di Maurizio Varriano
Il Molise senza le sue tradizioni non sarebbe tale. Sarebbe una regione amorfa , senza tempo e senza la sua gente. Larino è una dei simboli di una tradizione “ pura “, “ semplice “, “ viva “, mai doma. La gente vive per tornar bambini nel mondo dei ricordi di una vita senza schemi, senza invidie, gelosie ma, piena di colori, rumori, assonanze, rivalità ed amicizia fusa in amore.
Nessun si perde per strada. Essa, lunga ma decisamente percorribile, non lascia indietro nessuno. Vive del presente , decisamente guardando sempre al passato, quello dei tempi migliori. Racconti tramandati oralmente da avi che entrano nei cuori di giovani aitanti che, minan le menti e rendono innovativi e passionali quei trascorsi che, al sol pensiero, si diluiscono in lacrime di passione, di gioia, di partecipazione alla vita della comunità. L’essere Larinate, essere di una splendida cittadina piena di storia, arte e tradizione, vive tutto questo.
Parla del passato per arrivare a goder di un presente dal sapore di unicum : la sospirata libertà. Rimira e intreccia vite dedicate ad una delle manifestazioni che tra religiosità e folklore, rende davvero e magicamente “Liberi.” Liberi di sognare, di volare, di goder di quella tradizione più viva che, vividamente accende ogni cuore , ogni strada, ogni pietra che affoga ogni suo dolore in un mare di carri colorati, pieni di festanti fiori di carta che ubriacano all’odor di mani dal sapiente comporre petali, steli e pistilli. Quel mare che defenestra il mostro e fa si che il Principe Azzurro vinca su di esso e sfondi quel portone chiuso alla grettezza di un uomo mai soddisfatto e mai decisamente “ puro “.
I ragazzi di Larino,i più anziani ed i meno giovani, cantano benissimo la canzone preferita, quella di una festa piena di rumori, di parole, di sguardi, di letame , di sapori forti ma mai fuori luogo e sempre pronti a fornir all’olfatto, l’odore della Libertà di un giorno dedicato all’Amore vero per la propria città, per la propria gente, per il Santo Patrono, che mai è li fermo a rimirar le genti e goder da solo la sua festa. E’ la festa di tutti, soprattutto di chi mai ha rimirato tanta bellezza. Dalla piazza vuota si sentono i rumori di campane, di carri che , trainati da buoi, ordiscono trame di assordanti “rintroni” che stordiscono sino all’abitudine.
Non guastano ma inebriano come l’odore di sterco, forte ma significativo. Senza tutto ciò non sarebbe festa, non sarebbe possibile viver la felicità dei carri vestiti a festa. I carri si avvicinano, i canti dei carristi che accompagnano il busto del Santo seduto in bella vista sul carro n. 1, quello prescelto, le odi si innalzano in cielo e San Pardo, felice farà sicuramente la “Grazia” tanto attesa e tanto nella preghiera richiesta. Il rumore dolce ma cupo delle ruote dei carri si confonde con quello dell’organo della Cattedrale. Ci si incammina tutti in fila verso la piazza dove la banda suona allegramente e porterà la festa alla sera e sino ai colpi dei fuochi d’artificio. Tra la gente la curiosità è tanta e tutti si domandano chi allieterà la nottata. I Santi entrano tra la tripudiante gente ed i colori inebriano i cuori. Ma, un velo di malinconia ed una lacrima avvolge il viso di chi spera che tutto questo possa esserci quest’anno.
Non è così purtroppo ! Quest’anno ci sarà silenzio ed il silenzio sarà la tomba per tutti. La tristezza traspare ma il cuore è sempre li, a rimirar l’eterno ed a pensar che la vita è un passaggio, com’è la processione. Tornerà più forte di prima, come un perduto amore. Basta aspettare, pregare e non dimenticare ciò che della vita ne fa “ una bella vita “. Chiudiamo gli occhi, si faccia silenzio e, anche quest’anno, San Pardo farà sentire i suoi rumori, i suoi profumi e le festanti genti che dichiarano indissolubile amore al Santo ed ad una Larino dal sapore di Antico.
Larino è San Pardo, San Pardo è Larino. Auguri ed arrivederci al 2021, sarà ancora più “ Bello “. Per percorrere questo viaggio fantastico, senza tempo, pieno di armoniosi e profumati fiori di carta fatti a mano con l’amore di chi ha sempre considerato la Città Patrimonio di tutti, non a caso si vuole candidare la Festa a Patrimonio dell’Umanità, poiché vita, è passione, colore, ansia, gioia, delusione, abbiamo usato l’immaginazione di chi la festa l’ha vissuta e partecipata. L’immaginazione non esclude la voglia di viverla e, per onorare il Santo, la Festa, Larino ed i suoi cittadini, voliamo in alto con la visione di un video tratto da web. Arrivederci al San Pardo 2021 e che il viaggio appena percorso vi stuzzichi la mente e, vi porti a salire sui carri e godere del profumo dei fiori.
Di seguito una bella poesia del Giovane Lorenzo Di Maria .
R’mur’
N’i sient’ i r’mur’ p’a vij’?
Zitt’ zi’: edduos’ i campan’.
Quand’ son’n e scd’vallun’ t’ r’ntr’mm’lej a cocc’.
Ma po t’ c’ ’bbitue. Subb’t.
N’a sient’ a ‘ddor da mmerd’?
Scin, ma quell’ jè a natur’.
E po vid’ quant’ so bbiell’ ’lli hhjur’.
Ma quell’i fa bbiell’ tutt’ l’ann’,
e tutt’ l’ann’ d’ n’ata maner’.
N’i sient’ i vacch’?
A dduj’ a dduj’, sott’ u juov’.
“Zicch’l, zicch’l!”
“E mmen Ssuntì, p’ la majell’!”
N’a sient’ a carres’?
E santo Pardo vuole ’l suo onora.
E po u piezz’ ca m’ fa semp’ chiagn’…
Tocca carriero mij ’ssu carr’ d’amora.
N’u sient’ l’organ’ ’nda chiesj’?
Le voci alziam di giubilo. Fu Pardo il santo apostolo.
E di Larino il popolo. Pardo ci sii propizio.
’Ssa canzon’ s’ po sul’ l’cquà. Ch’ tutt’a voc’.
N’u r’canusc’ u r’mor’ d’i rot’?
“Ué, tir’a mart’llin’, tir’ tir’!”
N’i vid’ ch’ trasc’n p’ via Seminarj’?
“G’rat’l bbuon’ ssu carr’!”
N’a sient’ a band’ ch’ son’?
Senza, n’ par’ fesct’.
“Chi vé masser’ e cantà?”
“U spar’, oh! È già ng’m’nzat’…”
N’i vid’ i sant’ ’mbr’gg’ssion’?
“Uajù, jamm ca ecch’ c’n’ vonn’ duj’ p’ San G’sepp’,
ca quill’ pes’!”
N’u vid’, ell’ p’ miez’, Sant’ Primian’?
“Genta pess’m’ d Larin’.”
Ma pu a nott’, nu camp’sant’,
canta Larino a te.
No, quest’anno nz’ ved’ n’sciun’,
nz’ sent’ nient’.
I luc’. I q’lur’. I ddor’. I campanacc’. A cart’ p’i hhjur’. U m’rlett’. A scambagnat’.
U fridd’. U call’. U s’dor’. A fatich’.
Mo zs’ n’ parl’ l’ann’ ch’ vé, se Dij’ a vo.
Ma quant’ si fess’!
T’ si sq’rdat’ com’ dic’ a canzon’?
Immoto resterà.
T’i si sq’rdat’ i statue d’i sant’?
Ndo sctà a cchiù bell’ d’ tutt’ quant’?
Sctà p’ llut’m, jè a lut’m ch’ esc’, jè a lut’m a rr’trascì.
Zs’ fa sp’ttà.
Com’a primaver’, com’u ver’amor’.
E se na vot’ zomp’, n’ ffa nient’.
P’cché u cor’, quill’, sctà semb’ llà.
Dduos’m bbuon’:
Larin’ jè San Pard’. E San Pard’ jè Larin’.
E mo sctatt’ zitt’! N’i sient’ i r’mur’ p’a vij’?
N’i sient’ i campan’?