Qualora ci sia ancora qualcuno che voglia prestare attenzione alle questioni politiche nazionali vorremo soffermarci su quello che sta accadendo in questi giorni in Italia, Molise compreso. E’ cosa oramai acclarata che il 4 dicembre siamo chiamati alle urne per dire si o no a quello che è giudicato il rinnovamento politico delle Camere sia dei deputati che del Senato. Rinnovamento che vede tra l’atro cambiare il ruolo dei Consiglieri Regionali e dei sindaci, che, se dovesse passare, vedrebbe l’ingresso di questi ultimi in qualità di rappresentati nei più alti organismi dello Stato. Organismi che nel bene e nel male ci rappresentano, anche se rappresentanze simili sono la negazione della politica. Dicevamo, vorremo soffermarci con voi per fare qualche piccola considerazione, la quale, come sempre, non deve essere considerata come la fustigazione alle “anime prave” come le definiva il padre della lingua italiana. Considerazioni che nascono inevitabilmente dallo stato di febbrile attesa che si respira nel Paese per capire chi e quali sono le persone che per il futuro porteranno la nave “Italia” in porto. Un’attesa che non si è fatta attendere, tant’è che da qualche settimana sui social-network , sui giornali e sulle cronache radio-televisive sono riportate le risultanti delle convention referendarie. Inviti a dire si o no e discutere per affinare gli eventuali programmi che ci auguriamo daranno un significato all’azione politica che, a nostro modesto giudizio, è alquanto fallimentare. Fin qui nulla di strano, perché l’Italia secondo la legge delle leggi, che si vuole stravolgere a tutti i costi, è altamente garantista in materia di espressione di parola e di pensiero soprattutto quando si tratta di referendum. La cosa che incuriosisce invece, è il tempismo con cui sono iniziate “le ostilità” nonostante non è ancora scattata l’ora X. Siccome siamo ansiosi di conoscere i retroscena della vexata quaestio, ancora una volta ricorriamo ai ricordi del periodo scolastico, quando si facevano le gite d’istruzione. Gite che avevano tra le tante mete gli scavi di Pompei. Luogo straordinario che, nella fissità della morte e dell’orrore, ha lasciato una traccia indelebile nella storia. Un’impronta che ci riporta all’estate del 79 A.C. quando il Vesuvio seppellì con un mare di lava, di ceneri e di lapilli quella che era una delle città più prolifiche dell’impero romano. Comunità che si apprestava, ad andare al voto per esprimere la volontà che, nonostante sono passati, oltre 2000 anni, da spiegazioni a quanto accade oggi nel Paese occupato abusivamente da chi non è stato eletto dal popolo sovrano ma dai poteri sempre più legati al “dio danaro. Tra le varie tappe che caratterizzano il tour della città che diede i natali a Poppea, moglie di Nerone, almeno questo è quello che è riportato dalla cronaca del tempo, c’è né una che lascia esterrefatti, ci riferiamo a quella che conduce in via dell’Abbondanza, un tempo cuore pulsante della comunità romana. Luogo che permette al visitatore di poter leggere sui muri, una serie di scritte che gli archeologi e gli studiosi hanno definito l’archetipo dell’attuale propaganda politica. Scritte che sicuramente attraevano i cittadini dell’urbe campana soprattutto perché erano la sintesi dei vari incontri che si effettuavano sia nel foro sia nei termopoli, proprio come accade oggi. E poi c’è chi dice che il vetusto non aiuta il presente. Cosa che sotto certi aspetti affascina ma che accentua ancora di più la curiosità che cercheremo di sintetizzare con una domanda: E’ proprio necessario mettere su un battage propagandistico simile per essere premiati o bocciati dagli Italiani? A voi la risposta; perché noi non sappiamo darla.
Massimo Dalla Torre