Disturbi depressivi, atti di autolesionismo, condotte aggressive, dipendenza da video giochi (internet gaming disorder), disturbi alimentari e tentativi di suicidio: sono solo alcuni dei sintomi descritti durante quest’anno di pandemia dalle famiglie prese in carico dal centro clinico regionale “Fare famiglia”. Ma dalla fine di aprile la struttura è destinata a chiudere per il mancato rinnovo della convenzione con la Regione Molise.
“È questo il motivo per cui, all’inizio di questa settimana, insieme alla dottoressa Mariangela Polisena, ho incontrato l’assessore regionale Calenda – ha fatto sapere l’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Campobasso, Luca Praitano – per ragionare insieme sulle azioni possibili da compiere per dare continuità al Fare famiglia, magari coinvolgendo l’ASREM e gli ambiti territoriali sociali. Ci si è messi subito al lavoro per raggiungere questo obiettivo nel più breve tempo, restituendo così ai molisani un servizio efficiente ed efficace.”
In due anni “Fare famiglia” ha risposto alla richiesta di aiuto di 212 famiglie con circa 300 minori a carico, soprattutto in età adolescenziale, erogando a titolo gratuito consulenza psicosociale, sostegno alla genitorialità, psicoterapia individuale e familiare. Grazie all’impegno generoso degli psicologi, il centro ha svolto una preziosa opera complementare per i servizi sanitari pubblici della regione Molise, da molto tempo sofferenti per la carenza di personale e, per questo, in difficoltà per erogare prestazioni cliniche a carattere trattamentale. Un’altra area di intervento peculiare di “Fare famiglia” è la valutazione psicologico-giuridica delle competenze genitoriali, in particolar modo su mandato dei Tribunali e per il tramite dei servizi sociali, richiesta nei casi in cui si debbano verificare situazioni di pregiudizio evolutivo dei minori, condizioni di abbandono, adozioni e affidamenti.
“Il servizio ha svolto un lavoro brillante che ha supportato in maniera fondamentale i cittadini, ma anche gli enti e le autorità giudiziarie. La chiusura del centro rappresenterebbe la soppressione di un riferimento prezioso per tutte le istituzioni che operano nel sociale. – ha dichiarato Praitano – Ho così proposto di finanziare un periodo di transizione, tanto quanto basta per capire come renderlo permanente, sostenuto da più soggetti.
La valenza del servizio è del resto confermata da una mappa degli utenti, – ha sottolineato Praitano – il 35 per cento di loro arrivano spontaneamente, il 65 per cento su invio dell’autorità giudiziaria, dei servizi sociali professionali dei 7 ATS regionali e degli altri servizi sanitari (in particolare l’unità di neuropsichiatria infantile, il centro di salute mentale e i professionisti privati). Quanto alla provenienza geografica, il centro ha risposto alla domanda dell’intero territorio regionale”
Questi dati sono indicativi non solo del fatto che nella popolazione regionale vi sia un’incidenza significativa del bisogno di “cura” su un piano psicologico-relazionale, ma anche che “Fare famiglia” rappresenti, a tutti gli effetti, un polo specialistico di riferimento per i servizi della rete socio-sanitaria e giudiziaria del territorio regionale, aspetti senz’altro preliminari a una efficace azione di prevenzione, oltre che di cura del disagio nelle famiglie fragili, che altrimenti rimarrebbe inevaso, considerando l’assenza di strutture analoghe in regione.