Siringa abbandonata sulla spiaggia. In caso di puntura accidentale la responsabilità oggettiva è riconducibile al custode

Il nostro Ordinamento prevede una responsabilità diretta e oggettiva in capo al proprietario/custode di una res quando detto bene procuri a terzi un danno. L’art. 2051 c. c., in particolare, sancisce che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il cd.: “caso fortuito”. In questi termini la norma ritiene sufficiente la sussistenza del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato per addebitarne la responsabilità al custode (salvo che l’evento sia inequivocabilmente addebitabile alla vittima); essa non trova fondamento in un comportamento attivo riconducibile al proprietario (o gestore), ma in una mera relazione oggettiva. Detto assunto trova applicazione in vari ambiti, dall’infortunio su strada a quello in abitazione vale tanto tanto per i beni della P. A. che per quelli di proprietà privata.
A detta regola non sfuggono i lidi, il cui “custode” risponde oggettivamente dei danni procurati dalla manutenzione superficiale/negligente delle aree balneari.
Se il bagnante utilizza il lido per trascorrere un giorno di relax, nel prezzo del biglietto sono compresi il servizio e la postazione, ma si stipula automaticamente un contratto con cui il gestore mette a disposizione del cliente il lido ed è responsabile degli eventi infausti a quest’ultimo non addebitabili.
Purtroppo avviene frequentemente (incubo di molti villeggianti) che sotto i primi strati di sabbia si celino pericoli e insidie quali, ad esempio, siringhe abbandonate e prive di protezione.
Nel caso in cui il cliente si ferisca calpestando una siringa, trova applicazione l’articolo 2051 c. c., evidenziato in premessa.
Responsabile del danno è il custode del lido, il quale sarà tenuto a risarcire al cliente gli eventuali danni patìti.
A questo punto sorge l’interrogativo se sia necessario contrarre una malattia per vantare un danno, o se la semplice ‘puntura senza conseguenze’ dia diritto già ad una pretesa risarcitoria.
La giurisprudenza a tale riguardo ha stabilito che la semplice puntura (anche per il patema d’animo arrecato all’infortunato) dà diritto al risarcimento.
Caso emblematico e recente è quello in cui un bambino di anni otto, durante un periodo di vacanza presso un Camping, si è ferito la mano con un ago per siringa sul tratto di spiaggia in concessione alla Società proprietaria del campeggio.
Benchè la lesione fosse minima (una piccola puntura ad un dito), il medico del servizio di igiene ha ritenuto necessario sottoporre il bambino ad accertamenti immediati per verificare l’esposizione al rischio di HBV, HCV, HIV, ecc., suggerendo periodici controlli tramite prelievi sanguigni, per il periodo di un anno dal fatto, al fine di escludere ogni possibilità di infezione (controlli poi effettivamente eseguiti).
Visto che la custodia dei luoghi (ossia il potere fisico della cosa di cui si parlava) era della concessionaria del tratto di spiaggia di proprietà demaniale, ricadeva ex lege su quest’ultima l’onere della manutenzione e della pulizia. Il Tribunale, inoltre, nel caso di specie, non ha ritenuto sussistente il caso fortuito nonostante il fatto che il giorno prima il tratto fosse stato pulito e passato a setaccio; ciò perché, come precisato in premessa, l’art. 2051 c. c. pone a carico del custode una presunzione iuris tantum di colpa.
Riconosciuta la responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., il Giudice ha confermato l’esistenza del danno, anche senza la malattia, poiché la vittima ha patìto, a causa del fatto illecito, danni morali ed esistenziali connessi al timore di contagio di una patologia infettiva e al conseguente annullamento dell’effetto benefico e rilassante della vacanza.
Ha precisato la giurisprudenza che: “ … secondo la coscienza sociale del presente momento storico, l’attentato alla salute che si verifica in occasione di una puntura di una siringa abbandonata costituisce sicuramente un’offesa grave e seria al diritto in questione, che non può essere trascurata in virtù del principio di tolleranza che la convivenza impone (art. 2 Cost.). Peraltro, che vi sia stato un serio pericolo di contrarre una patologia infettiva grave (epatite, HIV), non è stato contestato. A ciò si aggiunga che il presidio medico al quale gli attori si rivolsero fece immediatamente eseguire accertamenti e raccomandò la loro ripetizione nell’arco dell’anno successivo. Pertanto, deve essere riconosciuto che la preoccupazione, l’ansia e il patema […] non configurino meri fastidi, disagi e disappunti, ma normale reazione di qualsiasi persona di normale sensibilità ed intelletto di fronte ad un pericolo  concreto di pregiudizio serio e grave alla salute”.
In conclusione, il patema d’animo e la paura giustificano già di per sé il danno patìto da chi si trovi, per sua sfortuna, in dette situazioni, trovando il proprio addentellato nel diritto costituzionale ed inviolabile alla salute (art. 32 della Costituzione).
Avv. Silvio Tolesino

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