Meritano la giusta attenzione e mobilitazione popolare le questioni poste dai medici ed infermieri molisani in questi giorni, sulla grave situazione della sanità regionale. Medici in condizione precaria ed in prossimità di scadenza senza che siano emerse chiare prospettive, e senza che vi sia alcuna manifestazione di volontà ad adeguare il numero dei medici al livello necessario, con il rischio di ulteriori carenze di servizi sanitari rispetto alla già grave situazione attuale. E che dire della giusta protesta delle “infermiere madri” , dotate peraltro di elevata professionalità, costrette ad assurde mobilità verso altre regioni, quando qui v’è notevole carenza di servizi, peraltro con tutti i disagi familiari dovuti dall’allontanamento dai propri bambini e dalla perdita del loro prezioso contatto quotidiano.
Il tutto in nome di “piani di rientro” che fanno pagare alle masse molisane i disastri della giunta Iorio e della Giunta Frattura: che si intende per “rientro” ? Se si intende tagliare gli sprechi, è forse uno “spreco” dotare la sanità molisana del giusto numero di medici e infermieri ? Come al solito, anche nella realtà della sanità molisana, gli sprechi, le ruberie e le corruttele restano, mentre si tagliano servizi sanitari essenziali e relativa occupazione. E si mantiene la precarietà, condizione incivile e di ricatto da parte del potere.
Ed ovviamente a pagare il conto sono le classi popolari molisane, cioè chi non ha le possibilità per potersi pagare le sempre più costose cure private.
Anche dal Molise occorre invertire la rotta: affermare la sanità come bene a gestione pubblica socialmente controllata, come diritto essenziale ed universale, adeguando le risorse a quelli che sono gli effettivi fabbisogni di cura delle persone.
E non ad astratti parametri ragionieristici, decisi da tecnocrati al servizio di quei poteri economici e finanziari di cui il governo centrale e regionale sono solo i comitati esecutivi, il cui unico obbiettivo è fare cassa tagliando servizi essenziali, solo per garantirsi il pagamento degli interessi sul debito pubblico (90 miliardi di euro l’anno) da loro acquistato con le grandi rapine sociali (evasione, corruzione, detassazione di capitalisti e banchieri ecc.), che vanno avanti da anni.
Tiziano Di Clemente