Presentata la proposta di “Riordino sanitario per il Molise ” dal senatore Roberto Ruta e dal parlamentare Danilo Leva.
Dopo tre anni di gestione della sanità regionale, i piani operativi sanitari proposti dal commissario presidente Paolo Frattura per uscire dalla fase commissariale, nella parte dedicata all’analisi dell’esistente, evidenziano alcuni dati necessari per definire le possibili modalità d’intervento per migliorare l’offerta sanitaria regionale, rendendola qualitativamente migliore, più efficace e tempestiva, riducendo drasticamente i tempi d’attesa oggi insostenibili e rendendola attrattiva innanzitutto per i molisani e anche per i cittadini di altre regioni.Il terreno in cui ogni possibile proposta muove è condizionato, è importante sottolinearlo preliminarmente, dal debito accumulato nei decenni scorsi per alcune centinaia di milioni di euro che ha reso difficile e rende tutt’oggi impervio il cammino della ripresa virtuosa.
In primo luogo, si desume come in Molise la mobilità passiva rappresenti un costo pari circa a 60 milioni di euro ogni anno.Questo dato ci indica come una parte di molisani per alcune prestazioni non scelga l’offerta sanitaria delle nostre strutture regionali, né di quelle pubbliche né di quelle private accreditate, ritenendole, a torto o a ragione, non adeguate per qualità o per avanzamento tecnologico.Le prestazioni rese in altre regioni costano circa 190 euro all’anno per ogni molisano, somme che la regione deve erogare alle regioni dove quelle prestazioni sanitarie vengono effettuate ai molisani.Pertanto il percorso di riforma deve avere come proprio obiettivo quello di aumentare la qualità effettiva o percepita dell’offerta sanitaria nella sua complessità ed in particolar modo in quelle discipline che fanno registrare la maggiore mobilità passiva.
Contemporaneamente il percorso di riforma deve avere nella prevenzione, nell’educazione alimentare e a corretti stili di vita il proprio fondamento con investimenti importanti nella formazione, ad ogni livello e fin dall’età pre-scolare, come anche nella tutela ambientale. Gli investimenti in prevenzione e tutela sono quelli che oltre a garantire una migliore qualità della vita, riducono la spesa sanitaria liberando risorse per aumentare la qualità dell’offerta sanitaria stessa.In secondo luogo, emerge come l’offerta sanitaria fino ad oggi è stata molto incentrata sugli ospedali, avendo trasferito sul territorio solo una parte dei servizi sanitari. Da oltre venti anni si attende questa riforma capace di rendere un servizio appropriato e molto meno oneroso ad almeno il 70 per cento delle richieste di prestazione sanitaria risolvibile senza ricorrere al ricovero ospedaliero.
Pertanto l’attivazione di strutture territoriali, diverse dall’ospedale è un altro obiettivo da perseguire, attivando strutture con posti letto a bassa e media intensità di cura, Case della Salute, poliambulatori, Ospedali di Comunità, ad alta incidenza di assistenza infermieristico-riabilitativa, gestite con la collaborazione dei medici di base e di continuità assistenziale, come supporto fondamentale del territorio per pazienti non gestibili a domicilio, ma che non hanno patologie acute che richiedono ricovero ospedaliero.
Nella stessa direzione l’attivazione delle Residenze Sanitarie Assistenziali per almeno duecento posti letto, distribuiti in modo omogeneo nei tre distretti di Campobasso, Termoli Larino e Isernia Venafro – Agnone, garantirebbero un’ulteriore risposta unitamente all’assistenza domiciliare socio sanitaria ed oncologica, nella regione con il secondo indice di invecchiamento della popolazione in Italia.In tal modo si andrebbero ad utilizzare i tanti posti letto negli ospedali oggi impropriamente destinati a persone con patologie curabili proprio nelle rsa, con costi decisamente più sostenibili.In terzo luogo emerge come la dimensione territoriale del Molise e la distanza tra i centri principali e i 136 comuni, soprattutto quelli montani, sia tale da richiedere una capillare presenza di postazioni idonee a garantire la risposta alle emergenze e alla richiesta di pronto intervento salva vita.Pertanto le postazioni del 118 devono necessariamente essere presenti in modo capillare ed attrezzate in modo da garantire la popolazione con interventi tanto efficaci quanto tempestivi.
Per queste ragioni è necessario rimodulare l’organizzazione del 118 il cui personale in quasi tutte le Regioni italiane è gestito dai Pronto Soccorso. Questa organizzazione permette di armonizzare meglio l’emergenza ospedaliera e territoriale. Permette, inoltre, una continua osmosi di informazione-formazione, nonché di adattamento organizzativo tra ospedale e territorio. Per ottimizzare le risposte all’utenza va anche implementata la telemedicina, come supporto all’attività dell’emergenza territoriale; individuati implementati e valorizzati i percorsi per patologia(IMA, ictus, trauma, ecc): deve esserci un continuum nella presa in carico del paziente dal territorio fino ad arrivare nella struttura più idonea al trattamento della patologia da cui è affetto, senza passare per altre strutture intermedie.
Vanno rimodulate, in base anche ai dati in possesso, le attuali postazioni del 118 per un migliore utilizzo delle risorse.
In quarto luogo, sempre dalla proposta di piani operativi emerge una organizzazione ospedaliera in cui solo tre Ospedali vengono individuati come strutture per acuti: Campobasso, Isernia e Termoli. In queste strutture, l’attivazione delle Unità Operative deve però rispondere strettamente al parametro del bacino di utenza. Ogni Unità Operativa dovrà avere la dotazione ottimale di mezzi e personale per il proprio funzionamento con il divieto di doppioni e sovrapposizioni che hanno costituito una spesa illogica e dannosa per l’intero sistema sanitario. L’attività di queste U.O. si estenderà sul territorio regionale con postazioni ambulatoriali che faranno sempre riferimento, specialmente per le attività chirurgiche, alle suddette U.O. Quando, per le caratteristiche del bacino di utenza, deve essere attivata una sola U.O., questa va ubicata nell’Ospedale Regionale di riferimento, che non può che essere il Cardarelli di Campobasso, per questo definito come centro HUB per tutte le specialità.
L’Ospedale di Agnone, accelerando l’accordo di confine con l’Abruzzo, deve rimanere come Ospedale di zona disagiata.
Per le ragioni esposte, la proposta di piano sanitario non può che articolarsi in base alle reali esigenze di cure della popolazione regionale e pertanto deve essere ancorata rigorosamente alle risultanze dell’ indagine epidemiologica e deve individuare le modalità affinchè i molisani scelgano sempre più la sanità molisana, riducendo in modo drastico la mobilità passiva.
Per questo è necessario avere sufficiente personale non precario e altamente qualificato, strutture e tecnologie all’avanguardia, prestazioni appropriate che evitino ricoveri impropri o l’uso abnorme di farmaci, attraverso territorialità, domiciliarietà e reti collaudate in grado di raggiungere e di soccorrere tutti i cittadini a prescindere dal luogo di residenza: la sanità che funziona reclama investimenti perché è la risposta al diritto alla salute, così come sancito nell’art. 32 della nostra carta costituzionale, che è il bene comune principale ed in quanto tale deve essere preservato e non può essere assoggettato ad una logica ragionieristica o ancor peggio solo di profitto.
Il Molise può diventare la regione che punta alla buona salute dei cittadini sia per il livello e il numero di strutture sanitarie presenti sia come volano di sviluppo.
Pertanto riteniamo che nella nostra Regione l’organizzazione del Sistema Sanitario debba essere principalmente pubblica, così come avviene nel resto del nostro Paese in cui ai privati è destinato in media il 19% dell’organizzazione dell’offerta sanitaria garantita da presidi accreditati.
In ogni caso la c.d. sanità privata accreditata può integrarsi con quella pubblica, ma non sostituirla.
La medicina convenzionata va proporzionata alle esigenze del territorio e vi si deve far ricorso solo dove il pubblico non può essere utilizzato .
Da quanto esposto ed analizzato, sottolineiamo che indicazioni estremamente utili abbiamo raccolto tanto dai contributi dei forum dei comitati e dei rappresentanti delle professioni e delle forze sociali, tanto dall’analisi dei dati e dall’indagine epidemiologica contenuti nei piani operativi del dott. Carmine Ruta così come in seguito integrati dallo stesso Commissario e Presidente Frattura. Da quei dati siamo partiti attualizzando quella proposta alle modifiche normative intervenute e riparametrandola all’offerta ridotta dei posti letto, dagli attuali 1265 tra posti letto per acuzie e post acuzie, ai futuri 985, di cui 800 per acuzie e 185 per post acuzie.
In questi tre anni abbiamo assistito, mai partecipato perché mai coinvolti, ad una molteplicità di proposte culminate nell’ultima dello scorso dicembre ed esaminata dal tavolo tecnico.
In questa proposta ultima del Commissario Presidente, il rapporto tra sanità pubblica e sanità privata giunge al suo massimo storico: il privato raggiunge quota 37 % e il pubblico retrocede al 63% per i posti letto per acuti; se a questo dato si aggiunge il riparto per i posti letto post acuzie e riabilitativi il rapporto raggiunge il 48% per il privato e il 52% per il pubblico.
Attualmente il rapporto tra sanità pubblica e privata è di 70% per il pubblico e del 30% per i privati.
Dal luglio 2013 in poi sono state avanzate altre proposte, da quella di Carmine Ruta con rapporto 71 a 29 per cento, a quella del luglio 2015 Frattura, solo sei mesi fa, con rapporto 70 a 30 per cento.
Poi a dicembre, riduzione ulteriore di posti letto per rientrare nei parametri imposti dal tavolo tecnico ed impennata fino al 37%, come detto, della sanità privata.
La nostra proposta, che parte come base da quella del dott. Carmine Ruta modificandola, aggiornandola e riparametrandola al tetto di 800 posti letto per acuzie, è così composta: posti letto acuzie ricoveri ordinari strutture pubbliche 530 e strutture private 183, posti letto in day hospital in strutture pubbliche 64 e in strutture private 23. Il rapporto così composto attesta il pubblico al 74.3 % e il privato al 25.7%.
Lo scostamento rispetto alla media nazionale del 5/6 % in più in favore dei privati è giustificato dalla presenza di erogatori alcuni dei quali di ottima qualità e viene ridimensionata rispetto alla situazione attuale del 4% proprio per evitare la molteplicità eccessiva degli stessi erogatori privati in favore dei pochi che garantiscono alta qualità riconosciuta dalla comunità regionale e non solo.
E’ questo il tempo di scelte chiare tanto nel pubblico quanto nel privato.
I cittadini reclamano qualità, azzeramento degli sprechi.
Proprio nel senso dell’innalzamento della qualità abbiamo esaltato il possibile fecondo connubio con l’Università degli studi del Molise e la facoltà di Medicina e di Scienze Infermieristiche, attribuendo un ruolo propulsore di programmazione e di ricerca non solo nel formare le nuove generazioni di medici ed infermieri.
Infine va sottolineato come nella proposta avanzata dal Commissario Presidente e da noi ricevuta solo l’undici gennaio scorso, ci convince l’idea di ospedale unico a Campobasso previa definizione chiara delle posizioni giuridiche, per nulla ci convince la sostituzione del privato al pubblico come nel caso della scelta di conferire in regime di esclusività l’offerta sanitaria per cardiologia ed oncologia alla Fondazione Giovanni Paolo II con la conseguente chiusura dei relativi reparti del nosocomio regionale “A. Cardarelli”; diversa sarebbe un’ipotesi di integrazione per prestazioni, a partire dalla titolarità affidata senza equivoci al Cardarelli.
Di certo non ci convince la esagerata propensione verso una sanità privata che renderebbe il Molise un caso unico in Italia con quel 37% destinato ai privati.
Resistono e vanno superati inoltre gli elementi di criticità dovuti sia alla scomparsa, tra un anno, del punto di primo intervento tanto a Venafro quanto a Larino, pur con la loro opportuna riconversione in Casa della salute o ospedale di comunità, sia alla possibile chiusura del punto nascita al “Veneziale” di Isernia senza aver definito una deroga specifica.
Dopo tre anni ormai di gestione della sanità regionale, come dichiarato già l’anno scorso, dal mese di marzo in poi e con numerosi comunicati stampa,
riteniamo un buon equilibrio quello da noi proposto tra sanità pubblica e sanità privata, 75% pubblico, 25% privato, che rafforzi il meglio della sanità privata ma che abbia la voglia di puntare, con decisione e con risorse adeguate, ad una sanità pubblica di qualità.
E’ questa la missione che vogliamo vincere insieme alla nostra comunità: garantire la salute dei cittadini attraverso un’ottima offerta sanitaria pubblica, sostenuta dalla nostra Università, integrata da un’ottima sanità privata, insieme ad una imponente azione di prevenzione e formazione a corretti stili di vita.