I giovani italiani non nutrono molta fiducia nello stato delle cose. Non si fidano delle istituzioni, vedono la politica come un oggetto di derisione e di scherno. Non hanno fiducia nel loro futuro, non fanno affidamento sulla società di cui costituiscono parte integrante. Una grande nube di cinismo e diffidenza si estende minacciosa sulle nuove generazioni. In parte,vanno additati come colpevoli i nuovi, potentissimi mezzi di comunicazione che molto spesso si rivelano delle gigantesche fonti di disinformazione, contribuendo a condizionare negativamente le giovani menti. Altro fattore scatenante di questo clima di sfiducia è rappresentato dall’attuale crisi economica che ha determinato un profondo sentimento di smarrimento e di incertezza a tutti i livelli della società.
Ma gran parte della responsabilità deve essere senz’altro attribuita alla classe dirigente oggi agonizzante e impotente sotto le macerie del declino economico, sociale e culturale. Essa non è stata in grado, negli anni più floridi per l’Italia, di preparare il terreno fertile per uno sviluppo coerente e “sano” del Paese. Se, nell’arco del cinquantennio appena trascorso, la politica avesse avuto la lungimiranza
di porre le basi per la nascita di un mercato del lavoro meritocratico, trasparente ed efficiente; se avesse saputo istituire un sistema scolastico davvero capace di garantire una formazione completa e allo stesso tempo di valorizzare i singoli talenti, di preparare le giovani menti al mondo reale, e se avesse fatto in modo che tali menti, piuttosto che essere costrette ad emigrare in cerca di lavoro, fossero state impiegate per contribuire alla crescita del nostro Paese, forse oggi le condizioni socio-economiche dell’Italia non sarebbero tanto disastrate. E, probabilmente, i nostri giovani avrebbero prospettive ben più ampie. Ma poiché – com’è noto- serve a poco rimuginare sugli errori compiuti in passato, non mi dilungherò ulteriormente a riguardo. Credo sia invece più importante tentare di trovare una via di uscita dal buio cunicolo in cui oggi procediamo a tentoni, indicando le questioni cruciali da affrontare per arrivare ad un punto di svolta. Il primo passo da compiere è iniziare a guardare all’Europa con un nuovo slancio propositivo, vedendo nell’UE l’unica,vera chance per ripartire, per tornare a crescere e a contare nel mondo. Essa, innanzitutto, rappresenta un modello positivo di sviluppo da prendere in considerazione: da diversi anni persegue una politica tesa a promuovere e a rilanciare la ricerca, l’innovazione tecnologica, la cultura e la formazione, consapevole che tali settori rivestono un ruolo fondamentale non solo in relazione allo sviluppo socio-economico dell’intero continente, ma anche e soprattutto nell’ambito dell’occupazione giovanile. Sono proprio i giovani, infatti, ad essere maggiormente favoriti dall’espansione di queste aree economiche, ma i politici italiani sembrano non capirlo, a giudicare da come la ricerca e l’istruzione sono state penalizzate in seguito ai recenti tentativi di riforma. Certo, anche l’Europa dovrà cambiare, se vuole davvero essere la protagonista della scena mondiale. In primo luogo, c’è da costruire una coscienza europea: soltanto quando gli europei sapranno di fare parte della stessa realtà politica e si riconosceranno come un popolo solo, allora si potrà parlare di Europa unita, e magari degli Stati Uniti d’Europa, ossia di un grande Paese federale che possieda ampi margini decisionali e possa dialogare alla pari con potenze come gli USA, la Russia o la Cina.
Oggi, però, il consenso crescente a vantaggio dei movimenti antieuropeisti segnala la presenza di crepe che minacciano l’unità monetaria e la sopravvivenza stessa dell’Unione: il progetto di crescita collettiva dei Paesi dell’eurozona è in crisi e deve essere messo a punto tramite politiche costruttive, riformiste e che favoriscano l’accesso dei giovani laureati nel mondo del lavoro. Fondamentale, ad esempio, da questo punto di vista, è l’organizzazione di stage volti alla formazione di nuovi professionisti -e non al becero sfruttamento dei laureandi- e l’introduzione di misure che agevolino la libera imprenditoria. È di vitale importanza,infatti, che sia concessa la più ampia iniziativa a chi -soprattutto tra i giovani- desidera intraprendere nuove attività e creare posti di lavoro: l’Europa non può e non deve ostacolare questi soggetti, se l’obiettivo è quello di rilanciare l’economia. Prestando sempre grande attenzione ai diritti umani, al mantenimento della concordia tra gli Stati e al fenomeno dell’immigrazione – da valorizzare e non da condannare-, il vecchio continente, culla della civiltà moderna e dei suoi valori di libertà, giustizia e tolleranza, deve trovare il coraggio di completare il processo che lo porterà ad occupare il ruolo di potenza indiscussa del pianeta tramite riforme di stampo liberale e democratico.
Leonardo Cappuccilli_ Fare per Fermare il Declino