“Se è la cronaca che racconta la storia, fra anni la storia che si studierà sarà quella che la cronaca ha scritto a suo modo”. È stato il concetto cardine del discorso del dottor Antonio Di Pietro, ieri in sala consiliare a Montenero di Bisaccia, nell’incontro pubblico organizzato dall’Università delle Tre Età dal titolo – voluto dallo stesso Di Pietro – “Giustizia e informazione fra verità e ipocrisia”.
La presidente Margherita Rosati e il direttore dell’Accademia di Umanità Gino Catalano hanno
introdotto il più illustre dei monteneresi ripercorrendo in breve la sua storia, e con un sentito
ringraziamento che tutti gli tributano per non essersi mai dimenticato del suo paese ma per essere anzi tornato sempre più spesso a viverlo e a parlare con le persone. Lui stesso si è detto grato all’associazione e ai suoi compaesani, accorsi in massa ad ascoltarlo e salutarlo, ribadendo come a molti è noto che sta ormai trascorrendo la sua terza età ritirato nella quiete di campagna. “Il tempo passa per tutti e non concordo con chi si ostina a inseguire il sogno di
sé stesso”, accenna suggerendo che “a un certo punto bisogna dire basta e farsi da parte, perché poi si passa dal dramma al ridicolo. A ottant’anni si deve fare l’ottantenne” è la risposta a chi dal pubblico gli chiede se accetterebbe mai una futura candidatura a sindaco.
Tornando al tema del dibattito, la cronaca, l’ex magistrato fa notare come ormai i tribunali
giudichino la legalità ma “l’informazione è il giudice dell’etica. Troppo spesso anzi non si giudica
più nemmeno a fatto avvenuto o sospettato, ma si cerca di proposito, a priori, se qualche fatto è avvenuto nel passato di chi si vuole colpire”.
Non è tuttavia un processo alla stampa, quello di Di Pietro, che anzi afferma di volere sempre e
comunque libera. Nel discernimento della verità, ribadisce, “c’è anche il dovere dei cittadini,
perché non basta accontentarsi della prima cosa che si sente”.
Un’importante lezione, riferita alla giustizia ma applicabile a ogni ambito della vita umana, arriva
con l’invito ad adottare prospettive diverse: “La giustizia umana è imperfetta; negli anni vestendo i vari abiti (di magistrato, avvocato, parte lesa, imputato…) mi sono accorto di come ogni volta consideravo e guardavo l’altro in modo diverso, a seconda dell’occasione”. Il pubblico numerosissimo e divertito partecipa con grande curiosità, sia per l’uomo “Tonino” che per la sua levatura culturale e politica, approfittando della sua esperienza e conoscenza per chiarire i
dubbi più vari, da Mani Pulite – definita amaramente “una sconfitta, perché non sono riuscito a
dimostrare quel che dovevo: avere ragione non basta, a volte anche se non la hai vinci” a Totò
Riina, passando per il sistema carcerario “che va riformato, nelle carceri italiane si sta male e
stretti e invece i detenuti devono vivere dignitosamente” fino alla politica e al sistema giudiziario in generale.
Di sottofondo, è continuo anche quando taciuto il ricordo dei tanti colleghi, come Falcone e
Borsellino e in generale “chi per fare il proprio dovere ci ha rimesso la vita”. Perché “All’interno
delle istituzioni, se scegli di rimanere libero devi essere pronto a pagarne le conseguenze”. Un
monito che gli giungeva spesso da sua sorella maggiore, presente in prima fila con sua massima sorpresa e commozione.
“Un magistrato può essere fermato solo da una bomba o da un altro magistrato”. Ma non per questo vanno perse speranza e passione. “Ai giovani che intraprendono questa carriera dico: ricordate che senza cuore la giustizia diventa solo una macchina fredda e meccanica”.