La domanda potrebbe sembrare scontata, visto che da più parti si parla della necessità di un rilancio a trecentosessantagradi di questa terra. Una realtà che pochi conoscono. Una realtà che spesso e volentieri è mortificata da chi ci considera, anzi non ci considera, perché ci ritiene sterili e non produttivi. Una realtà che è invece propositiva e che offre a chi sa cogliere l’occasione quello che altri giudicano arduo e di difficile applicazione. In questi giorni si discute molto sul rilancio del Molise. Discussione trasformata in domanda quale titolo di questa nuova chiacchierata mattutina. Domanda che è tornata prepotentemente a ridondare nel corso dei vari convegni, tavole rotonde e confronti. Domanda che, se ci si sofferma a pensare seriamente sul ruolo che cerchiamo di giocare a certi livelli, è più che mai pertinente. Domanda che, di là dai soliti localismi, che sanno di provincialismo becero, mostra come i dubbi stanno lasciano spazio alle certezze e questo è bene per chi vuole affacciarsi al nuovo e di conseguenza intraprendere esperienze propositive: ecco il perché l’aberrazione ai localismi. I quali, remano contro lo sviluppo e di conseguenza al rilancio tanto invocato da chi non siede su comode poltrone, ma lavora attivamente sul campo. Localismi che sono il volto più deleterio del provincialismo, da cui siamo affetti nostro malgrado. Localismi in cui ci siamo abbandonati perché “il pietismo” fa gioco senza sapere che chi intraprende iniziative fuori dalla consuetudine alla fine è ripagato degli sforzi intrapresi.
Eppure, nonostante questi segnali, c’è ancora qualcuno che cerca in tutti i modi di allontanare il concetto di crescita. Un concetto che si paga a caro prezzo e di conseguenza induce a rimanere “astanti alla tavola dei ricchi” con la speranza di ottenere qualche “pezzo di pane”. Una condizione che cozza violentemente con quello che è l’animus ispiratore dello sviluppo, specialmente ora, in cui tutto è molto dinamico e necessita l’input giusto per il rilancio in tutti i campi. Piangersi addosso non serve, tant’è che molti guardano con interesse a quello che lo sviluppo porta. Molti hanno capito che se si vuol crescere bisogna abbandonare “il vecchio modo di fare impresa” e il Molise e i suoi operatori economici, nonostante le voci dissonanti, hanno iniziato a crederci.
Massimo Dalla Torre