In queste ore viene riproposta da più parti l’ipotesi di chiudere la Regione ritenendola inadeguata, inutile e incapace di risolvere i problemi dei cittadini. Rispetto questa posizione e non ho contrarietà preconcette a tornare con l’Abruzzo. Pescara non è lontana e Luciano D’Alfonso ha costruito un ottimo rapporto con il nostro territorio e con Campobasso dove ha lavorato per tanti anni e dove ha studiato per la sua seconda laurea nel nostro Ateneo. Chiudere la Regione ci consentirebbe di sgravarci, da subito, di 420 milioni di debito sanitario e di 60 milioni di disavanzo di bilancio accumulato al 31.12.2012 e su cui il Governo ha impugnato l’assestamento 2014 approvata il 22 dicembre scorso. Con la chiusura della Regione scenderebbe il prezzo della benzina, diminuirebbero le accise sulle bollette e calerebbero le tasse sulle imprese. Su questi vantaggi è opportuno riflettere come giustamente chiedono Cgil – Cisl – Uil perché il futuro della nostra comunità è più importante del mantenimento dell’Ente Regione.
La crisi più dura che ha colpito l’Occidente dal 1929 non lascerà le cose immutate e non sarà il trascorrere del tempo a far tornare tutto come prima. Il Molise degli anni ottanta che riceveva miliardi di finanziamenti pubblici per opere faraoniche rimaste incompiute come il nuovo Ospedale di Agnone o il secondo tratto della Fresilia, non tornerà più. Le aziende finanziate in perdita dallo Stato per anni non esisteranno più perché i tedeschi non sono disponibili a pagare i nostri debiti. Per questo è giusto riflettere sulla chiusura della Regione e compiere la scelta antipatiche della Cisl che lo scorso anno si è riunificata con l’Abruzzo. Ovviamente dopo aver chiuso la Regione nessuno avrà più un capro espiatorio a cui addossare le colpe dei propri fallimenti, delle proprie incapacità e delle proprie inadeguatezze. Tolta la foglia di fico dietro cui tutti si nascondono, resteranno 312 mila persone che avranno bisogno di ospedali, di lavoro, di scuole e di strade. Bisognerà trovare un occupazione oltre che ai 210 dipendenti delle Province su 420 addetti anche ai 3.200 dell’ASREM, ai 160 dell’ARPA, ai 650 della Regione, alle centinaia di impiegati delle società regionali e degli uffici statali che oggi sono in Molise perché esiste la Regione. Chi avrà un problema troverà il comune senza soldi, la Provincia che non riesce nemmeno a fare lo sgombero neve e la Regione chiusa con gli addetti della vigilanza licenziati insieme a quelli delle aziende di servizi per informatica e altre attività.
Campobasso, per la prima volta nella storia dal 1806 quando divenne Provincia autonoma per volontà di Giuseppe Napoleone e Gioacchino Murat, esprimerà solo il Sindaco che resterà l’unico interlocutore autorevole del territorio visto che le nuove leggi elettorali legate ai confini regionali ridurranno a uno i parlamentari del Molise se ci andrà bene. Se questo è quello che si vuole siamo sulla buona strada. Basta dare un ultimo colpo alla delegittimazione delle istituzioni con un’aggressione strumentale mirata ed il gioco è fatto. Tanto per chi cavalca l’onda non c’è problema né di lavoro e né di futuro. Il problema sarà dei molisani che ovviamente lo scopriranno dopo quando sarà troppo tardi come è successo ai dipendenti provinciali. Molti di loro erano d’accordo a chiedere la destituzione dei politici dalla gestione delle Province e oggi si ritrovano ad essere esuberi. Domani sarà lo stesso per chi opera direttamente e indirettamente per la Regione Molise con la differenza che per protestare dovranno andare a L’Aquila o a Roma perché a Campobasso non ci sarà più nessuno.
Proposta di chiusura della Regione Molise, PD Medio Molise: è utile al Molise?
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