“Ner modo de pensà c’è un gran divario: mi’ padre è democratico cristiano, e, siccome è impiegato ar Vaticano, tutte le sere recita er rosario; de tre fratelli, Giggi ch’è er più anziano è socialista rivoluzzionario; io invece so’ monarchico, ar contrario de Ludovico ch’è repubbricano. Prima de cena liticamo spesso pe’ via de ‘sti principî benedetti: chi vô qua, chi vô là… Pare un congresso! Famo l’ira de Dio! Ma appena mamma ce dice so’ cotti li spaghetti semo tutti d’accordo ner programma”.
Abbiamo voluto prendere in prestito, uno dei tanti sonetti scritti dal grande Trilussa, il poeta dialettale romano che, attraverso la satira, fustigava i potenti, par cercare di analizzare, se pur sommariamente, la situazione politica molisana. L’ho abbiamo fatto perché, leggendo i giornali e ascoltando le notizie di questi giorni sugli scossoni che scuotono i “Palazzi” ci sono venute alla mente proprio le parole del vate dell’Urbe. Le quali, spiegano appieno il significato della parola “politica”, ma soprattutto come questa trasforma chi, dopo essere approdato nelle stanze dei bottoni, ignora totalmente le promesse fatte alla comunità, ai cittadini.
Chi scrive non è un politico e tanto meno un esperto della materia, ma semplicemente un osservatore, per giunta ignorante, di questo pianeta che ammalia, affascina, attrae anche chi non mastica di cose inerenti alla politica. Materia che coinvolge e che quando capita l’occasione, il che quasi quotidianamente, permette di fare lunghe elucubrazioni mentali che alla fine portano tutte alla stessa conclusione: di non politica si può anche vivere. Vedete, quello che sta accadendo è stato largamente anticipato da chi conosce i “fatti e soprattutto gli atti che “bollono e cotti nella pignatta”, il che avvalora un altro detto: dove ci sono molti galli non fa mai giorno. Un detto che fa da pendant con il sonetto usato in apertura di articolo che la dice lunga di come si usa la politica per “aggiustare i fatti di casa propria”. Con questo non vogliamo assurgere al ruolo di “fustigatori delle anime prave” come scriveva Dante padre della lingua italiana perché le continue dichiarazioni rilasciate alla stampa sul sociale, ambiente, situazione d’indigenza, sanità, edilizia pubblica e soprattutto scolastica sono la prova provata di chi vuole togliersi, nonostante sia stato ai vertici, il classico sassolino nella scarpa nei confronti di “ex amici” con cui si è contribuito a distruggere l’identità del Molise. Cose che, potrebbero avere peso e valenza solo se si agisse seriamente e non si affidassero a proclami buoni solo a riempire le pagine dei giornali o le cronache televisive. Non sta certo ai cronisti di provincia insegnare la difficile arte della politica e tanto meno dare dritte di come si deve amministrare la cosa pubblica.
Una cosa però consentiteci di scriverla lavorate per il bene della comunità altrimenti il sonetto di Trilussa peserà sulle coscienze e questo per chi si professa innovatore che si è prefissato di voltare pagina, cosa che non è accaduto fino a questo momento, non è bene.
Massimo Dalla Torre