Nell’intento di dare maggiore tutela alle vittime dei reati contro la persona, il legislatore ha introdotto da qualche anno nuove misure cautelari con lo scopo di tutelare la persona offesa allontanando, di fatto, l’indagato dai luoghi dalla stessa frequentati. In particolare, in caso di stalking è consentito al P. M. di richiedere al Giudice per le indagini preliminari l’adozione di particolari misure cautelari, quali l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Questi strumenti hanno il compito di allontanare l’imputato, immediatamente, dalla casa familiare, di non farvi rientro e di non accedervi senza l’autorizzazione del giudice che procede. Qualora sussistano esigenze di tutela dell’incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, il giudice può inoltre prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti.
Dette limitazioni, previste dagli artt. 282-bis e 282-ter del codice di procedura penale, possono essere estese fino a ricomprendere i luoghi abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone. Questi istituti, purtroppo, nell’applicazione concreta sono poco efficaci e peccano spesso di un’eccessiva aleatorietà. Visto che è difficile vigilare continuamente sugli indagati, questi ultimi spesso violano le restrizioni in modo subdolo o inaspettato aggredendo nuovamente le loro vittime. Per rendere queste misure più concrete è intervenuta, di recente, la Suprema Corte di Cassazione, V sezione penale, che con sentenza 5664 del 2015 ha chiarito come il magistrato, quando adotta detti provvedimenti, deve individuare con precisione i luoghi a cui l’inquisito non deve avvicinarsi.
Nel reato di stalking, in particolare, le misure dell’allontanamento o del divieto di frequentazione devono essere adottate specificando con chiarezza il comportamento a cui è tenuto il molestatore, al fine di consentire, appunto, una tutela concreta della vittima. Il divieto di avvicinamento e di comunicazione implica, in particolare, il divieto cercare contatti, di avvicinarsi fisicamente alla vittima, di rivolgersi a lei con qualsiasi mezzo di comunicazione e perfino di guardarla con intenti minacciosi o inquietanti. In conclusione, hanno affermato gli ermellini che bisogna corredare le misure cautelari con specifiche indicazioni applicative, ciò al fine di consentire all’indagato di essere più libero (nel rispetto delle regole) e alla vittima di essere più sicura negli ambienti abitualmente frequentati.
Avv. Silvio Tolesino
Stalking: caratteristiche e limiti del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima
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