“Salva la tua lingua locale”: Premiati gli studenti dell’ITE di Bojano

Il 21 Febbraio è la Giornata internazionale della Lingua Madre che  fu proclamata dalla Conferenza Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) nel novembre del 1999 (30C/62).

La data intende commemorare il 21 febbraio 1952, in cui alcuni studenti furono colpiti e uccisi dalla polizia a Dacca, la capitale dell’attuale Bangladesh, mentre manifestavano per il riconoscimento della loro lingua, il bengalese, come una delle due lingue nazionali dell’allora Pakistan.

Dal 2000 essa viene celebrata ogni anno per promuovere la diversità linguistica e culturale ed il poliglottismo.

E proprio in quest’occasione gli alunni dell’ITE sono stati premiati a Roma, presso una sede prestigiosa: il Museo della Civiltà.

Il Concorso Nazionale “Salva la tua lingua locale” è stato promosso dall’UNPLI, dall’ALI, dall’EIP, che ha inteso valorizzare giovani poeti che si esprimono nelle loro lingue locali, in armonia con la Convenzione UNESCO sul patrimonio immateriale.

In particolare gli alunni dell’ITE si sono impegnati in una ricerca di approfondimento sul dialetto bojanese e sugli antichi mestieri, dal titolo “Homo faber” coordinato dalla prof.ssa Italia Martusciello che ha sottolineato come la madrelingua alimenti i nostri pensieri e raffiguri la nostra genealogia e le relazioni di filiazione più ancestrali. Infatti la lingua madre rappresenta uno dei frammenti che compongono la pluralità e la singolarità di ogni studente il quale, come scrive Loris Malaguzzi in una sua famosa poesia “è fatto di cento lingue”.

In particolare l’idea che ha ispirato questa micro-antologia si è fondata sullo spunto del Consiglio d’Europa “Heritage and Education – Learning for Life” che invita i giovani a riflettere sul valore che il sapere tradizionale può assumere nella crescita culturale e nello sviluppo di nuove competenze nelle future generazioni.

Infatti i giovani studenti si sono impegnati in un laboratorio di ricerca storica: la scoperta dei vecchi mestieri.

Anche se ci troviamo di fronte ad una società liquida, sempre più pervasiva dal punto di vista della digitalizzazione, negli ultimi tempi si è riscoperto un interesse maggiore verso le antiche forme di artigianato, come “veicolo di conoscenza del passato, di riflessione sull’attualità, di ispirazione per il futuro”.

I mestieri artigianali erano essenziali per la vita quotidiana delle persone in passato e riflettevano le esigenze della società e dell’economia di quei tempi.

Con l’avanzare della tecnologia e dei processi industriali, molti di questi mestieri sono diventati meno comuni, alcuni sono addirittura scomparsi, sostituiti da produzioni su larga scala e nuove professioni legate all’era moderna.

Tuttavia, alcune tradizioni artigianali sono ancora vive in alcune comunità, e ci sono sforzi per preservare e promuovere queste antiche abilità.

E la scuola, in particolare deve assumere l’imperativo improcrastinabile di avvicinare le imprese artigiane del territorio e i giovani per salvaguardare la riscoperta dei valori e delle attività di un tempo, poiché non è un ossimoro associare i millenials e generazione Z con i vecchi mestieri.

Secondo una recente indagine di Espresso Communication, i dieci antichi mestieri artigianali più ricercati e attrattivi al mondo sono: conciatore di pelle, liutaio, maestro incisore su conchiglia e corallo, ricamatrice, impagliatore, tessitore, bombonierista, ornatore, lattoniere e ramaio.

Un dato sul quale riflettere.

Molte lodi da parte della giuria, in particolare la dott.ssa Maria Costanza Cipullo, Dirigente MIM, ha sottolineato l’alta qualità dei lavori pervenuti, hanno partecipato più di 90 scuole, e ha elogato i rgazzi bojanesi, non solo per il loro percorso, ma anche per il loro dress code.

La parte dialettale è stata curata dalla signora Rita Gianfrancesco, esperta di dialetto bojanese, che ha fornito un prezioso contributo alla realizzazione del percorso.

Molti i complimenti da parte della Dirigente Scolastica, Anna Paolella che ha asserito che lo studio della lingua madre, che è la lingua del cuore, delle emozioni e degli affetti, assicura il dialogo interculturale, fortifica la cooperazione e contribuisce a costruire società più inclusive nel rispetto delle tradizioni linguistiche e culturali. E ha ricordato la frase dallo Aharon Appelfeld “La lingua materna è come il latte materno… Non la parli, scorre”.

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