“Cerro al Volturno. Un Paese in movimento.” Questo il titolo della bella pubblicazione di Domenico Izzi, Albino Fattore e Vincenzo Testa, presentata ieri sera al cospetto di una sala gremita e, di esperti e studiosi dell’emigrazione, quali il Prof. Sebastiano Martelli, il Prof. Natalino Paone, il Prof. Norberto Lombardi, l’Arch. Franco Valente e altri. Un lavoro scientifico approcciato con una metodologia innovativa che ha indagato 150 anni di mobilità, spostamenti stagionali, flussi migratori e arrivi di immigrati in uno dei comuni più grandi dell’alta valle del Volturno. Ciò che emerge dal saggio, è la persistente necessità dei cittadini di quella comunità a doversi spostare temporaneamente o definitivamente per lavoro. Migliaia di persone costrette a cercare fortuna nelle Americhe, in Australia, in Francia, a Roma o a Torino, e che, salvo rare eccezioni, non hanno fatto più ritorno al paese. Un esodo costante avviatosi agli albori dell’Unità d’Italia e ancora in corso per tanti giovani laureati che intravedono solo nella fuga un’opportunità di realizzazione professionale. Il testo di indubbio valore scientifico ha saputo indagare con statistiche rigorose e riferimenti severi, il fenomeno della mobilità e dell’emigrazione a Cerro al Volturno, e rappresenta una fotografia che potrebbe essere contestualizzata ad ogni altro comune del Molise e all’intera Regione. Cambierebbero solo i dati numerici ed i nomi delle persone, ma non le percentuali dei flussi migratori. Al massimo muterebbero le destinazioni influenzate dai richiami di parenti e amici verso località già raggiunte da altri compaesani. Il contributo culturale di questa pubblicazione ci induce a riflettere in queste giornate di vivacità dei nostri borghi ravvivate da manifestazioni di pregio come CAMINA MOLISE o MOLISE CINEMA, promosse da nostri emigranti che risiedono a Roma, o da tanti eventi gioiosi, sportivi, artistici e popolari, che illuminano l’estate dei nostri anziani. E’ meritorio lo sforzo promozionale delle migliori tradizioni della nostra terra, ed è bello vedere tante luci accese e tante belle iniziative in cui vengono coinvolti i Molisani nel Mondo che rientrano per qualche settimana nel proprio paese.
Le suggestioni estive colorate dai fuochi pirotecnici ci riempiono il cuore di emozioni restituendoci un’appartenenza culturale ed identitaria al nostro Molise, visto come luogo dell’anima, più che come gracile entità amministrativa in procinto di essere superata, modificata, soppressa o accorpata. Nel mentre non abbiamo la forza di difendere la Corte d’Appello, le Province, la Legione Carabinieri o la stessa Regione Molise; nessuno potrà mai impedirci di continuare a considerarci Molisani con le nostre peculiarità, simili, ma non identiche, a quelle dell’Abruzzo o del Sannio Beneventano. Potranno inserirci in una Regione più vasta come lo siamo stati per secoli ma non potranno mai strapparci la nostra pelle di molisanità, piena di limiti ma che è nostra, e per questo la affermiamo, e la difendiamo. Su un punto però c’è da riaprire una riflessione laica e senza sconti. Sono mutate le epoche dai Borboni ai Savoia, e dal fascismo a Forza Italia. Sono cambiati i confini amministrativi, i colori e le ricette, ma come descrive magistralmente il saggio di Domenico Izzi, una cosa non è mai cambiata. L’obbligo di dover emigrare per lavorare. Per questo, parafrasando la più indovinata manifestazione regionale dell’ultimo ventennio, dovremmo alzare lo sguardo e individuare insieme, un’altra strada, su cui far Camminare il Molise.
Michele Petraroia