di Stefano Manocchio
In questo periodo ‘bollente’, tra la calura estiva ed improvvisi temporali, la politica molisana si è divisa sostanzialmente su due argomenti: gli eventuali costi a carico della Regione per l’istituzione della figura dei due Sottosegretari e la situazione della Gigafactory, con i riflessi occupazionali non solo per Termoli e il Basso Molise, ma per tutta la regione. Due tematiche certamente differenti per rilevanza, ma che sono andate in parallelo soprattutto, nel primo caso, grazie alla coda polemica tra parti avverse. Proponiamo solo un veloce ‘ripasso’.
Il consigliere regionale Massimo Romano, che si propone come mentore anche del movimento di pensiero che vuole il referendum abrogativo della figura del Sottosegretario in Molise, ha più volte detto e ribadito che questa figura istituzionale ha un costo e all’uopo ha citato appositi atti regionali; di contro il centro destra (immaginiamo nella sua interezza perché l’ultima nota stampa non specificava le singole sigle politiche) sostiene il contrario e che gli importi previsti per il funzionamento degli uffici del Sottosegretario sono stornati da quelli di altre segreterie che verrebbero, quindi, ridimensionate. Ci fermiamo a questo punto perché la discussione è ferma sulle citate divergenze ed è stata sviscerata in ogni aspetto.
Certamente maggiore preoccupazione riveste il ‘caso’ della Gigafactory per le incertezze che ancora circondano il mondo dell’elettrico nel settore automobilistico ed in particolare la sorte dell’impianto molisano, a dispetto delle rassicurazioni fornite pubblicamente anche dai vertici di Stellantis.
Sono in ballo le sorti economiche di migliaia di famiglie, tra fabbrica e indotto; il presidente della Regione Molise, Francesco Roberti, facendo la spola tra la nostra regione e Roma, sta profondendo non pochi sforzi nel tentativo di ottenere certezze sul futuro dello stabilimento e non solo rassicurazioni formali, che pure devono essere prese in seria considerazione.
Il tracollo del progetto industriale termolese sarebbe mortale per tutta l’economia molisana; in una regione già vicina al collasso economico-occupazionale, una ipotesi nefasta del genere metterebbe a rischio l’autonomia regionale e non solo quella differenziata. Aggiungiamo che siamo al momento investiti da un flusso migratorio quasi tutto in uscita, di tipo intellettuale e formato da giovani che dichiaratamente non cercheranno il rientro in regione, che abbiamo infrastrutture stradali e ferroviarie che sarà bene neanche evidenziare, che la situazione della sanità è ingessata, tra croniche carenze di personale e liste d’attesa per le visite specialistiche ancora troppo lunghe. Infine il turismo, indicato da anni come la panacea contro ogni male: quello di massa prosegue tra alti e bassi, mentre quello di nicchia è più nell’elenco delle belle intenzioni che nella realtà.
E’ il quadro di una regione fondamentalmente di tipo impiegatizio e che ora, visto che concorsi pubblici sul territorio locale non se ne bandiscono quasi più, fa i conti con il ‘crollo’ del sistema medio borghese, che era quello che manteneva in piedi anche i consumi. Di conseguenza anche il commercio ed il terziario vivono momenti terribili. Trovare uno spiraglio di luce nel buio pesto appena raccontato non sarà semplice, ma bisogna almeno provarci, riducendo all’osso le discussioni e facendo parlare i fatti…sperando che anche questo non sia chiedere troppo.