Paolo di Laura Frattura, Roberto Ruta, Antonio Di Pietro, Michele Iorio, Mario Pietracupa: sale quotidianamente la lista dei dinieghi alla proposta di candidarsi a presidente della Giunta regionale del Molise da parte di esponenti storici delle due coalizioni. Esplicita la risposta dell’ex-Pm nel corso di una trasmissione televisiva locale, alla domanda del collega Giovanni Minicozzi: “No, grazie, devo pensare alla campagna”; che , nel caso specifico non è quella elettorale, ma la terra pura di Montenero di Bisaccia. Tra tutti i dinieghi credo che quello più ragionevole sia proprio quello del montenerese, visto che quando lui ha avanzato analoga proposta ha trovato come risposta un muro di silenzio; ora che il vento grillino spira forte in Molise, tutti ad incensare quello che prima volevano mandare all’oblio politico. Di Pietro ha capito il gioco ed ha restituito pan per focaccia ai suo nuovi ‘osannatori’. La domanda scontata è: “Cosa succederà adesso?”. Intanto vanno analizzate separatamente le sorti delle due coalizioni contrapposte. Il centro sinistra, dopo la ‘caduta’ di Frattura è ostaggio di lotte intestine senza pari; piccoli amministratori che preparano le valigie, benedetti dell’ultim’ora che fanno finta di non conoscere i loro stessi benefattori, gruppi politici granitici che si sfaldano come se fossero costruiti sulla sabbia. Il ‘no’ di Ruta non sarebbe piaciuto ai suoi stessi adepti, che starebbero preparando l’addio al movimento, sia esso Molise 2.0 o Democratic@, al punto che la lista dei cento rischia di diventare la lista e basta. Tra i fratturiani la situazione è ancora peggiore: schiere di persone pronte a dire di aver dato consigli inascoltati due giorni dopo avere detto che quello era per loro l’unico nome spendibile per il vertice di palazzo Vitale; e questi non devono ancora ragionare su cosa fare, sono già andati via. Insomma l’ipocrisia trova la massima espressione tra i ‘traditori’ delle ex-truppe cammellate del governatore, che già di norma non portano la sella e adesso rischiano di rimanere appiedate. Detto del centro sinistra, passiamo ai moderati dell’altra parte, dove la trasformazione sembra essere meno evidente, ma non per questo meno problematica. Il famoso centro destra unito si è pian piano diviso e poi forzosamente riunito, almeno teoricamente, nella consapevolezza che andare a briglia sciolte questa volta vuol dire rischiare non solo la vittoria, ma anche la rappresentanza. Per non schiantarsi contro il muro grillino, quelli dell’ex- Polo delle Libertà si sono ritrovati nuovamente nell’appello accorato al giudice Enzo Di Giacomo a rappresentarli, consapevoli del fatto che solo un nome di alto profilo e slegato dalle logiche partitiche possa permettere al raggruppamento di evitare la disfatta. Il presidente del Tribunale di Isernia farà in coscienza le sue valutazioni e darà la disponibilità o confermerà il diniego espresso in precedenza, nella considerazione che la nuova richiesta trova un numero maggiore di sigle ed una partecipazione anche di movimenti apolitici e apartitici. Su tutti i ragionamenti quello certo è che l’esito elettorale delle Politiche ha provocato un terremoto nei partiti come non si vedeva da decenni; al punto che adesso anche solo il nome di Andrea Greco, un tranquillo collaboratore di due consiglieri regionali, fa agli avversari lo stesso effetto che provocava alle navi greche il passaggio sotto la statua del colosso di Rodi. Il centro destra poche settimane addietro era pronto ad ordinare lo spumante e adesso si ritrova con un solo deputato, peraltro eletto in Puglia e con il leader predestinato, Mario Pietracupa, che ha subito fatto sapere che il suo unico interesse sarà il ruolo prestigioso rivestito all’interno del Neuromed, mentre il centro sinistra non si sa adesso neanche cosa sia e quale futuro abbia, ammesso che ne abbia uno. Quello che dieci giorni fa era considerato il trono dorato adesso è la poltrona che scotta e che nessuno vuole più; a determinare ciò la madre di tutti gli errori, lo slittamento della data delle regionali, che ha portato due mensilità in più ai consiglieri regionali in carica ma anche aperto la strada per la sconfitta elettorale futura. La chiosa è quantomai facile: come si semina si raccoglie…e così sia.
Stefano Manocchio