Dal 2008 la crisi ha cancellato un milione di posti di lavoro in Italia di cui 600 mila nel Mezzogiorno rimettendo in discussione il modello di sviluppo con una selezione delle imprese competitive che si sono innovate e la chiusura delle aziende decotte con tecnologie obsolete ed inserite in contesti a bassa competitività. Il Molise è stato travolto da questo tsumani e ha perso migliaia di posti di lavoro nelle società partecipate pubbliche, nell’edilizia e nelle imprese che non hanno retto alla globalizzazione. A distanza di sette anni dalla più pesante crisi mondiale del 1929 la classe dirigente regionale, le parti sociali, gli amministratori locali e le associazioni imprenditoriali sono chiamate a costruire un PROGETTO di ripresa e rilancio produttivo collaborando in una CABINA DI REGIA presso la Presidenza della Regione in cui avranno a disposizione poco meno di 400 milioni di fondi strutturali europei, di risorse nazionali per il 2014-2020 del FSC – Fondo di Sviluppo e Coesione, e i fondi derivanti dall’Area di Crisi Industriale Complessa decretata il 7 agosto scorso.
Insieme i sindacati, le imprese, i comuni e la regione dovranno definire le linee guida per lo sviluppo futuro del Molise puntando alla qualità delle produzioni, all’innovazione dei processi e all’ecosostenibilità delle attività per non cadere negli errori del passato dove le collusioni clientelari e l’ingerenza delle società partecipate pubbliche hanno causato danni economici e sociali da non ripetere.
Per l’Associazione degli Ecologisti Democratici del Molise è un’ottima scelta quella di puntare sull’elettrificazione della tratta ferroviaria Campobasso – Roma e con il collegamento Vinchiaturo – Benevento all’alta velocità Napoli – Bari.
E’ sicuramente positivo completare gli investimenti nella banda ultralarga per la connessione veloce e meritano di essere incentivati progetti imprenditoriali innovativi e di qualità, compatibili ed ecosostenibili, da avviare con il CNR, le Università e le migliori aziende private nazionali ed estere.
Ciò che non ci convince è l’approccio delle organizzazioni sindacali che difendono una visione dello sviluppo che appartiene al passato, riproponendo una concezione che attribuisce alla Regione Molise la funzione di produrre polli o zucchero con proprie società.
Alla Regione bisogna chiedere l’efficienza della pubblica amministrazione, la pianificazione economica, lo snellimento burocratico, misure per il credito, il miglioramento delle infrastrutture materiali ed immateriali, il superamento dei consorzi industriali ed un raccordo maggiore con i centri di ricerca e innovazione e non di violare le leggi nazionali ed i regolamenti europei per farle svolgere attività manifatturiere.
600 mila posti di lavoro persi nel Sud negli ultimi 7 anni, di cui migliaia anche in Molise, non si recuperano chiedendo alla Regione di assumere tutti i dipendenti licenziati o pretendendo dalla Regione un ruolo improprio già oggetto di diffide della Corte dei Conti e di iniziative dell’Autorità Giudiziaria per perdite colossali di denaro pubblico. Occorre un ruolo nuovo delle parti sociali che siano capaci di avanzare soluzioni in linea con la globalizzazione, con le Direttive Europee e con le norme nazionali.
Puntare alla qualità dello sviluppo incentivando innovazione ed ecosostenibilità
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