati capaci di un minimo di programmazione, precedere il verificarsi inevitabile dei primi casi.
Lungi da noi il voler sfruttare a fini propagandistici quella che è una vera e propria tragedia, con 120.000 persone prive di qualsiasi possibilità di cura e costrette a pregare che non si verifichino altre emergenze, quelle giornaliere relative alle patologie “normali” per le quali il pronto soccorso del San Timoteo era sempre strapieno.
Ma certo bisogna avere il coraggio di non negare alcune verità incontrovertibili:
1) da oltre un mese parti importanti del paese erano sotto scacco del virus: assurdo pensare che non si sarebbe diffuso, stante la sua tremenda carica infettiva;
2) Le gravi carenze strutturali degli ospedali molisani, incancrenitesi in decenni di tagli forsennati, sprechi e stanziamenti a beneficio dei privati, oltre all’utilizzo costante della sanità come bacino elettorale, erano ben note a tutti, e avevano provocato recentemente il riaccendersi delle lotte e delle proteste dei cittadini;
3) sarebbe stato doveroso, considerando i primi due punti, attrezzarsi immediatamente almeno con una quantità sufficiente di mascherine, disinfettanti, tamponi;
4) altrettanto ineludibile era il dovere dei vertici sanitari e amministrativi di fare pressioni forti sul Ministero della Salute per avere medici, infermieri e respiratori. Se non prima dell’effettiva emergenza, almeno immediatamente dopo. Sono cinque giorni che il San Timoteo è chiuso, e non sono nemmeno stati ultimati i tamponi al personale!
E’ evidente che il dramma che Termoli e il Basso Molise stanno vivendo è da un lato sottovalutato e mal gestito a Campobasso, dall’altro ampiamente annunciato; come pure è evidente che il tema della riapertura dell’ospedale (non sappiamo nemmeno se si sta procedendo alla sanificazione, che in situazioni analoghe altrove in Italia è stata velocissima, con relativa riapertura) non disturba più di tanto i sonni dei nostri amministratori regionali e cittadini.
Abbiamo chiesto al Sindaco di Termoli di aderire all’appello dei suoi colleghi di Campomarino, Portocannone e Guglionesi che hanno chiesto subito misure concrete per riaprire il San Timoteo, e nel frattempo utilizzare Larino, struttura perfettamente funzionante dotata di terapia intensiva. Non ci è stata nemmeno data risposta.
Si dirà: come riaprire se mancano i medici e gli infermieri, molti dei quali sono in quarantena?
Bisogna allora pretendere subito l’invio di altro personale, tramite assunzioni (ora possibili con i fondi stanziati dal governo), requisizione di posti e personale nel privato, richiamo in servizio dei medici pensionati, utilizzo di medici militari. Non possiamo aspettare il primo caso di malato inviato a Vasto o Chieti, che non ce l’ha fatta. Né si possono sottovalutare le condizioni angosciose in cui sono costrette a vivere le tante famiglie con persone bisognose di terapie e controlli continui, ora divenuti molto difficoltosi.
E’ ora di dire con molta onestà e a voce alta che tutto ciò viene direttamente dalla distruzione della sanità pubblica, realizzata scientemente in anni e anni di amministrazioni regionali (liberiste e privatizzatrici) che in nome dell’efficienza e del mantra sciagurato “privato è bello” hanno messo in ginocchio le strutture ospedaliere. Ignorando allegramente e con cinico menefreghismo anche la scienza, che non da quest’anno avvertiva che i cambiamenti climatici avrebbero portato virus ed epidemie nuove, contro i quali è indispensabile un sistema perfettamente funzionante.
Chiediamo alla politica e ai vertici regionali di prendere immediate misure per la riapertura del San Timoteo e per l’utilizzo di Larino, come abbiamo chiesto con una nota al Prefetto, al Presidente della Regione, ai vertici ASReM e alla Protezione Civile.
L’emergenza Coronavirus ci insegna dunque che abbiamo ancora nuovi motivi per continuare ad esigere che la sanità pubblica torni a funzionare, con tagli agli sprechi e cospicui nuovi investimenti; che i privati vedano drasticamente ridimensionati gli enormi fondi a loro assegnati; che la salute in Molise torni ad essere a disposizione di tutti, secondo il dettato costituzionale: bene comune di tutti e per tutti.