Nel giorno in cui sette regioni vanno al voto, e in attesa di conoscere la percentuale di chi non si reca più alle urne per sfiducia verso le istituzioni, negli articoli di fondo di due dei principali quotidiani nazionali, ieri in edicola, autorevoli opinionisti sono tornati sul tema del superamento delle Regioni, individuate come livello di inefficienza della Pubblica Amministrazione a partire dal fallimento gestionale della sanità che assorbe 110 miliardi annui sui 140 miliardi trasferiti dallo Stato. Le argomentazioni sono simili a quelle avanzate a partire dal 2009 sul superamento delle Province e vengono alimentate ad arte da lobby finanziarie che spingono per concentrare il potere a livello nazionale in pochissime mani, allineandosi alla tesi che il capitalismo del terzo millennio mal si concilia con la democrazia e men che meno con la sovranità popolare, come certifica la crisi della Grecia. La finanza sposta masse impressionanti di capitali in poche ore da una parte all’altra del mondo inseguendo la massima speculazione possibile, l’assenza di regole, il più basso costo del lavoro, e istituzioni deboli, asservite o da blandire, nella scelta tra tagli del welfare, abbassamento delle tutele contrattuali e posti di lavoro salariato. La grande stampa italiana è nelle mani di una borghesia seduta sulla rendita parassitaria e che non investe sull’innovazione, salvo rare e preziose eccezioni. Persa la sfida dell’informatica col fallimento Olivetti, perso il controllo di gran parte del Made in Italy a partire dal Sistema Moda, non si sceglie di investire sulla competitività, sulla qualità dello sviluppo e sulla ricerca, ma si opta per un più facile posizionamento contro la Pubblica Amministrazione per sollecitare meno tutele sociali, tagli alla scuola, riduzione della spesa sanitaria e superamento dei livelli istituzionali intermedi quali Province e Regioni. L’idea di fondo è meno Stato più Mercato, meno Pubblico più Privato, meno democrazia maggior celerità nelle scelte. Questa linea di pensiero ha condotto con quattro governi diversi, e di opposta estrazione, a superare le Province senza porsi il problema delle funzioni svolte e delle decine di migliaia di dipendenti. Ora si ripropone lo stesso slogan per le Regioni cavalcando gli errori gestionali, gli sprechi ed il malcostume che evidentemente non è dissimile da quello ministeriale se si osserva ciò che è accaduto con il Ministero dei Lavori Pubblici sulle Grandi Opere o precedentemente col Ministero dell’Ambiente per bonifiche o controlli. Il punto politico non è la necessità di semplificare i livelli istituzionali su cui siamo tutti d’accordo ma l’esigenza di avere un quadro chiaro su come funzionerà lo Stato dopo un simile riordino. I cittadini molisani non hanno timore di essere inclusi in un’amministrazione più vasta ma hanno il diritto di sapere, prima e non dopo, su come saranno risolti i loro problemi, a chi dovranno rivolgersi e in che modo. Chiuse le Comunità Montane, fallite le Unioni dei Comuni, superate le Province è il momento di chiudere le Regioni o al massimo di ridurle a 6/8 amministrazioni. La soluzione che si prospetta non va demonizzata ma l’esperienza delle Province insegnerà pure qualcosa. O no ?
Superare le Regioni a partire dal Molise. La grande stampa riapre il tema
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