Alla luce dei frequenti episodi di cronaca aventi ad oggetto il reato di “stalking” è opportuno conoscere gli elementi che caratterizzano questo istituto, ciò attraverso un’analisi giuridica dettagliata e una descrizione degli strumenti di tutela messi a disposizione del cittadino. Con il termine stalking si individuano quei comportamenti (detti “atti persecutori”) con cui un soggetto perseguita la vittima al punto da ingenerare nella stessa un forte stato d’ansia e da alterarne le abitudini di vita. Nel rapporto che si instaura tra la vittima e il persecutore, la prima si sente costantemente attenzionata, con il continuo timore di essere avvicinata e aggredita dal molestatore.
Quest’ultimo invece, a causa di una forte spinta emotiva, psicologicamente irrefrenabile, continua in maniera assidua e costante a tormentare la controparte, vedendola spesso non più come soggetto, ma come un oggetto di sua proprietà. Dal punto di vista psicologico vi è una tipologia variegata di molestatori, iniziando dal c. d. “risentito” (spesso ex partner che non accetta la fine del rapporto), passando per il “respinto” (rifiutato dalla vittima) e finendo al c. d.: “predatore” (che ha scopi sessuali in cui l’eccitazione è accentuata dal provocare nella vittima un forte stato d’ansia). Nel sistema penale italiano queste condotte criminose rientrano nell’alveo dell’art. 612 bis del codice penale che prevede per l’autore del reato, in assenza di aggravanti, la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni. La normativa è relativamente recente, tanto è vero che il Consiglio dei Ministri ha presentato nel 2008 il disegno di legge recante “Misure contro gli atti persecutori” e, successivamente, approvato il D. L. n.° 11/2009 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori) con cui è stato istituito il reato di stalking . Tale Decreto Legge è stato convertito nella legge n.° 38/2009.
L’articolo 612 bis del codice penale, in particolare, recita: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque reiteratamente, con qualunque mezzo, minaccia o molesta taluno in modo tale da infliggergli un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a quattro anni”.
Naturalmente la condotta criminosa va verificata in aula d’udienza. La Corte di Appello di Milano, sez. V penale, con sentenza del 14 dicembre 2011, depositata in data 13 gennaio 2012, ha sancito che lo stalking è caratterizzato da condotte alternative e da eventi disomogenei i quali, in sede giudiziale, devono essere oggetto di rigoroso e puntuale accertamento da parte del giudice; in particolare attraverso una ponderata valutazione della gravità delle condotte e della loro idoneità a rappresentare una minaccia credibile di un pericolo incombente.
Requisito oggettivo del reato de quo è la reiterazione delle condotte poste in essere, che non coincide con la mera ripetizione della condotta, ma con una ripetizione collegata dall’obiettivo denigratorio che impernia il reato. Per quanto concerne l’elemento soggettivo, invece, esso si configura nel dolo generico, caratterizzato dalla coscienza e volontà di porre in essere tutti gli atti integrativi del reato, nonché dalla rappresentazione dell’evento criminoso.
In qualità di Avvocato, ritengo opportuno consigliare alle vittime del reato di denunciare quanto prima eventuali condotte moleste, senza mai inquadrarle, però, in un’ipotesi criminosa, ciò al fine di lasciare alla Procura della Repubblica il compito di individuare l’autore e il tipo di reato. La celerità della querela è importante perché spesso le vittime temporeggiano, aspettando che gli eventi passino, ma si ritrovano a fare i conti con una situazione che precipita e che diventa irrecuperabile. E’ importante denunciare quanto prima situazioni di persecuzione perché le stesse, spesso, anticipano solo eventi molto più gravi e importanti.
Un’alternativa alla querela risiede nell’esposto (prodromico alla conciliazione) o nell’ammonimento previsto dall’art. 8 del Decreto Legge n.° 11/2009, secondo cui, fino a quando non viene proposta querela per il reato di stalking, la persona offesa ha facoltà di esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza, avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta viene trasmessa al questore, il quale, ove ritenga l’istanza fondata, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge.
L’auspicio dello scrivente è quello di vedere nascere sul territorio punti d’ascolto o sportelli anti-stalking diretti tanto ad ascoltare e tutelare le vittime di atti persecutori, quanto ad accogliere, se necessario e in via preventiva (prima della commissione del reato) i molestatori, aiutandoli da un punto di vista psicologico e, se possibile, recuperandoli.
Avv. Silvio Tolesino