E’ stato uno degli autori molisani più importanti del Novecento. Giose Rimanelli, nato a Casacalenda nel 1925 e scomparso all’inizio di quest’anno negli Stati Uniti a 92 anni, ha firmato con Mondadori, tra i tanti, il romanzo di successo “Tiro al piccione” (1953) sui reduci della Repubblica di Salò, da cui è stato tratto il film omonimo per la regia di Giuliano Montaldo.
A distanza di pochi giorni dal convegno svoltosi a Campobasso, è ora la Capitale a rendere omaggio allo scrittore che ha vissuto cinquantasei anni negli Usa, dove ha insegnato Italiano e Letteratura comparata in varie università, da New York a Yale, dalla British Columbia all’Ucla.
“Sconosciuto ai più in Italia, Rimanelli è stato invece un importante autore della nostra letteratura, emigrato negli Stati Uniti dal 1960, dopo un linciaggio morale dell’intellighenzia nostrana – ha ricordato nei giorni scorsi sul quotidiano “Il Foglio” il professor Giovanni Maddalena dell’Università del Molise, che ne ha ripercorso le tormentate tappe biografiche, dall’arruolamento controvoglia con la milizia dei repubblichini alla prigionia da parte degli americani, dal ritorno in Molise fino alle posizioni fortemente critiche nei confronti della letteratura da salotto e da premi letterari, non risparmiando critiche a Bassani, Falqui, Moravia e Pasolini. Emblema di questa periodo è il libro significativamente intitolato “Il mestiere del furbo” del 1959, panorama della narrativa italiana contemporanea edita da Sugar. “Il brillante ragazzo viene bandito per sempre dall’empireo della cultura italiana – racconta ancora Maddalena. Eppure aveva già firmato, sempre per Mondadori, altri tre romanzi di successo, “Peccato originale” del 1954, “Biglietto di terza” del 1958 e “Una posizione sociale” del 1959.
Emigrerà negli Stati Uniti, dove vivrà lungamente a Lowell (Massachussetts) con la moglie Sheryl Lynn Postman e promuoverà gli Italian Cultural Studies, corsi sulla cultura italiana nel suo insieme interdisciplinare. Negli States conoscerà quelle soddisfazioni che non avrà in Italia: il suo primo romanzo in inglese, “Benedetta in Guysterland” (Guernica Press), ha vinto il prestigioso premio American Book Awards.
Tra le passioni della sua vita resterà il distante Molise, intimo e universale, presente in molti scritti anche nel lungo periodo americano, inteso come “punto di riferimento di una inesausta recherche autobiografica”, come evidenzia Sebastiano Martelli. Ma Rimanelli è stato anche un appassionato cultore di jazz e di blues, nonché amico degli scrittori più rappresentativi della Beat generation, come già lo era stato anni prima, a Parigi, di Boris Vian.
L’evento romano, che si svolgerà lunedì 17 dicembre dalle ore 17 presso il Centro Studi Americani di via Caetani 32, presso piazza Venezia, è organizzato dalla critica Anna Maria Milone e promosso dall’Università degli studi del Molise e dall’associazione Forche Caudine.
Un’occasione culturale rara perché saranno riuniti a Roma alcuni tra i più noti critici e amici di lungo corso di Rimanelli. “L’incontro – come spiega la professoressa Milone – sarà un momento per presentare questa figura di autore molisano che ha avuto una forte importanza negli Stati Uniti, testimoniata dagli studi dei docenti che interverranno, e che in Italia inizia ad avere una giusta attenzione grazie all’impegno di alcuni dei ricercatori presenti, ma anche grazie all’interesse che l’Università del Molise ha dimostrato, volendo il convegno internazionale nella sede di Campobasso gli scorsi 5-6 dicembre”.
“Con Rimanelli abbiamo tenuto una costante e affabile corrispondenza – ricorda Giampiero Castellotti, presidente di “Forche Caudine” – apprezzando sempre il suo profondo e proficuamente critico legame con la terra di nascita”.
All’appuntamento romano l’ingresso è libero.