Come noto, l’Imu per gli immobili di categoria D è versata dai produttori di energia
elettrica direttamente allo Stato e solo in minima parte riconosciuta al Comune il cui territorio è stato trasformato per favorire lo sfruttamento della risorsa ambientale (es. idrica per gli impianti idroelettrici).
In un’ottica di politica fiscale strategica l’Imu pagata sugli immobili in categoria D dai produttori di energia dovrebbe rimanere al Comune, il cui territorio è inciso dagli impianti e dai manufatti funzionali ad essi. Evidenziare la connessione tra questa diversa ripartizione dell’attribuzione dell’Imu, significa riconoscere il necessario collegamento del prelievo all’uso del territorio e dell’ambiente.
Contemporaneamente comporta un’ulteriore evidenza: attribuire al Comune la somma incassata, a titolo di tributo (es. Imu sugli impianti idroelettrici montani), necessariamente collegato all’uso del territorio e dell’ambiente, significa riconoscere concretamente l’Ente locale quale ente esponenziale degli interessi pubblici afferenti a tale territorio e a tale ambiente.
Con tale diversa attribuzione Stato/Comuni è possibile ricompensare la funzione di salvaguardia degli equilibri e la funzione di gestione del territorio da parte degli Enti locali, impegnati nella prevenzione del dissesto idrogeologico, nella manutenzione del patrimonio, nel presidio e nella tutela dell’ambiente a vantaggio dell’intera collettività.
Questa diversa attribuzione dell’ Imu rappresenta un passaggio coerente nella realizzazione di tale obiettivo. Del resto tale principio è stato recentemente affermato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 122/ del 2019 in attuazione della legge delega in relazione al federalismo fiscale e con successiva sentenza n. 262/2020.
La Corte Costituzionale ha richiamato chiaramente, nell’applicazione dell’Imu, la necessità di salvaguardare, accanto all’interesse fiscale, la tutela del contribuente, entrambi coinvolti dalle garanzie costituzionali.