Il progetto su un’area di 100 mila metri quadrati doveva servire a rilanciare l’economia marittima molisana, invece a distanza di anni la sua realizzazione ha causato stravolgimenti ambientali ed è finita negli atti d’indagine di tre Procure mentre i costi ormai esorbitanti ne mettono in dubbio la pubblica utilità. La Regione è rimasta a guardare. Abbiamo presentato un’interrogazione in Consiglio e presto la vicenda arriverà anche alla Camera per i sospetti legami con Banca Etruria.
La storia del porto ‘Marina Sveva’ di Montenero di Bisaccia è fatta di ritardi e anomalie, costi lievitati e rischi ambientali, super prestiti e fallimenti. Una storia cominciata nel 2003 quando la Società Marittima Molisana, presto fagocitata da una famosa coop edile romagnola, presenta domanda di concessione demaniale per la costruzione di un porto turistico. La Regione rilascia il giudizio di compatibilità ambientale, ma impone azioni di monitoraggio e il ripascimento del tratto di mare a sud del porto; nel 2006 rilascia la concessione demaniale marittima con numerose prescrizioni.
Secondo il permesso a costruire rilasciato dal Comune di Montenero i lavori devono concludersi entro 3 anni dalla data di inizio, quindi stando alle carte entro aprile 2011, ma con le proroghe chieste dalla Società Marittima, divenuta intanto una spa, si arriva fino a luglio 2013. Cominciano le anomalie. Il costo complessivo previsto è pari a 8 milioni 500 mila euro, ma già nel 2006 l’importo appaltato è di 13 milioni 800 mila, mentre il costo complessivo dell’opera arriverà a oltre 17 milioni 487 mila euro.
Stranezze su tempi e costi, ma anche gestionali. Nel gennaio 2014 l’amministrazione regionale esclude formalmente l’applicazione della disciplina di lavori pubblici al collaudo finale. In questo modo la Regione permette che la valutazione delle spese sostenute per i lavori sia fatta sulla base della sola autodichiarazione del concessionario, quindi senza alcuna verifica effettiva della Commissione costituita ad hoc.
Con l’atto concessorio, peraltro, la Società Marittima si impegna a “redigere un piano di riqualificazione ambientale” e opere di difesa dalle mareggiate e dall’erosione costiera nell’area del porto e nelle zone adiacenti.
Questa storia ingarbugliata, però, conta un altro capitolo: quello finanziario. E qui entra in gioco la vecchia Banca Etruria.
Nel 2006 la CMR (Cooperativa muratori riuniti di Filo di Argenta) entra in Società Marittima Molisana e inizia a costruire il porto turistico. In questo periodo SMM riceve un finanziamento dalla Banca popolare Etruria (soldi dei risparmiatori) che tra 2012 e 2013, dopo il fallimento della CMR, il blocco dei lavori e l’entrata di un nuovo socio, ne concede un altro. Il tutto per opere il cui ammontare complessivo è di oltre 17 milioni di euro, nonostante la previsione iniziale fosse di 8 milioni e mezzo.
Molti di questi aspetti sono al centro delle tre indagini che interessano l’opera. A Larino è aperto un fascicolo per abuso d’ufficio e reati edilizi, mentre ad Arezzo la Procura indaga su una più ampia inchiesta per bancarotta fraudolenta su alcuni finanziamenti di Banca Etruria tra cui quello per il porto di Montenero. La Procura di Ferrara, infine, indaga sul fallimento della CMR.
Tra l’altro l’aumento dei costi dell’opera frena il rilancio economico che era alla base del rilascio della concessione a costruire. Queste considerazioni e la ricostruzione della storia ci hanno spinto a presentare un’interrogazione in Consiglio regionale perché la sensazione è che la Regione sia rimasta a guardare dal punto di vista ambientale e finanziario.
Il governatore Frattura deve dirci se ritiene ancora soddisfatto il “rilevante interesse pubblico” legato allo sviluppo e alla valorizzazione economica del territorio, alla base della concessione demaniale che peraltro ha trasformato in modo irreversibile la costa. Inoltre: la Regione ha controllato se Società Marittima ha adempiuto alle prescrizioni ambientali contenute nella concessione? E le norme antisismiche sono state seguite?
Vogliamo sapere se la Regione giudica anomalo l’incremento dei costi e come essa giustifica l’esclusione del collaudo finale dalla disciplina dei lavori pubblici, determinante per quello stesso incremento. Infine c’è la questione del finanziamento concesso da Banca Etruria che merita risposte anche sul piano politico. A proposito.
Il nostro portavoce alla Camera dei deputati, Daniele Pesco, presto presenterà un atto sul ‘prestito facile’ di Banca Etruria per la costruzione del porto molisano.
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