Ricostruzione post -terremoto, Poleggi (Altritalia Ambiente) consegna documento approvato dalla Direzione Nazionale dell’Associazione

Nell’ambito delle consultazioni avviate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi,il Segretario Generale de L’Altritalia Ambiente, Filippo Poleggi, ha consegnato il documento approvato dalla Direzione Nazionale dell’Associazione. Per un programma nazionale di ricostruzione post -terremoto, messa in sicurezza,rottamazione della “edilizia spazzatura” per riqualificarla in qualita’ e sicurezza. Questo era il titolo di un documento della Direzione Nazionale del L’AIA approvato il 17 aprile 2009 in occasione del terremoto de L’Aquila e che riprendiamo totalmente, perché purtroppo attuale, integrato alla luce di nuovi approfondimenti. Convocata dal Segretario Generale Filippo Poleggi, si è riunita in Campobasso la Direzione Nazionale de “L’Altritalia Ambiente per esaminare i problemi posti dal terremoto . Per l’argomento la riunione di è tenuta allargata ai responsabili dell’associazione disponibili e ai direttivi di Legautonomie Molise e del Movimento Consumatori Molise.
La Direzione, sicura di interpretare anche i sentimenti dei propri iscritti, commossa, è unita ai colpiti per questa straziante catastrofe, per i bambini morti, per i giovani stroncati, mentre studiavano per costruire il loro futuro, per gli anziani e i deboli, per tutti i caduti, è vicina all’orgogliosa e forte popolazione che affronta un duro cammino di ripresa, ai generosi soccorritori, a quella bella e suggestiva terra devastata. Nello spirito d’unità nazionale la Direzione de L’A.IA. è impegnata ed invita tutti i suoi iscritti ad ogni forma di solidarietà e ritiene che bisogna aprire anche una seria riflessione su quanto accaduto per bene operare.  L’informazione, gli scienziati Se quelle che versiamo non sono lacrime di coccodrillo dobbiamo operare una profonda innovazione di cultura civica, di valori, di stili di vita e raccogliere i molti messaggi che la Terra ci ha inviato di insopportabilità dell’operato dell’uomo.
L’informazione ha dato un segnale positivo in questo senso, ha raccontato con compostezza gli eventi e ha dato spazio come mai ad approfondimenti tecnici con autorevoli competenti.

Il terremoto è fenomeno naturale ma i suoi effetti dipendono per il 99% dall’operato nostro. Gli scienziati esperti denunziano che il rapporto vitale tra aree urbanizzate e territorio libero è tre volte superiore a quello che garantisce il minimo vitale dell’uomo, stiamo cioè “soffocando” la natura che è la nostra vita. Il terremoto, prevedibile o non, è sicuramente inevitabile ed evento certo nel tempo in quasi tutto il territorio nazionale “a rischio” come ci dicono le carte sismiche. Altri eventi, come gli oramai frequenti “improvvisi e inspiegabili ” crolli d’edifici d’abitazione sono stati presto dimenticati nonostante abbiano provocato numerose vittime. Marco Matteotti, della Confartigianato dell’edilizia, ha richiamato l’attenzione su Roma che benché lontana dagli epicentri sente i terremoti sui suoi edifici datati e fragili. Tanti eventi luttuosi, legati a cosiddetti “eventi naturali”, da anni ci segnalano la fragilità di larga parte del patrimonio edilizio italiano. Allora la commozione non basta, dobbiamo mutarla in un impegno metodico, quotidiano, costante per un “PROGRAMMA NAZIONALE DI RICOSTRUZIONE, MESSA IN SICUREZZA, ROTTAMAZIONE DELLA “EDILIZIA SPAZZATURA‘ PER RIEDIFICARLA IN QUALITA’ E SICUREZZA”.

Per questo noi facciamo nostro l’appello di Aldo Loris Rossi, lanciato da circa venti anni, basato sul “MANIFESTO DI TORINO” dell’ U.I.A. (Unione Internazionale Architetti)fondata da Le Corbusier, adottato dal XXIII Congresso Mondiale dell’U.I.A. ed ai contributi dell’Ordine Nazionale dei Geologi , di Raffaele Nardone dell’Ordine degli Ingegneri e dei tanti esperti forse finalmente sentiti.
In estrema sintesi: qual è la consistenza edilizio italiano e perché è così fragile?

Analisi del patrimonio edilizio mazionale
Bisogna rilevare che dall’Unità d’Italia al 1945, cioè 84 anni, il numero dei vani è raddoppiato, ( da 17.621.000 a 34. 534.000), mentre la popolazione è cresciuta di circa20 milioni ( da 26.128.000 a a45.222.000) conservando, tuttavia, un misurato equilibrio con la natura. Pertanto, alla fine della seconda guerra mondiale, si registrava un deficit di circa 10 milioni di vani rispetto agli abitanti.
Ma negli ultimi 64 anni l’esplosivo sviluppo edilizio ed economico ha travolto l’equilibrio pre bellico senza realizzarne uno alternativo e moderno. La popolazione è aumentata di 15 milioni ( da 45 a 6o), ma i vani di ben 85 milioni ( da circa 35 milioni suddetti, ai 1210 odierni). Quindi oggi l’Italia è sovraurbanizzata, registrando il doppio dei vani rispetto agli abitanti.
Tale esplosione urbana ha richiesto dal 1955 una moltiplicazione delle autostrade per oltre 3 volte (da 479 km a 6 487): mentre i veicoli sono aumentati di circa 134 volte (da 3oomila 40 milioni); viceversa la rete ferroviaria si è ridotta di circa 7.000 Km. (da 23.062 Km a 15.965)). Se si analizza tale patrimonio edilizio risulta che i 120 milioni di vani sono distribuiti in due categorie di costruzioni.

Il patrimonio edilizio storico
Questo patrimonio realizzato in oltre 3.ooo anni di storia costituisce l’identità stessa della civiltà italiana ed è da considerare un “bene unico e irriproducibile: Sebbene fragile, è sopravvissuto agli innumerevoli terremoti che sono succeduti nella storia, per cui può e deve essere salvaguardato integralmente attraverso due tipi di incentivi. La “fiscalità di vantaggio”, o altro tipo di defiscalizzazione , escludendo sopraelevazioni o costruzioni in spazi liberi. Questo non solo per ragioni storico-ambientali e statico-sismiche, ma anche per non aumentare la densità abitativa edilizia, consentendo, peraltro,adeguamenti impiantistici. La demolizione e delocalizzazione dell’edilizia post bellica che deturpa tali centri storici (accertabili attraverso pareri delle Sopraintendenze ) consentendo nella nuova ubicazione un incremento volumetrico che può giungere fino al 5o% della cubatura precedente. Questo incentivo alla delocalizzazione deve essere esteso anche alle aree paesaggistiche protette e a quelle ad elevato rischio vulcanico, sismico e idrogeologico, perché non solo tali volumetrie non devono aumentare ma ridursi in quanto inserite in un ambiente vulnerabile.

Gli edifici post bellici
Gli edifici costruiti dal 1945 ad oggi, composti da circa 9o milioni di vani, che in 64 anni hanno travolto la città ”storica” dilagando sul territorio, sono da distinguersi a loro volta in due tipologie. Gli edifici realizzati dal 1945 al 1970, in genere non antisismici, composti da circa 47 milioni di vani. Essi sono stati realizzati nell ‘emergenza postbellica, prima delle leggi antisismiche più severe dagli anni 70 in poi, con impiantistica obsoleta, usando nel cemento armato di ferro ordinario e senza aderenza migliorata, con scarso rispetto delle regole esecutive, oggi di scarso valore economico: Questi limiti risultano dalle demolizioni di tali edifici dove si riscontra spesso che il ferro nel cemento armato è scomparso lasciando polvere di ruggine, per cui il cemento risulta “disarmato”.
Tali edifici(esterni ai centri storici) possono essere rottamati e ricostruiti in sito con un incremento di volume fino al 35% allo scopo di essere adeguati alle norme antisismiche, all’impiantistica di sicurezza e alle energie rinnovabili.
Questo principio può consentire di mandare a macero tale ” spazzatura edilizia” e trasformarla in “architettura di qualità”. Esso, esteso a scala urbana, permette la trasformazione delle periferie dormitorio di edilizia pubblica o privata post bellica , non antisismica, prive di qualità, attrezzature,servizi e verde, in unità urbane a funzioni integrate, ad autosufficienza energetica; cioè in eco-cities.

Gli edifici dal 1970 in poi
Gli edifici realizzati dal 1970 in poi, che dovrebbero essere antisismici, comprendenti circa 43milioni di vani.
Questi edifici vanno evidentemente conservati, ma possono essere adeguati all’impiantistica di sicurezza, e all’energia rinnovabile, incrementando la loro volumetria fino al 20%, su parere delle Sopraintendenze e dopo opportuno check-up sulla loro antisismicità. Va precisato che in questi due casi gli incentivi volumetrici sono consentiti se non ostacolano i diritti di terzi e se non si consumano altre aree verdi, da considerare anch’esse “beni unici irriproducibili”.

Il fascicolo dello stabile, il geologo di quartiere, l’osservatorio edilizio
Per questo ed altri interventi il check-up può essere realizzato istituendo un “fascicolo di fabbricato” che fa la storia del fabbricato e consente una diagnosi delle stato dell’edificio che può essere monitorato con interventi non invasivi, semplici carotaggi possono verificare quantità e qualità del ferro, qualità del calcestruzzo. L’insieme dei “fascicoli dei fabbricati” costituirà una mappatura del patrimonio edilizio.
Queste certificazioni devono essere obbligatorie, anche per educazione civica, prevedendo la parziale deducibilità fiscale come per l’adeguamento energetico. Per monitorare costantemente la situazione di sicurezza bisogna insegnare ai giovani che le nostre università formano ad alti livelli, geologi per il “geologo di quartiere”, ingegneri strutturali per osservatori specializzati.

RISANARE L’ITALIA , RILANCIARE L’ECONOMIA E IL LAVORO
Occupiamo i nostri giovani per il bene comune evitando di formarli e “donarli” ad altri Paesi.
Opportuno ci sembra anche introdurre l’assicurazione obbligatoria dei fabbricati, con sostegni a chi non può, con oneri deducibili fiscalmente.
Un programma del genere diventerà una azione principale di politica e sarà per le sue complessità di durata non breve.
Occorrerà un “Ministero dell’ecologia”, struttura stabile che non ci faccia dimenticare gli impegni.
E i soldi ? Noi e l’Europa
Possiamo già attingere dai 64 milioni di euro stanziati per il periodo 2014 – 2020m coinvolgere la BEI, la Banca Europea per gli investimenti, ma questa è anche l’occasione per riavviare il maniera virtuosa, e come occorre, l’UE che deve dare un segnale forte di solidarietà per risolvere i problemi concreti di vita dei suoi cittadini. Bene ha detto il Presidente Renzi “se non ce li danno ce li prendiamo”, bene ha fatto a convocare il vertice dei Paesi del Sud Europa per affermare che i tutti problemi sono problemi dell’Europa e non delle singole nazioni,il problema del terremoto, che come è noto coinvolge Italia, Grecia, Spagna e un poco la Francia va affrontato non con la flessibilità, che non garantisce la continuità e quindi la soluzione del problema, ma con adeguato fondo strutturale del resto funzionale ad affrontare non solo il problema del terremoto ma anche quelli egli allagamenti e devastazioni che per il mutamento del clima toccano anche il nord Europa; del resto la salvezza del patrimonio storico,urbanistico, del territorio, del paesaggio è parte fondamentale della identità europea.
Giusto è l’appello del Presidente Renzi all’unità nazionale attorno al problema ma questo deve significare che tutta la delegazione parlamentare europea dell’Italia conduca una battaglia senza cedimenti su questo tema. Con gl’interventi indicati, la mobilitazione di capitali piccoli e grandi che con i margini offerti da una ricostruzione governata e controllata i “soldi ci sono”.
Un tale programma pensiamo che affronti in maniera seria il tema della messa in sicurezza di tutto il patrimonio edilizio in un Paese che vuole fare i conti con un suo problema naturale, il largo ed alto rischio sismico, facendo del programma anche uno strumento di politica economica e sociale, mettendo in moto un fondamentale settore industriale italiano, quello edilizio, mobilitando risorse pubbliche e private attorno a giusti e controllati interessi.

Filippo Poleggi – Segretario Generale L’Altritalia Ambiente
Marco Mitra – Segretario Movimento Consumatori Molise
Gianni Ioffredi – Segreteria Legautonomie Molise

Commenti Facebook