Potremmo essere annoverati tra i retori, invece questa volta no. Un no deciso, perché la retorica che è “arte leggera” offenderebbe la giovane vita molisana che ha lasciato i suoi sogni all’ombra della cattedrale più famosa del mondo “Notre Dame”, luogo simbolo della “Ville Lumiere” parte predominante di tante, canzoni, opere letterarie, teatrali e cinematografiche. Parigi città straordinaria sotto tantissimi aspetti che annualmente accoglie centinaia di giovani studenti che si recano nella capitale francese per completare il ciclo di studi grazie al programma europeo “Erasmus” intitolato a un grande pensatore Erasmo da Rotterdam. Invece, questa volta, è testimonio di una tragedia che ha gettato nello sgomento e nello sconforto la comunità molisana lontana chilometri. Una lontananza che rende ancora più increduli per quello che è accaduto e soprattutto sul perché e com’è accaduto. Una tragedia che, come hanno scritto sui siti e commentato sulla stampa lascia con l’amaro in bocca.
Un senso di sgomento specialmente se si pensa che una vita si è interrotta in pochissimi attimi, forse rapina, forse sconforto, forse peso per un qualcosa che difficilmente potremo sapere, perché ancora tutto avvolto nel mistero. Una vita proiettata verso orizzonti che spaziano oltre confine e che dal pomeriggio del 7 settembre si è fermata in un ospedale di roan che si è adoprato affinché si potesse salvare chi ha lasciato i propri affetti per raggiungere obiettivi che avrebbero portato a vivere un esperienza fuori dai canoni che lo stereotipismo non offre per l’incongruenza di un sistema che vede molti, moltissimi affrontare sacrifici non sempre premiati.
Un no che pesa più che mai e che fa pensare seriamente che le “scelte” che si fanno, forse sono dettate da un qualcosa che difficilmente si comprende, e che, dopo attimi di gioia si trasforma in un qualcosa di profondo e di conseguenza invalicabile. Non sta certamente a noi dare giudizi sui fatti, ma da genitori, quando una parte della propria famiglia fa scelte simili, significa che è maturato e di conseguenza è bene che si lasci percorrere una strada che lo porta lontano soprattutto dagli affetti più cari. I quali, vorrebbero tenerli vicini al riparo da ogni distonia che la società del consumismo ti sbatte in faccia con violenza e che ti riporta con i piedi a terra e non fare voli pindarici di fantasia. Una distonia come in questo caso che, pone tanti interrogativi e non fa capacitare sul perché degli accadimenti. Accadimenti caratterizzati da tantissimi punti interrogativi che indicano come modi di vivere parametralmente opposti improvvisamente si scontrano violentemente e portano come conseguenza la parola “fine”. “Fin”, lo scriviamo alla francese lingua un tempo gentile che allo stato delle cose gentile non è. Una fine che ora più che mai è dolorosa.
Una fine che porta alla ribalta tanti piccoli o grandi spaccati di quotidianità che paga ancora una volta un tributo pesante e si stringe, senza rumore, non serve fare rumore, vicino a chi ha visto in un attimo spezzare un legame che in questo mese di settembre scorre leggero come le acque della Senna e lascia lo sconforto in un piccolo ma grande lembo di terra chiamato Molise.
Massimo Dalla Torre